Sentenza Sentenza n. 17742 del 18/07/2017

Cassazione civile, sez. lav., 18/07/2017, (ud. 21/04/2017, dep.18/07/2017),  n. 17742

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Lucia – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18965/2012 proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, C.F. (OMISSIS), in persona del Ministro

pro tempore rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA ALLA VIA DEI PORTOGHESI

12;

– ricorrente –

contro

V.E., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE DELL’UNIVERSITA’ 27, presso lo studio dell’avvocato BARBARA

NOVELLI, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONINO PALERMITI,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1908/2011 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA, depositata il 04/12/2012 R.G.N. 296/06.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza del 4.5.2012 la Corte d’appello di Reggio Calabria ha riconosciuto il diritto di V.E., dipendente del Comune di Reggio Calabria – assegnato all’ufficio del giudice di pace (già giudice conciliatore) di Gallina e all’ufficio UNEP presso la Corte di appello di Reggio Calabria, sino al 18.6.2001, con mansioni di assistente di udienza presso il locale Tribunale – alla corresponsione, da parte del Ministero della Giustizia, dell’indennità di amministrazione (sostitutiva dell’indennità giudiziaria in base al c.c.n.l. comparto Ministeri del 19.5.1995) nei limiti della prescrizione (ossia con decorrenza dal 9.11.1999, essendosi prescritto il credito antecedente);

che avverso tale sentenza ricorre per cassazione il Ministero della Giustizia affidandosi a un motivo di ricorso cui resiste con controricorso il lavoratore.

Diritto

CONSIDERATO

che il Ministero denuncia violazione di plurime disposizioni di legge (L. n. 221 del 1988; L. n. 51 del 1989, art. 3, comma 59; L. n. 537 del 1993; art. 34 del contratto collettivo nazionale comparto Ministeri – personale non dirigente, stipulato in data 16.5.1995) nonchè vizio di motivazione, avendo, la Corte distrettuale, trascurato che l’attività di messo presso il giudice di pace non determina alterazioni nel rapporto di lavoro rispetto all’ente locale, dando luogo a dipendenza meramente funzionale dall’ufficio giudiziario, rispetto alla quale non vi è alcun incardinamento rilevante per i profili retributivi del rapporto, anche a fronte della disapplicazione – in esito alla contrattualizzazione del rapporto di lavoro del personale ministeriale – della L. n. 221 del 1988, art. 2, che ha istituito l’indennità giudiziaria e della previsione dell’indennità di amministrazione, elemento fisso della retribuzione, riconosciuta a tutti dipendenti del comparto, a prescindere dall’effettivo servizio e dalla tipologia di funzione espletata;

che, ritiene il Collegio si debba accogliere il ricorso avendo questa Corte affermato che, in caso di distacco del lavoratore (istituto già disciplinato dal D.P.R. n. 3 del 1957, art. 56) presso altro datore di lavoro, mentre quest’ultimo, beneficiario delle prestazioni lavorative, dispone dei poteri funzionali all’inserimento del lavoratore distaccato nella propria struttura aziendale, persistono fra distaccante e lavoratore i vincoli obbligatori e di potere – soggezione, mantenendo il distaccante, fra l’altro, il potere di licenziare (Cass. 7049/2007, 10771/2001; cfr, di recente, Cass. nn. 19916/2016, 20049/2016);

che in questa prospettiva ricostruttiva, alla quale il Collegio ritiene di dare continuità, è evidente che il trattamento economico dei lavoratori distaccati che, prima il D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 72 ed oggi il D.Lgs n. 165 del 2001, art. 71, hanno riservato alla negoziazione collettiva, non potrà che essere individuato alla luce della contrattazione collettiva di settore applicabile al rapporto di lavoro propria dell’ente distaccante, in quanto il dipendente comandato o distaccato, non viene inquadrato nell’amministrazione di destinazione e il suo rapporto di lavoro con l’ente distaccato non viene meno, nè muta per effetto del distacco o del comando la sua regolamentazione a livello legale e/o contrattuale;

che come affermato da questa Corte (Cass. n. 20049/2016 citata) deve, pertanto, escludersi la possibilità di contaminazione tra i trattamenti economici previsti da eventuali diverse discipline negoziali di settore, come è desumibile anche dal fatto che il D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 73 commi 1, 3, 4, 5 e 6-bis, come successivamente modificato, ed oggi corrispondente per contenuto al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 70, pone, al comma 12, a carico dell’ente che utilizza il personale di altre pubbliche amministrazioni, in posizione di comando, di fuori ruolo, o in altra analoga posizione, l’onere relativo al solo trattamento economico fondamentale.

che è irrilevante la natura delle mansioni e dei compiti svolti dai lavoratori dipendenti di enti diversi dal Ministero della Giustizia ed ivi distaccati, o comandati, ai fini del riconoscimento della indennità di amministrazione, prevista dall’art. 34 del CCNL comparto ministeri per i lavoratori dipendenti del Ministero della Giustizia e, successivamente, dall’art. 28 del CCNL del 16.2.1999, essendo, l’indennità, correlata alla specifica posizione ordinamentale dei dipendenti del Ministero della Giustizia, diversa e distinta, per effetto della disciplina legale e contrattuale, da quella del personale proveniente da enti diversi (nella specie il Comune di Reggio Calabria), che ha uno stato giuridico ed economico totalmente diverso, in ragione della fonte della sua regolazione, legale e/o contrattuale, ed essendo collegata all’esigenza istituzionale di un continuo specifico aggiornamento professionale dei dipendenti del suddetto Ministero (Corte Cost. n. 92/1993; Cass. Sez. Un. nn.12543/1998 e 49/1999; Cass. nn. 7724/2012, 27885/2009 che richiama sul punto principi già espressi da Cass. Sez. Un. n. 12543/98, nonchè da Cass. Sez. Un. n. 49/1999);

che sulla scorta delle considerazioni svolte va accolto il ricorso e la sentenza impugnata va cassata; non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa va decisa nel merito, con il rigetto della domanda introduttiva del giudizio.

che il difforme esito dei giudizio di merito suggerisce la compensazione delle spese del procedimento di merito.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta dall’odierno controricorrente in relazione all’indennità di amministrazione, già indennità giudiziaria. Compensa tra le parti le spese dei giudizi di merito e condanna il controricorrente al pagamento delle spese di lite del presente giudizio di legittimità liquidate in Euro 3.000,00 per compensi professionali oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2017

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