Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9967 del 03/02/2017

Penale Sent. Sez. 6 Num. 9967 Anno 2017
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: CORBO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
A.A.

avverso la sentenza in data 11/04/2016 della Corte d’appello di Milano

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Antonio Corbo;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato generale Agnello Rossi, che
ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa in data 11 aprile 2016, la Corte di appello di Milano
ha confermato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Milano, che aveva
dichiarato A.A. colpevole del reato di falsa testimonianza, commesso il 13
ottobre 2009, per aver dichiarato come testimone in un dibattimento penale di
essere stato colpito involontariamente, e non, invece, volontariamente, da tale
Luigi Oliverio, e gli aveva irrogato la pena di anni uno e mesi quattro di

Data Udienza: 03/02/2017

reclusione, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche e della
sospensione condizionale della pena.

2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di
appello indicata in epigrafe l’avvocato Andrea Omini, nell’interesse del A.A.,
articolando due motivi.
2.1. Con il primo motivo, si lamenta violazione di legge in riferimento all’art.
372 cod. pen., a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., avendo

testimonianza.
Si deduce, innanzitutto, che le dichiarazioni ritenute mendaci cadono, in
realtà, su di un elemento valutativo, quale la volontarietà o meno delle percosse
infertegli. Si aggiunge, poi, che la circostanza in questione, come riferita
dall’imputato allorché ha deposto come testimone, e come contestata
nell’imputazione, è in ogni caso irrilevante ai fini della responsabilità penale
dell’Oliverio, perché il A.A. ha comunque affermato che l’aggressore intendeva
colpire altre persone, e segnatamente degli extra-comunitari, sicché si versa
nell’ambito dell’aberratio ictus di cui all’art. 82 cod. pen.
2.2. Con il secondo motivo, si lamenta violazione di legge in riferimento
all’art. 376 cod. pen., e vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1,
lett. e), cod. proc. pen., avendo riguardo alla mancata applicazione della
disciplina della causa di non punibilità della ritrattazione.
Si deduce che la sentenza impugnata, affermando che la condanna del
A.A. si riferisce a false dichiarazioni che incidono sull’individuazione della stessa
persona del colpevole, si pone in contrasto con quella di primo grado, la quale ha
limitato la falsa testimonianza alla circostanza dell’assenza di intenzionalità
nell’Oliverio di porre in essere un’aggressione nei confronti dell’odierno
ricorrente. In questo modo, la Corte d’appello ha trascurato l’immediata
ritrattazione del A.A. nel corso dibattimento a carico dell’Oliverio, in ordine alla
circostanza di non essere sicuro che fosse stato quest’ultimo a colpirlo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito precisate.

2. Il primo motivo lamenta che le dichiarazioni “incriminate” cadono in realtà
su un elemento valutativo, quale quello della volontarietà delle percosse a lui
inferte, e, in ogni caso, sono irrilevanti ai fini della decisione, in quanto
descrittive di una fattispecie di aberratio ictus.
2

riguardo alla configurabilità degli elementi oggettivi del reato di falsa

2.1. Tuttavia, per quanto attiene alla giuridica ammissibilità del mendacio in
ordine ad elementi valutativi, pur in assenza di precedenti specifici rinvenibili in
tema di falsa testimonianza, la soluzione positiva consegue, da un lato,
all’assenza di ostacoli di tipo normativo, anche alla luce dell’elaborazione
giurisprudenziale concernente fattispecie simili od omogenee, e, dall’altro, a
considerazioni di tipo logico e semantico.
Con riferimento al primo aspetto della questione, infatti, è utile rilevare che
la stessa giurisprudenza delle sezioni unite, in tempi recenti e più volte, ha

valutativi (cfr., in particolare, Sez. U, n. 22474 del 31/03/2016, Passarelli, Rv.
266803, con riferimento al delitto di false comunicazioni sociali, e Sez. U, n.
51824 del 25/09/2014, Guidi, Rv. 261187, relativamente al delitto di intralcio
alla giustizia commesso per influire sul contenuto di consulenza tecnica
implicante la formulazione di giudizi di natura tecnico-scientifica). Del resto, non
esistono dubbi in ordine alla possibile sussistenza del reato di calunnia con
riferimento a profili valutativi o interpretativi della condotta denunciata, quando
la valutazione soggettiva risulta fraudolenta o consapevolmente forzata (cfr., di
recente, Sez. 6, n. 50254 del 13/11/2015, Parodi, Rv. 265751, e Sez. 6, n.
37654 del 19/06/2014, Falanga, Rv. 261648).
Sotto l’altro profilo, l’enunciato valutativo del dichiarante, quando ha come
premessa fatti specifici percepiti dal medesimo soggetto, ma di cui è omessa
l’indicazione, costituisce in realtà, anche da un punto vista linguistico,
un’affermazione che rappresenta sinteticamente le circostanze oggetto
dell’accertamento giudiziale.
2.2. Per quanto attiene, poi, alla questione derivante dalla asserita
ininfluenza delle dichiarazioni “incriminate”

ai

fini dell’esito giuridico del

processo, in quanto implicanti la configurabilità di un’ipotesi di aberratio ictus,
occorre osservare che la nozione di “rilevanza” ha riferimento allo specifico fatto
oggetto di contestazione, e non alla astratta tipologia di reato perseguita.
In linea generale, in effetti, secondo l’orientamento giurisprudenziale
assolutamente consolidato, ai fini della configurabilità del delitto di falsa
testimonianza, è sufficiente che i fatti oggetto della deposizione siano pertinenti
alla causa e suscettibili di avere efficacia probatoria, anche se, in concreto, le
dichiarazioni non hanno influito sulla decisione del giudice (cfr., tra le tante, Sez.
6, n. 51032 del 05/12/2013, Mevoli, Rv. 258507 e Sez. 6, n. 11612 del
22/01/2007, Guarnieri, Rv. 236396), sicché il reato non sussiste solo quando i
fatti rappresentati nella dichiarazione, siccome del tutto estranei all’oggetto del
procedimento in corso, risultano a priori irrilevanti ai fini della decisione (Sez. 6,
n. 4421 del 07/10/2004, dep. 2005, Messina, Rv. 231445).
3

ritenuto la configurabilità di reati di falso anche in relazione ad enunciati

In particolare, poi, il mendacio, anche quando non è idoneo a determinare
una modifica in astratto del titolo di reato oggetto dell’accertamento giudiziale,
come appunto nell’ipotesi di

aberratio ictus,

interferisce comunque con la

ricostruzione in concreto del fatto storico, che, a sua volta, può avere concrete
conseguenze non prevedibili prima della decisione, ad esempio, in tema di
aggravanti, ex art. 60 cod. pen., e comunque di dosimetria della pena, ai cui fini
rilevano, ex art. 133 cod. pen., tutte le possibili “sfumature” della condotta,
dell’evento e della colpevolezza.

sentenza impugnata laddove ha ritenuto sussistente il reato di falsa
testimonianza con riferimento alle dichiarazioni del ricorrente di essere stato
colpito involontariamente e non, invece, volontariamente da Luigi Oliverio.
Ed infatti, la dichiarazione di non essere stato colpito volontariamente
rappresenta in modo sintetico, ma obiettivamente alterato e mendace, i fatti
oggetto dell’accertamento giudiziale, essendo gli stessi caratterizzati dalla
ripetizione delle percosse inferte all’imputato con un bastone dalla stessa
persona (almeno quattro volte, secondo la deposizione testimoniale resa da
Maria Grazia Aliprandi, la persona che era in compagnia dell’odierno ricorrente,
nel dibattimento a carico dell’Oliverio). Inoltre, la tesi secondo cui il A.A.
avrebbe comunque evidenziato un’ipotesi di aberratio ictus, oltre che irrilevante
per le ragioni precedentemente esposte, risulta avanzata solo in questa sede e,
per quanto è dato comprendere, essenzialmente alla luce delle dichiarazioni
dell’aggressore Oliverio.

3. Il secondo motivo censura la mancata applicazione della causa di non
punibilità della ritrattazione in relazione alla individuazione della persona del
colpevole.
Invero, secondo il costante indirizzo giurisprudenziale, la ritrattazione, quale
causa che elimina la punibilità del delitto di falsa testimonianza, deve consistere
in una smentita non equivoca del fatto oggetto di deposizione e nella
manifestazione del vero, non essendo sufficiente una dichiarazione che, pur volta
a minimizzare le conseguenze processuali della testimonianza, sostanzialmente
confermi il precedente racconto (cfr., tra le altre, Sez. 6, n. 9955 del
04/02/2016, Z., Rv. 266472, e Sez. 6, n. 11775 del 15/05/1986, Lebin, Rv.
174143).
Nella vicenda in esame, alla luce di quanto emerge dalla motivazione della
sentenza impugnata, il ricorrente, dopo aver inizialmente negato la riferibilità
dell’aggressione all’Oliverio, «messo alle strette dalle contestazioni, […] ha
cambiato posizione, affermando che se l’Oliverio lo aveva colpito, non lo aveva
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2.3. Alla luce dei principi indicati, immune da vizi logici e giuridici risulta la

fatto intenzionalmente». La Corte d’appello, quindi, dà conto di una ritrattazione
non inequivoca sul punto dell’individuazione dell’autore delle percosse.
In ogni caso, poi, la ritrattazione addotta è parziale, in quanto non ha
riguardato anche le modalità dell’aggressione ed il loro conseguente carattere di
volontarietà, e, quindi, non ha avuto ad oggetto tutte le dichiarazioni che i
giudici di merito hanno ritenuto mendaci. Di conseguenza, anche a considerare la
riferita ritrattazione, le false circostanze non ritrattate erano comunque idonee

4. All’infondatezza dei motivi proposti, segue il rigetto del ricorso, e,
ulteriormente, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 3 febbraio 2017

Il Consigliere estensore

ad interferire con il corretto svolgimento dell’attività giurisdizionale.

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