Sentenza Sentenza n. 18164 del 15/09/2016
Cassazione civile sez. VI, 15/09/2016, (ud. 15/06/2016, dep. 15/09/2016), n.18164
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –
Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –
Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 15320/2015 proposto da:
C.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE CARSO, 14,
presso lo studio dell’avvocato GIACOMO STRAFFI, rappresentata e
difesa dall’avvocato RICCARDO GILARDONI giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrenti –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS);
– intimata –
avverso la sentenza n. 6579/64/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE di MILANO SEZIONE DISTACCATA di BRESCIA del 18/11/2014,
depositata l’11/12/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
15/06/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GUIDO FEDERICO.
Fatto
FATTO E DIRITTO
La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue:
C.C. ricorre nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, con un solo motivo, per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia sez. stacc. Brescia, 6579/64/14, depositata l’11 dicembre 2014, che ha dichiarato, previa loro riunione, inammissibili gli atti di appello proposti dalla contribuente avverso la sentenza di primo grado.
La CTR, in particolare, ha affermato, per quanto qui ancora rileva, che i motivi di appello erano la mera riproposizione dei motivi di cui al ricorso di primo grado senza indicazione dei capi della sentenza censurati, in violazione del principio di specificità dei motivi di appello, di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53.
L’Agenzia non ha resistito.
Con l’unico motivo di ricorso la contribuente denunzia la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), censurando la sentenza di secondo grado per aver ritenuto la carenza di specificità dei motivi degli atti di appello proposti avverso le sentenze impugnate, nonostante i motivi fossero conformi alla previsione dell’art. 53 legge cit..
Il motivo di impugnazione deve ritenersi fondato.
Premesso che la censura appare più appropriatamente riconducibile alla violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4), si osserva che secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, nel processo tributario deve ritenersi la legittimità dell’atto di impugnazione allorquando la contribuente si limiti a ribadire in appello le ragioni di impugnazione del provvedimento impositivo, contrapponendole alle argomentazioni con le quali il giudice di primo grado ha ritenuto di rigettare l’atto introduttivo di quel grado del processo (Cass. ord. n. 1200/2016).
Non può dunque farsi derivare la mancanza di specificità dei motivi, dal solo fatto che il gravame sia consistito nella riproposizione delle ragioni già svolte in primo grado, senza verificare se esse costituissero censura adeguata di quella pronuncia.
Nel caso di specie, come risulta dagli atti integralmente riportati nel corpo del ricorso, gli atti di impugnazione contengono una censura sufficientemente precisa e determinata della pronuncia di primo grado, costituendo idonea contrapposizione alle argomentazioni con le quali quella sentenza ha ritenuto di rigettare il ricorso introduttivo della contribuente.
PQM
La Corte accoglie il ricorso.
Cassa la sentenza impugnata, con rinvio, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio, ad altra sezione della CTR della Lombardia.
Così deciso in Roma, il 15 giugno 2016.
Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2016