Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9974 del 13/11/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 9974 Anno 2016
Presidente: GRILLO RENATO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PEZZUTO SALVATORE N. IL 04/04/1950
LEVANTE GIUSEPPA N. IL 24/08/1950
avverso la sentenza n. 1260/2013 CORTE APPELLO di LECCE, del
10/12/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA
ANDRONIO ;

Data Udienza: 13/11/2015

RITENUTO IN FATTO
1. – La Corte d’appello di Lecce ha parzialmente confermato la sentenza del
Tribunale di Lecce, con la quale gli imputati erano stati condannati, per i reati di cui agli
artt. 81, primo comma, 110 cod. pen., 44, comma 1, lettera b) , del d.P.R. n. 380 del
2001, 181, comma 1, del d.lgs. n. 42 del 2004, per avere realizzato, in qualità di
proprietari e committenti, in mancanza di permesso di costruire e del nullaosta della
competente autorità, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico e a vincolo di assoluta

un immobile di 47 m 2 , un ulteriore vano di 9 m 2 , una recinzione, una piattaforma in
cemento di 133 m 2 (1’11 giugno 2009).
2. – Avverso la sentenza gli imputati hanno proposto, tramite il difensore e con
unico atto, ricorsi per cassazione, deducendo: 1) l’erronea applicazione delle
disposizioni incriminatrici, nonché l’esistenza di vizi della motivazione inerenti alla
mancata considerazione del fatto che Levante Giuseppina non era committente
dell’esecuzione dei lavori né era presente sul luogo al momento dell’accertamento,
essendo stata incriminata come mera proprietaria; 2) il mancato rilievo della
prescrizione dei reati, che sarebbe stata invece accertata, quanto alla posizione di altri
originari coimputati, con sentenze passate in giudicato, sulla scorta dei rilievi fotografici,
dei documenti attinenti alla assentita richiesta del permesso di costruire per la
recinzione, risalente agli anni 2005-2006, del sopralluogo del 13 giugno 2009, da cui
risultava il pieno completamento delle opere in epoca largamente precedente.
Con memoria depositata in prossimità della camera di consiglio davanti a questa
Corte, la difesa insiste nei motivi di ricorso già proposti, richiedendo che la trattazione
del procedimento sia rimessa ad altra sezione, perché venga pronunciato l’annullamento
della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – I ricorsi sono inammissibili.
3.1. – Quanto al ruolo ricoperto da Levante Giuseppina nella realizzazione delle
opere oggetto dell’imputazione, la difesa si limita ad asserzioni del tutto sganciate da
rilievi critici alla motivazione della sentenza impugnata. Si tratta, del resto, di rilievi di
puro fatto, sui quali i giudici di merito sono già intervenuti con conformi e argomentate
considerazioni, evidenziando che: a) l’imputata è comproprietaria e coniuge del
coimputato committente; b) ha la residenza dello stesso luogo del marito, cosicché non
è possibile ipotizzare contrasti tra i coniugi che le abbiano impedito di venire a
conoscenza del reato posto in essere; c) è stata destinataria del provvedimento di

inedificabilità, poiché a meno di 300 m dal demanio marittimo e all’interno di un parco,

convalida del sequestro e non ha dedotto alcuno specifico elemento dal quale potesse
desumersi la sua estraneità ai fatti, pur essendosi ella trovata costantemente nel luogo
in cui venivano eseguite le opere abusive.
3.2. – Del tutto generici risultano anche i rilievi difensivi relativi all’epoca di
commissione dei reati e alla conseguente decorrenza dei termini di prescrizione. Come
bene evidenziato dai giudici di merito, con conforme valutazione, l’assunto difensivo
secondo cui le opere sarebbero state realizzate nel 2006 è stato fondato sulla base di

anzi, puntualmente smentite dai rilievi fotografici in atti. Le risultanze di tali rilievi sono
state, invece, confermate dai verbalizzanti, che hanno evidenziato come le opere
fossero in corso, perché: erano presenti sui luoghi materiali da costruzione e strumenti
da lavoro; gli infissi erano assenti; gli impianti erano in fase di realizzazione; mancavano
i pavimenti ed intonaci interni ed esterni; il muro di recinzione non era stato completato;
era presente l’impalcatura di legno necessaria alla realizzazione di opere
d’innalzamento; le parti già realizzate erano del tutto prive dei segni del passaggio del
tempo.
3.3. – Non può essere dichiarata la prescrizione dei reati (commessi 1’11 giugno
2009), per i quali il relativo termine complessivo – di cinque anni, cui devono essere
aggiunti nove mesi di sospensione per l’adesione del difensore all’astensione dalle
udienze, tra il 10 marzo 2014 e 10 dicembre 2014 – sarebbe scaduto 1’11 marzo 2015
(ovvero in un momento successivo alla pronuncia della sentenza impugnata). A fronte
di un ricorso inammissibile, quale quello in esame, trova infatti applicazione il principio,
costantemente enunciato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la possibilità
di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen.,
ivi compresa la prescrizione, è preclusa dall’inammissibilità del ricorso per cassazione,
anche dovuta alla genericità o alla manifesta infondatezza dei motivi, che non consente
il formarsi di un valido rapporto di impugnazione (ex multis, sez. 3, 8 ottobre 2009, n.
42839; sez. 1, 4 giugno 2008, n. 24688; sez. un., 22 marzo 2005, n. 4).
4. – Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte
costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che
«la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a
norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello
del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente
fissata in C 1.000,00.

dichiarazioni testimoniali inattendibili, perché non sufficientemente circostanziate e,

P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 13 novembre 2015.

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