Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 993 del 18/07/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 993 Anno 2015
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: DE BERARDINIS SILVANA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
VINELLA LUCA N. IL 02/02/1982
avverso la sentenza n. 45/2012 CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
TARANTO, del 11/04/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVANA DE
BERARDINIS;

Data Udienza: 18/07/2014

RILEVATO IN FATTO:
-che con l’impugnata sentenza, in conferma di quella di primo grado, VINELLA Luca
fu ritenuto responsabile del reato di lesioni persona aggravate dall’uso di arma
impropria in danno di Gigliobianco Mirko nonché del reato di porto ingiustificato in
luogo pubblico di una noccoliera, adoperata per commettere il reato di lesioni;
-che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la difesa
dell’imputato, denunciando violazione di legge e vizio di motivazione sull’assunto, in
dell’imputato medesimo, della noccoliera, dovendosi piuttosto ritenere che di
questa si fosse servita la persona offesa per frantumare, con un pugno, un vetro
dell’autovettura del Vinella; cosa che — si afferma — non le sarebbe stato possibile
fare se, come sostenuto dalla stessa persona offesa, questa, per colpire il vetro, si
fosse servita soltanto della mano nuda;
CONSIDERATO IN DIRITTO:
-che il ricorso va dichiarato inammissibile, siccome basato, in sostanza, sulla pura e
semplice riproposizione della tesi difensiva già sottoposta all’attenzione della corte
d’appello, la quale l’ha disattesa sulla base del puntuale e specifico richiamo, in
particolare, alle dichiarazioni dei testi Lasigna Vito, Forleo Francesco e Forleo Nunzio
Roberto, il primo dei quali aveva riferito di aver visto egli stesso che il Vinella era
munito di una noccoliera mentre gli altri due avevano riferito di aver comunque
notato nella sua mano un qualcosa che luccicava; dichiarazioni, queste,
sbrigativamente tacciate, nel ricorso, di contraddittorietà ed inattendibilità, sol
perché — si afferma — i testi avrebbero “disconosciuto” (ma non si dice quando e
come) la documentata esistenza di lesioni che al Vinella sarebbero state provocate
‘dal Gigliobianco (il che non escluderebbe comunque la sussistenza del reato a carico
del primo, non risultando neppure dedotta l’ipotesi della legittima difesa), e si
sarebbero posti in contrasto con le dichiarazioni dello stesso Gigliobianco e del di lui
fratello, i quali non avrebbero fatto menzione dell’esistenza e dell’utilizzo della
noccoliera da parte dell’imputato, omettendosi, però, da parte della difesa, a
quest’ultimo proposito, di fare il benché minimo cenno a quanto si osserva
nell’impugnata sentenza circa il fatto che, dapprima, la persona offesa non era stata
in grado di vedere il pugno da cui era stata colpita e, subito dopo, la sua vista era
stata impedita dal copioso sangue sgorgato dalla ferita, le cui caratteristiche,
peraltro – secondo quanto risulta pure puntualizzato nell’impugnata sentenza —
erano state riconosciute, all’esito della espletata consulenza medico — legale,

sintesi nell’essenziale, che sarebbe stato da escludere il possesso e l’uso, da parte

compatibili (per quanto ancora rilevabile nonostante fosse trascorso un periodo di
circa tre mesi), con la loro produzione mediante uso di una noccoliera; né si vede,
infine,per quale ragione si sarebbe dovuto ritenere (secondo la prospettazione
difensiva) che la noccoliera fosse invece stata in possesso della persona offesa, sol
perché, avendo quest’ultima infranto un vetro dell’autovettura dell’imputato, era
ragionevole pensare che non avrebbe potuto farlo con un colpo a mani nude; quasi
che non potesse più che ragionevolmente ipotizzarsi (così come ha fatto la corte
nel ricorso, di essersi abbandonata a mere e gratuite illazioni), che potessero
esistere altri corpi contundenti della più varia natura (come,ad esempio, una pietra
casualmente rinvenuta sul posto, come prospettato nell’impugnata sentenza) dei
quali il Gigliobianco potesse essersi servito per colpire ed infrangere il vetro;
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art.
616 c.p.p., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad escludere ogni profilo
di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione pecuniaria, il cui importo
stimasi equo fissare in euro mille;
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento nonché al versamento della somma di euro mille alla cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma, il 18 luglio 2014
L’estensore

d’appello, senza che, per questo, le si possa rimproverare, come invece sostenuto

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