Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9994 del 27/11/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Ord. Sez. 7 Num. 9994 Anno 2016
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DURAN CABRERA SHINTIA YANDHIRA N. IL 03/08/1969
avverso la sentenza n. 4787/2013 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
21/02/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA
ANDRONIO ;

Data Udienza: 27/11/2015

RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza del 21 febbraio 2014, la Corte d’appello di Firenze ha – per
quanto qui rileva – confermato, quanto alla responsabilità penale, la sentenza del Gip
del Tribunale di Arezzo del 9 aprile 2013, emessa all’esito di giudizio abbreviato, con la
quale l’imputata odierna ricorrente era stata condannata alla pena di cinque anni di
reclusione ed euro 30.000,00 di multa, concesse le circostanze attenuanti generiche con
giudizio di equivalenza, per il reato di cui agli artt. 81, secondo comma, 110 cod. pen.,

cocaina, in concorso con altri. La Corte distrettuale ha rideterminato la pena in quattro
anni e quattro mesi di reclusione ed euro 20.000,00 di multa.
2. – Avverso la sentenza, l’imputata ha proposto, tramite il difensore, ricorso per
cassazione, lamentando, in primo luogo, la mancanza e la manifesta illogicità della
motivazione quanto ai fatti materiali e all’elemento soggettivo del reato. Si contesta la
valenza probatoria delle dichìarazioni rese dalla coimputata Bacci, perché prive di
riscontro, nonché delle intercettazioni telefoniche, da cui non emergerebbe l’entità del
contributo causale offerto dall’imputata, né la sua coscienza e volontà di concorrere con
altri all’acquisto di sostanza stupefacente.
In secondo luogo, si deducono la mancanza e la manifesta illogicità della
motivazione in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche e alla
determinazione della pena. In particolare l’odierna ricorrente, pur essendo incensurata
ed avendo, in ipotesi, rivestito un ruolo assolutamente marginale, avrebbe avuto lo
stesso trattamento del coimputato, soggetto che aveva svolto nella vicenda un ruolo
maggiormente rilevante e, comunque, gravato da precedenti penali specifici.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è inammissibile, perché basato su doglianze formulate in modo non
specifico. La difesa non prende in considerazione, neanche a fini di critica, la
motivazione del provvedimento impugnato, limitandosi a mere asserzioni circa la
valutazione della prova e circa le circostanze e il trattamento sanzionatorio.
In ogni caso, la la sentenza risulta coerentemente e correttamente motivata,
sotto entrambi tali profili, perché evidenzia che la prova del fatto deriva dalle
dichiarazioni accusatorie della coimputata Bacci, ampiamente riscontrate da quelle
dell’altro coimputato, nonché dalle intercettazioni telefoniche, dalle quali era emerso
che, la ricorrente aveva materialmente pagato le forniture di stupefacente e aveva
materialmente partecipato all’organizzazione dei relativi viaggi, all’esito di uno dei quali

73 del d.P.R. n. 309 del 1990, per due diversi episodi di detenzione, a fini di spaccio, di

la Bacci era stata arrestata in flagranza. Ampiamente circostanziati e concordanti
risultavano, inoltre, i riferimenti di tempo, luogo e persona effettuati dai coimputati.
Quanto al trattamento sanzionatorio, lo stesso è stato determinato in misura
prossima al minimo; e le attenuanti generiche sono state correttamente negate, per la
mancanza di elementi positivi di giudizio, non prospettati, peraltro, neanche con il
ricorso per cassazione. Del tutto congetturale e indimostrata risulta, infine, la censura
difensiva relativa ad una pretesa maggiore intensità del contributo svolto dal coimputato

posizione dell’odierna ricorrente.
4. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto
conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che,
nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla
declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc.
pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma,
in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 27 novembre 2015.

e ad una pretesa maggiore negatività della personalità di quest’ultimo, a paragone della

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA