Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9931 del 13/02/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 9931 Anno 2014
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: APRILE ERCOLE

SENTENZA

sul ricorso presentato da
Capone Carmelo, nato a Messina il 17/09/1960

avverso l’ordinanza del 08/08/2013 del Tribunale di Messina;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Ercole Aprile;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Giovanni D’Angelo, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
udito per l’indagato l’avv. Alberto Gullino, che ha concluso chiedendo
l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

RITENUTO IN FATTO
E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con l’ordinanza sopra indicata il Tribunale di Messina, adito ai sensi dell’art.
309 cod. proc. pen., confermava il provvedimento del 09/07/2013 con il quale il
Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale aveva disposto
l’applicazione della misura degli arresti domiciliari nei confronti di Carmelo

Data Udienza: 13/02/2014

Capone in relazione ai reati di cui agli artt. 416 cod. pen. (capo 41)
dell’imputazione), 61 b. 2, 81, 110 e 479 cod. pen. (capo 42), 61 n. 2, 81 e 640
bis cod. pen. (capi 43), 44), così riqualificato il fatto inizialmente contestato in
termini di peculato continuato, 45), 46), 47), 48) e 49), per quest’ultimo allo
stadio del tentativo), per avere – nella veste di legale rappresentante
dell’A.N.CO.L., Associazione Nazionale delle Comunità di Lavoro, destinataria
dell’erogazione da parte della Regione Sicilia di finanziamenti per
l’organizzazione di corsi di formazione e di aggiornamento professionale – fatto

pluralità di reati di peculato e truffa aggravata, commessi mediante il
percepimento di denaro pubblico a seguito della presentazione di progetti di corsi
e del successivo deposito di falsa documentazione di spesa; nonché per avere
concorso nella consumazione dei relativi anzidetti reati fine.
Rilevava il Tribunale come gli elementi acquisiti durante le indagini avessero
dimostrato la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato in
ordine a tutti i delitti allo stesso contestati, anche se i fatti oggetto di originario
come ipotesi di peculato dovessero essere qualificati in termini di truffa
aggravata, in quanto l’erogazione di fondi regionali in misura maggiorata era
avvenuta, anche per le quote percepite a titolo di acconto, sulla base di quanto
chiesto e rappresentato fraudolentemente dalla associazione A.N.CO.L.; e come
la gravità delle condotte accertate rendesse attuale e concreto il pericolo di
reiterazione delittuosa posta a fondamento della misura coercitiva applicata.

2. Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso il Capone, con atto sottoscritto
dai suoi difensori avv. Alberto Gullino e Marcello Scurria, il quale ha dedotto i
seguenti tre motivi.
2.1. Violazione di legge, in relazione agli artt. 191, 405, 406 e 407 cod. proc.
pen., e vizio di motivazione, anche per travisamento della prova, per avere il
Tribunale erroneamente disatteso l’eccezione difensiva di inutilizzabilità degli
esiti delle indagini, in quanto svolte in un periodo “non coperto” dal
provvedimento di proroga del termine di durata della fase delle investigazioni,
adottato sulla base di una richiesta del P.M. presentata non tempestivamente.
2.2. Violazione di legge, in relazione a tutte le norme di diritto penale
sostanziale oggetto di addebito, nonché all’art. 273 cod. proc. pen., e vizio di
motivazione, per avere il Tribunale siciliano avere il Tribunale del riesame
confermato il provvedimento applicativo della misura sostenendo l’esistenza di
gravi indizi di colpevolezza, in ordine al delitto associativo ascritto al Capone, con
l’impiego di argomenti generici e privi di un effettivo aggancio a concreti

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parte di un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di una

elementi di prova, in un contesto fattuale al più integrante un concorso di
persone nella commissione di reati collegabili sotto il vincolo della continuazione.
2.2. Violazione di legge, in relazione agli artt. 416, 640 bis, 316 ter e 323 cod.
pen., 273 cod. proc. pen., e mancanza di motivazione, per avere il Tribunale
siciliano confermato la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione
alle ipotesi di reato contestate, sulla base di una erronea qualificazione giuridica,
e benché la difesa avesse dimostrato che la documentazione allegata alle istanze
di finanziamento non erano false e che non vi era alcuna attività organizzata in

2.3. Violazione di legge, in relazione agli artt. 274 e 275 cod. proc. pen. , e
vizio di motivazione, per mancanza o contraddittorietà, per avere il Tribunale
messinese riconosciuto l’esistenza di un pericolo di recidiva, nonostante la
commissione dei fatti contestati risalisse al periodo 2007-2008 e che le
associazioni facenti capo al Capone fossero state già sciolte.

3. Rileva la Corte come il ricorso sia inammissibile, in quanto dalla
documentazione in atti emerge che il Tribunale di Messina – dinanzi al quale
pende il giudizio nella fase dibattimentale – ha disposto la revoca della misura
degli arresti domiciliari applicata a Carmelo Capone per la sopravvenuta
cessazione delle esigenze di cautela.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso non consegue, a norma dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento in favore dell’erario
delle spese del presente procedimento ed a quello di una somma in favore della
cassa delle ammende, tenuto conto che, nonostante vi sia stata una formale
rinuncia al ricorso da parte dell’interessato, la sopravvenuta carenza di interesse
è dovuta ad un fatto non imputabile al prevenuto.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.
Così deciso il 13/02/2014

forma associativa.

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