Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9967 del 13/11/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 9967 Anno 2016
Presidente: GRILLO RENATO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
TRAINA MASSIMILIANO N. IL 29/07/1979
TRAINA MIRKO N. IL 24/11/1982
avverso la sentenza n. 3086/2013 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 17/09/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA
ANDRONIO ;

Data Udienza: 13/11/2015

1.

RITENUTO IN FATTO
1. — La Corte d’appello di Palermo ha parzialmente confermato la sentenza del
Tribunale di Palermo, con la quale gli imputati erano stati condannati, per i reati di cui
agli artt. 44, comma 1, lettera b) , 64, 71, 65, 72, 93, 94, 95 del d.P.R. n. 380 del 2001,
per aver realizzato, in qualità di proprietari e committenti, una costruzione ad una
elevazione seminterrata in cemento armato di metri quadrati 150 per altezza di circa 3
metri, con relativi pilastri in cemento armato portanti il solaio, in zona sismica, senza

autorizzazione a fini antisismici, nonché senza effettuazione della preventiva denuncia
e del deposito degli elaborati progettuali al competente ufficio del Genio civile, nonché
senza permesso di costruire (il 6 novembre 2010). La Corte distrettuale ha disposto, in
particolare, la non menzione della condanna.
2. – Avverso la sentenza gli imputati hanno proposto, tramite il difensore e con
unico atto, ricorso per cassazione, deducendo: 1) l’esistenza di vizi della motivazione
inerenti alla mancata considerazione del fatto che Traina Mirko non era committente
dell’esecuzione dei lavori né era presente sul luogo al momento dell’accertamento; 2)
la non necessità del permesso di costruire per la realizzazione dell’opera; 3) la violazione
dell’art. 133 cod. pen., sotto il profilo dell’eccessività della pena, per la mancata
considerazione dell’entità e della tipologia dell’abuso, della destinazione dell’immobile
all’uso abitativo primario, dell’incensuratezza degli imputati; 4) la prescrizione dei reati,
intervenuta dopo la sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – I ricorsi sono inammissibili.
3.1. – I primi due motivi di doglianza sono formulati in modo generico; con essi
ci sì limita, infatti, ad asserzionir del tutto sganciate da rilievi critici alla motivazione
della sentenza impugnata, circa la mancata partecipazione di Traina Mirko alla
commissione del reato di circa la “modesta” consistenza delle opere realizzate. E, del
resto, i giudici di primo e secondo grado, con conforme valutazione, hanno evidenziato:
da un lato, la piena partecipazione di Traina Mirko al fatto, avendo egli interesse a
realizzare le opere ed essendo assolutamente inverosimile che le stesse fossero state
eseguite a sua insaputa; dall’altro lato, la rilevante entità delle opere stesse, che sono
consistite nella costruzione di una superficie di ben 150 m 2 .
3.2. – Del pari generici sono i rilievi mossi in punto di trattamento sanzionatorio,
trattandosi – come ben evidenziato dalla Corte d’appello – di un abuso di non scarsa

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preventivo avviso al competente ufficio del Genio civile e senza preventiva

rilevanza, a fronte del quale la pena irrogata, secondo il conforme giudizio dei giudici di
entrambi i gradi di merito, è pienamente congrua.
3.3. – Non può essere dichiarata la prescrizione dei reati (commessi il 6 novembre
2010), per i quali il relativo termine complessivo di cinque anni sarebbe scaduto il 6
novembre 2015 (ovvero in un momento successivo alla pronuncia della sentenza
impugnata). A fronte di un ricorso inammissibile, quale quello in esame, trova infatti
applicazione il principio, costantemente enunciato dalla giurisprudenza di questa Corte,

dell’art. 129 cod. proc. pen., ivi compresa la prescrizione, è preclusa dall’inammissibilità
del ricorso per cassazione, anche dovuta alla genericità o alla manifesta infondatezza
dei motivi, che non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione (ex
multis, sez. 3, 8 ottobre 2009, n. 42839; sez. 1, 4 giugno 2008, n. 24688; sez. un., 22
marzo 2005, n. 4).
4. – Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte
costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che
«la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a
norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello
del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente
fissata in C 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 13 novembre 2015.

secondo cui la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma

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