Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9993 del 22/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 9993 Anno 2014
Presidente: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
Relatore: ROCCHI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DI GIOVINE FILIPPO N. IL 06/11/1964
avverso l’ordinanza n. 52/2012 CORTE ASSISE APPELLO di
MILANO, del 07/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO ROCCHI;

Data Udienza: 22/11/2013

RITENUTO IN FATTO

1.

La Corte di assise di appello di Milano, in funzione di giudice

dell’esecuzione, rigettava l’istanza proposta da Di Giovine Filippo, che chiedeva
l’applicazione dell’indulto con rideterminazione della pena da scontare. L’indulto
era già stato applicato con ordinanza del 24/1/2007, calcolando la detrazione
della pena sul cumulo materiale di anni 38 e mesi due di reclusione.
La Corte riteneva che l’istanza costituisse mera riproposizione di altra già

Unite di questa Corte del 15/7/2010 non aveva ad oggetto il rapporto tra il
beneficio dell’indulto e l’istituto del cumulo materiale, ma piuttosto i rapporti tra
indulto e sospensione condizionale della pena.

2. Ricorre per cassazione il difensore di Filippo Di Giovine, deducendo
violazione di legge.
Il ricorrente nega che l’istanza respinta costituisse mera riproposizione di
altra già rigettata; ribadisce che la decisione delle Sezioni Unite del 2010 ha
costituito una modifica del precedente orientamento che doveva essere applicata
anche al rapporto tra cumulo materiale e indulto, potendosi applicare l’indulto
solo alle pene concretamente eseguibili; richiama decisioni di merito già
adottate, che affermano il principio che l’indulto deve essere applicato dopo
l’applicazione del criterio moderatore di cui all’art. 78 cod. pen.; chiede
l’annullamento dell’ordinanza impugnata e l’applicazione dell’indulto dopo
l’applicazione del criterio moderatore di cui all’art. 78 cod. pen..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

Questa Corte ha costantemente affermato che in tema di indulto, la
previsione di cui all’art. 174 comma 2 cod. pen., che dispone l’applicazione del
beneficio una sola volta sul cumulo materiale delle pene, comporta che da esso il
giudice dell’esecuzione deve innanzitutto detrarre in un’unica soluzione la
diminuzione per l’indulto, e soltanto successivamente può applicare il criterio
moderatore di cui all’art. 78 cod. pen. nonché lo sbarramento del quintuplo della
pena più grave.
In nessun modo incide su questo costante insegnamento la sentenza delle
Sezioni unite richiamata in ricorso, che ha statuito che, con la sentenza di
condanna, non può essere contestualmente applicato l’indulto e disposta la

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respinta con ordinanza del 23/5/2012; ribadiva che la sentenza delle Sezioni

sospensione condizionale della pena, in quanto quest’ultimo beneficio prevale sul
primo (Sez. U, n. 36837 del 15/07/2010 – dep. 15/10/2010, P.G. in proc.
Bracco, Rv. 247940): quando la Corte sottolinea che il condono è applicabile solo
ed esclusivamente in relazione a pene suscettibili di esecuzione, tant’é che esso
viene a ripartirsi su tutte le pene cumulate (cfr. art. 174, secondo comma, C.P.)
dopo che dal cumulo siano state escluse le pene già eseguite, quelle estinte e
quelle non eseguibili per qualsiasi causa, non si riferisce affatto al cumulo
giuridico, che non permette di distinguere tra “pena eseguibile” e “pena non

di determinazione dell’unica pena.

In definitiva, non esisteva alcun mutamento di giurisprudenza delle Sezioni
Unite che rendesse riproponibile la richiesta di applicazione dell’indulto ai sensi
del dettato di Sez. U, n. 18288 del 21/01/2010 – dep. 13/05/2010, P.G. in proc.
Beschi, Rv. 246651.

Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue ex lege, in
forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento ed al versamento della somma, tale
ritenuta congrua, di euro 1.000 (mille) in favore delle Cassa delle Ammende, non
esulando profili di colpa nel ricorso palesemente infondato (v. sentenza Corte
Cost. n. 186 del 2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro 1.000 alla Cassa delle
ammende.

Così deciso il 22 novembre 2013

Il Consigliere estensore

Il Presidente

eseguibile” (quella che supera i trent’anni di reclusione), riguardando un criterio

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