Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9973 del 13/11/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 9973 Anno 2016
Presidente: GRILLO RENATO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DI NAPOLI TERESA N. IL 18/10/1968
avverso la sentenza n. 6438/2013 TRIB.SEZ.DIST. di MARANO DI
NAPOLI, del 16/12/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA
ANDRONIO ;

Data Udienza: 13/11/2015

RITENUTO IN FATTO
1. – Il Tribunale di Napoli ha condannato l’imputata alla pena di C 10.000,00 di
ammenda, concesse le circostanze attenuanti generiche, per il reato di cui agli artt. 5,
lettera b), e 6 della legge n. 283 del 1962, per avere detenuto per la vendita nella sua
pescheria prodotti alimentari ittici in cattivo stato di conservazione.
2. – Avverso la sentenza l’imputata ha proposto, tramite il difensore, ricorso per
cassazione, deducendo, con unico motivo di doglianza, l’erronea interpretazione delle

narrazione dei fatti da parte dell’agente accertatore, con riferimento alle modalità di
conservazione dei frutti di mare. In particolare questo non avrebbe chiarito con
sufficiente precisione l’esistenza delle misure idonee alla conservazione e si sarebbe
soffermato più sull’elemento qualitativo che su quello quantitativo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è inammissibile.
La ricorrente non formula censure relative a lacune o vizi logici della motivazione
della sentenza impugnata, limitandosi a genericamente contestare nel merito la
valutazione dei fatti, sulla base di mere affermazioni, quali quelle relative a pretese
incertezze nella deposizione dell’agente accertatore.
Deve in ogni caso rilevarsi che

l’iter logico seguito dal Tribunale risulta

pienamente corretto, perché valorizza i dati emersi nel corso dell’accertamento, dai
quali risulta inequivocabilmente che l’imputata aveva, all’esterno della sua pescheria,
contenitori aperti con acqua e vari frutti di mare, esposti agli agenti atmosferici e ai gas
dei tubi di scappamento dei veicoli; all’interno dell’esercizio, vi erano ulteriori frutti di
mare non confezionati detenuti insieme a detriti e scarti di lavorazione. E,
contrariamente a quanto asserito dalla difesa, lo stesso agente accertatore aveva
richiamato analiticamente le modalità di corretta conservazione dei frutti di mare,
evidenziando i singoli profili di violazione delle stesse nel caso concreto.
4. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto
conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che,
nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla
declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc.
pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma,
in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 1.000,00.
P.Q.M.

risultanze istruttorie, perché non si sarebbero considerate le contraddizioni emerse nella

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 13 novembre 2015.

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