Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9999 del 27/11/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 9999 Anno 2016
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MALICK DIOP N. IL 02/03/1968
avverso la sentenza n. 8821/2008 CORTE APPELLO di ROMA, del
05/12/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA
ANDRONIO ;

Data Udienza: 27/11/2015

RITENUTO IN FATTO
1. – La Corte d’appello di Roma ha confermato, quanto alla responsabilità penale,
la sentenza del Tribunale di Latina, con la quale l’imputato era stato condannato alla
pena di sette mesi di reclusione ed euro 400,00 di multa, per i reati di cui agli artt. 171ter, comma 1, lettera c), della legge n. 633 del 1941, 648 cod. pen., per avere messo
in commercio sulla pubblica via 232 CD musicali e 50 DVD contenenti opere protette da
diritto d’autore, abusivamente duplicati, nonché per avere ricevuto da terzi tali supporti

circostanze attenuanti generiche, giungendo ad una rideterminazione della pena in mesi
quattro e giorni quindici di reclusione ed euro 250,00 di multa.
2. – Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per
cassazione, deducendo, in primo luogo, che l’abusiva duplicazione dei supporti sarebbe
stata desunta dalla sola mancanza del contrassegno Siae sugli stessi, in assenza di
puntuali verifiche sul loro contenuto. Lamenta, di conseguenza, la mancata applicazione
alla fattispecie della sentenza Schwibbert della Corte di Giustizia delle Comunità
europee.
Con un secondo motivo di doglianza, la difesa sostiene che, venendo meno il
reato presupposto, dovrebbe essere ritenuta non sussistente anche la ricettazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è inammissibile.
3.1. – Il primo motivo di doglianza è manifestamente infondato. La condotta
contestata nel caso di specie è quella di cui all’art. 171-ter, comma 1, lettera c), della
legge n. 633 del 1941, avendo rilievo non già la semplice mancanza, sui supporti trovati
in possesso dell’imputato, del prescritto contrassegno Siae, ma il fatto che i supporti
stessi fossero «abusivamente riprodotti». Sui profili di fatto di tale abusiva riproduzione
la difesa nulla ha dedotto di specifico, al fine di contrastare la motivazione della sentenza
impugnata, nella quale si dà conto del fatto che i supporti in questione, posti in vendita
sulla pubblica via da un soggetto che si era immediatamente dato alla fuga alla vista
della polizia giudiziaria, avevano copertine fotocopiate, che riproducevano opere di
artisti italiani e stranieri coperte dal diritto d’autore. Non trova, dunque, applicazione la
sentenza della Corte di giustizia europea dell’8 novembre 2007 (Schwibbert), in forza
della quale la semplice mancanza del contrassegno Siae non può essere ritenuta
sufficiente a integrare l’illecito penale. Nel caso in esame, infatti, si controverte
dell’abusiva duplicazione dei supporti sequestrati.

abusivamente duplicati al fine di trarne profitto. La Corte territoriale ha concesso le

3.2. – Manifestamente infondato è, di conseguenza, anche il secondo motivo di
doglianza, perché lo stesso si basa sul dato, smentito dagli atti, dell’insussistenza del
reato di abusiva duplicazione presupposto.
4. – Il ricorso deve perciò essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della
sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella
fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso
senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla

pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma,
in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 27 novembre 2015.

declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc.

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