Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9968 del 13/11/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 9968 Anno 2016
Presidente: GRILLO RENATO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

Dott. SILVIO AMORESANO
Dott. GASTONE ANDREAZZA
Dott. ALDO ACETO
Dott. ALESSANDRO MARIA ANDRONIO

– Consigliere – Consigliere _
– Consigliere – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CURCI PAOLO N. IL 14/08/1949
PANAIIA IGINO N. IL 26/06/1964
avverso la sentenza n. 6219/2014 GIP TRIBUNALE di MILANO, del
09/07/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA
ANDRONIO ;

REGISTRO GENERALE
N. 54091/2014

Data Udienza: 13/11/2015

RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza pronunciata ex art. 444 cod. proc. pen., il Gip del Tribunale ha
applicato agli imputati le pene da questi richieste, per il reato di cui agli artt. 81, secondo
comma, cod. pen. e 73, comma 1, dei d.P.R. n. 309 del 1990.
2. – Avverso la sentenza, gli imputati hanno proposto ricorsi per cassazione di
contenuto analogo, chiedendone l’annullamento e lamentando la carenza di motivazione

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è inammissibile.
I ricorrenti si limitano, infatti, ad asserire, senza alcun concreto riferimento al
provvedimento impugnato, che il giudice non avrebbe fornito alcuna motivazione circa
l’insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.
Deve, peraltro, richiamarsi il costante orientamento di questa Corte, secondo cui
l’obbligo della motivazione, imposto al giudice dagli artt. 111 Cost. e 125, comma 3,
cod. proc. pen. per tutte le sentenze, non può non essere conformato alla particolare
natura giuridica della sentenza di patteggiamento, rispetto alla quale, pur non potendo
ridursi il compito del giudice a una funzione di semplice presa d’atto del patto concluso
tra le parti, lo sviluppo delle linee argomentative della decisione è necessariamente
correlato all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere
di provare i fatti dedotti nell’imputazione. Ne consegue che il giudizio negativo circa la
ricorrenza di una delle ipotesi di cui all’art. 129 cod. proc. pen. deve essere
accompagnato da una specifica motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle
deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause
di non punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una
motivazione consistente nell’enunciazione – anche implicita – che è stata compiuta la
verifica richiesta dalle leggi e che non ricorrono le condizioni per la pronuncia di
proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. (ex plutimis, sez. 3, 29 maggio 2012, n.
36610; sez. 3, 22 settembre 1997, n. 2932; sez. un. 27 settembre 1995, n. 10372;
sez. un., 27 marzo 1992, n. 5777).
Tale orientamento trova applicazione anche nei caso di specie, in cui la
motivazione della sentenza circa l’insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129
cod. proc. pen. appare, in ogni caso, sufficiente, perché richiama gli atti di causa,
evidenziando l’inesistenza di elementi valutabili a favore degli imputati.
4. – I ricorsi, conseguentemente, devono essere dichiarati inammissibili. Tenuto
conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che,
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circa l’insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.

nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla
declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc.
pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma,
in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 1.500,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese

Così deciso in Roma, il 13 novembre 2015.

processuali e della somma di C 1.500,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende.

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