Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23604 del 21/03/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 23604 Anno 2018
Presidente: ZAZA CARLO
Relatore: MORELLI FRANCESCA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BRERA ALBERTO nato il 24/05/1958 a PAVIA

avverso la sentenza del 30/06/2017 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere FRANCESCA MORELLI
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore MARILIA DI
NARDO
che ha concluso per

Il Proc. Gen. conclude per il rigetto
Udito il difensore

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SI DA PER FATTA LA RELAZIONE
LA DIFESA SI RIPORTA AL RICORSO

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Data Udienza: 21/03/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata, la Corte d’Appello di Milano ha confermato la
sentenza del Tribunale di Milano che aveva condannato Brera Alberto alla pena di
giustizia in quanto colpevole del reato di truffa aggravata commessa ai danni della
Compagnia di Assicurazione Cattolica ( capo C) e di falso materiale in atto pubblico
aggravato e continuato, così modificate le originarie imputazioni di uso di atto falso

1.1. La vicenda è stata ricostruita dai giudici di merito nei seguenti termini: Brera
era titolare dell’omonima ditta individuale edile ed effettuava lavori per il
Provveditorato Interregionale delle Opere Pubbliche per la Lombardia e la Liguria; in
tale qualità, aveva ceduto alla banca IFIS s.p.a. , con scritture private autenticate e
in forza di un contratto di factoring, dei crediti asseritamente vantati nei confronti
del Ministero delle Infrastutture e Trasporti, per l’importo di 277.121 euro; l’istituto
di credito cessionario aveva richiesto l’importo con decreto ingiuntivo ma in sede di
opposizione il debitore aveva dedotto la contraffazione degli atti che falsamente
attestavano l’esecuzione delle opere; analogamente, era stata operata una cessione
di credito in favore dell’Istituto San Paolo s.p.a. in relazione alle fatture n.62 e n.50
emesse dalla ditta individuale Brera per complessivi euro 217.451; era stato,
tuttavia, accertato che i lavori di cui alla fattura n.62 erano stati già ceduti dalla
ditta Brera alla Banca Ifis e già liquidati, mentre quelli indicati nella fattura n.50 non
potevano essere fatturati per l’intervenuto abbandono del cantiere; a seguito della
risoluzione contrattuale, il Provveditorato aveva avviato il procedimento per escutere
la garanzia fideiussoria apparentemente prestata dalla Società Cattolica
Assicurazioni, apprendendo che era stato autorizzato lo svincolo della garanzia con
un atto la cui sottoscrizione era stata disconosciuta dal competente funzionario del
Provveditorato.
1.2. La contraffazione degli atti amministrativi utilizzati nella cessione dei crediti alla
Banca Ifis è contestata al capo A); la contraffazione della nota di svincolo della
polizza fideiussoria rilasciata dalla Cattolica Assicurazioni è contestata al capo B); in
entrambi i casi i giudici di merito hanno ritenuto sussistente il reato di cui agli artt.
61 n.2, 110, 476, 482, 81 cpv. c.p.; l’induzione in errore della Compagnia
assicuratrice, che aveva svincolato la polizza fideiussoria sulla base della falsa nota
di svincolo, è contestata al capo C) ed i giudici di merito hanno ritenuto integrata la
fattispecie di cui all’art.640 co.2 n.1 c.p.
2.1. Propone ricorso il difensore dell’imputato articolando tre motivi di censura.
Con il primo motivo si deduce violazione di legge per la mancata assunzione di una

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contestate ai capi A) e B).

prova decisiva indicata a discarico su fatti oggetto delle prove a carico, di cui la
parte aveva fatto richiesta sia in sede di istruttoria dibattimentale di primo grado
che in sede di gravame.
Ci si duole del fatto che non sia stata disposta una perizia grafica diretta a stabilire
la contraffazione delle sottoscrizioni dei funzionari pubblici e che la relativa richiesta
sia stata rigettata in forza di un giudizio di completezza degli accertamenti e delle
dichiarazioni dei soggetti coinvolti, senza considerare che alcuni dei funzionari erano

dei lavori pubblici e, per tale motivo, erano imputati in un processo in cui Brera era
parte civile.
Sarebbe, poi, stata ingiustificatamente disattesa la versione dell’imputato, secondo
cui i documenti utilizzati per la cessione del credito gli erano stati forniti
direttamente dal Provveditorato ed evidentemente erano regolari poiché,
diversamente, il debitore ceduto ne avrebbe rilevato la falsità nel momento in cui gli
venne notificata la cessione, senza aspettare che il credito fosse azionato con
decreto ingiuntivo.
I giudici di merito, infine, avrebbero trascurato di considerare che anche i funzionari
pubblici che hanno disconosciuto le sottoscrizioni potevano avere un interesse a che
Brera ottenesse credito presso la banche attraverso l’esibizione dei documenti,
magari percependo compensi o regalie direttamente dagli istituti di credito.
2.1. Con il secondo motivo si deducono vizi motivazionali con riferimento
all’elemento soggettivo del reato.
In assenza di prova della riferibilità materiale delle contraffazioni all’imputato, non
essendo stata effettuata la perizia, i giudici di merito gliene hanno attribuito la
responsabilità, a titolo di concorso, per essere il principale interessato alla
contraffazione, funzionale ad ottenere il credito bancario.
Si tratterebbe, secondo il ricorrente, di una conclusione che non tiene conto del
complesso iter procedimentale per l’ottenimento di quei documenti, tale da far
ritenere inverosimile, anche agli occhi dell’imputato, l’eventualità di una alterazione.
La mancata prova dell’elemento soggettivo determinerebbe il vizio motivazionale
anche con riguardo all’accusa di truffa.
2.2. Identiche censure, quanto al mancato accertamento dell’elemento soggettivo
dei reati, sono svolte con il terzo motivo di ricorso sotto il profilo della violazione
dell’art.42 c.p.
3. La difesa ha presentato una memoria in cui si approfondisce il tema trattato nel
primo motivo di ricorso, ribadendo la censura relativa alla mancata assunzione di
una prova decisiva.

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stati accusati da Brera di avere partecipato ad un sistema corrotto di assegnazione

Si eccepisce, poi, il vizio di motivazione con riguardo alla mancata valutazione critica
delle deposizioni testimoniali dei funzionari coinvolti in procedimenti per corruzione
originati dalle accuse del Brera.

CONSIDERATO IN DIRITTO

perizia grafica, reiteratamente richiesta dalla difesa Brera, sostenendo che la
contraffazione delle sottoscrizioni dei funzionari del Provveditorato emerge non
soltanto dai disconoscimenti effettuati da costoro ma anche da tutta una serie di
osservazioni svolte dai testi circa le modalità di redazione degli atti e le difformità
rilevate nel loro contenuto, oltre che sulla esigibilità dei crediti.
Evidentemente, una volta stabilito che la responsabilità di Brera in ordine ai reati di
falso e truffa è ipotizzabile a prescindere dal fatto che lui personalmente abbia
apposto le false sottoscrizioni, essendo comunque da ritenere l’ideatore
dell’operazione ed il principale beneficiario, diviene irrilevante l’attribuzione
materiale dei falsi.
I giudici di merito hanno indicato tutta una serie di elementi fattuali che depongono
a favore della contraffazione delle firme, a prescindere dal loro disconoscimento, ed
il ricorso si limita a contrapporre una serie di considerazioni logiche che, tuttavia,
rimangono mere ipotesi, non suffragate da alcun elemento concreto.
Oltretutto, ad ulteriore riscontro della colpevolezza del ricorrente, i giudici di merito
hanno anche citato le dichiarazioni della curatrice fallimentare della ditta Brera,
secondo cui ella aveva rinvenuto, in un faldone presso l’azienda , copie artefatte paragonate a fotomontaggi- di documenti attinenti ai lavori presso il Provveditorato.
1.1. Il quadro di prova posto a fondamento del giudizio di responsabilità ed il
giudizio di completezza formulato dai giudici di merito sono frutto di una esposizione
logica ed articolata degli elementi in fatto, rispetto alla quale il ricorso rappresenta
una reiterazione delle difese di merito ampiamente e compiutamente disattese dai
Giudici di appello, oltre che una censura in punto di fatto della sentenza impugnata,
inerendo esclusivamente alla valutazione degli elementi di prova ed alla scelta delle
ragioni ritenute idonee a giustificare la decisione, cioè ad attività che rientrano nel
potere discrezionale del giudice di merito, il cui apprezzamento è insindacabile in
sede di legittimità, se sorretto come nel caso in esame, da adeguata e congrua
motivazione esente da vizi logico-giuridici. (sez.2 n°42595 del 27.10.09, Errico).
1.2. Vi è ampia e corretta motivazione, alle pagine 6 e 7, anche riguardo alla

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1. La Corte d’Appello ha confermato il giudizio del Tribunale di superfluità della

attendibilità dei disconoscimenti, pur a fronte di una possibile situazione di conflitto
fra Brera e i funzionari pubblici da lui denunciati per corruzione – peraltro due anni
dopo dalla denuncia del provveditorato che ha originato il presente procedimento.
La Corte ha rilevato, altresì, che la falsità delle sottoscrizioni era stata affermata
anche dai testi Guaschino e Sacchi, estranei alle vicende corruttive denunziate dal
ricorrente.
Anche su questo punto, il ricorso si limita a proporre una diversa tesi, secondo cui le

quegli atti senza che i funzionari interessati se ne avvedessero, in termini, tuttavia,
del tutto teorici.
1.3. La motivazione secondo cui, pur in difetto di una prova della materiale
attribuibilità della contraffazione al Brera egli ne deve essere ritenuto responsabile,
essendo l’unico soggetto che poteva avere interesse, è coerente e logica.
La difesa ha prospettato eventuali altri interessi da parte dei funzionari del
Provveditorato in termini assolutamente generici, ignorando, peraltro, l’elemento
fortemente indiziante rappresentato dal rinvenimento nella disponibilità
dell’imputato di copie artefatte – paragonate a fotomontaggi- di documenti attinenti
ai lavori presso il Provveditorato.
2. Il ricorso è infondato, va rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 21 marzo 2018

procedure amministrative non avrebbero consentito ad un estraneo di manipolare

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