Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9927 del 07/05/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 9927 Anno 2016
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: GRILLO RENATO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SARULLO PIETRO N. IL 24/12/1942
avverso la sentenza n. 733/2012 CORTE APPELLO di PALERMO, del
26/09/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. RENATO GRILLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott
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che ha concluso per 9._a_.)..L9
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Q.)-3/3

6

Data Udienza: 07/05/2015

RITENUTO IN FATTO
1.1 La Corte di Appello di Palermo, con sentenza del 26 settembre 2014 confermava la
sentenza emessa in data 27 ottobre 2011 dal Tribunale in composizione monocratica di Sciacca
nei confronti di SARULLO Pietro, imputato dei reati di cui agli artt. 175 e 176 D. Lgs. 42/04
(effettuazione di ricerche archeologiche senza la prescritta concessione ed impossessamento di
beni archeologici di pertinenza dello Stato – capi A) e B) della rubrica), nonché del reato di cui
all’art. 4 della L. 110/75 (porto abusivo di coltello a serramanico) – reati tutti commessi il 27

condizionalmente sospesa – di mesi due di reclusione ed C 200,00 di multa.
1.2 La Corte distrettuale, nel richiamare integralmente la motivazione della sentenza del
Tribunale, ribadiva la responsabilità dell’imputato sulla base dei riscontri oggettivi (tra i quali le
dichiarazioni dei verbalizzanti ed il rinvenimento indosso all’imputato del coltello, nonché il
reperimento all’interno dell’auto di sua proprietà degli oggetti adoperati per le ricerche
archeologiche ed i beni dei quali l’imputato si era impossessato) ed escludeva la veridicità o
anche verosimiglianza della tesi difensiva prospettata dall’imputato secondo il quale gli attrezzi
rinvenuti in suo possesso (compreso il coltello) servissero per la raccolta delle olive cui sarebbe
stato asseritamente intento.
1.3 Avverso la detta sentenza ricorre il suddetto imputato a mezzo del proprio difensore di
fiducia deducendo, con un primo motivo, la inosservanza della norma penale (art. 157 cod.
pen.) in ordine alla mancata declaratoria di estinzione del reato sub C) per prescrizione
maturata prima della decisione della Corte territoriale. Con un secondo motivo la difesa
lamenta la inosservanza delle norme processuali in materia di prova indiziaria (art. 192 cod.
proc. pen.) ed in materia di regola dell’oltre ogni ragionevole dubbio (art. 533 cod. proc. pen.)
in relazione al fatto che nessun oggetto destinato a scavi archeologici era stato rinvenuto nella
immediatezza dei controlli e che l’autovettura dove gli oggetti vennero rinvenuti era
parcheggiata in località assai distante da quella in cui era stata notata la presenza del
SARULLO intento a scavare. Con un terzo motivo la difesa lamenta manifesta illogicità della
motivazione in punto di conferma del giudizio di responsabilità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è parzialmente fondato nei limiti e per le ragioni che seguono.
2. E’ certamente fondato il primo motivo essendo la prescrizione per il reato sub C), di
natura contravvenzionale, maturata prima della sentenza di appello, pur in presenza di
sospensione peraltro disposta a prescrizione già avvenuta (v. Sez. 3^ 11203/14 Sez. 4^
49817/12). Né ricorrono elementi per pervenire ad un proscioglimento immediato ai sensi
dell’art. 129 cod. proc. pen., tenuto conto degli elementi presi in esame dalla Corte di merito,
né essendovi doglienze specifiche in tal senso da parte del ricorrente.

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ottobre 2007 e condannato per i suddetti reati unificati per continuazione, alla pena

3. Gli altri due motivi, esaminabili congiuntamente in quanto interconnessi, risultano,
invece, manifestamente infondati oltre che generici in quanto ripropongono questioni già
adeguatamente valutate dalla Corte territoriale che ha preso in considerazione una serie di
elementi giudicati inoppugnabili e altamente sintomatici della attribuibilità dei fatti al SARULLO.
3.1 Va anzitutto chiarito che al SARULLO sono stati contestati due distinti reati previsti dal
D.Lgs. 42/04: in particolare l’effettuazione di ricerche archeologiche in violazione dell’art. 175
del detto D. Lgs. e l’impossessamento di oggetti di interesse archeologico (fondo di piatto in

vitrea di età classica) appartenenti allo Stato, in violazione del successivo art. 176.
3.2 Sostiene il ricorrente che la Corte di merito non avrebbe tenuto conto del fatto,
esposto in sede di appello, che nessun oggetto destinato a scavi archeologici era stato
rinvenuto nella immediatezza dei controlli e che l’autovettura dove gli oggetti vennero
rinvenuti era parcheggiata in località assai distante da quella in cui era stata notata la
presenza del SARULLO intento a scavare. In realtà dal testo della sentenza impugnata non solo
si evince la risposta implicita a tali censure, ma soprattutto emerge in modo chiaro quali
fossero le circostanze che hanno indotto il giudice di appello a confermare la responsabilità del
SARULLO per entrambi i reati contestatigli: questi, sorpreso da militari dell’Arma nell’atto di
effettuare ricerche su un fondo di proprietà privata munito di

metaldetector e di piccozza, si

era dato alla fuga liberandosi di tali oggetti. Il SARULLO, ignaro del fatto che i militari nel
frattempo si erano appostati in attesa del suo ritorno, nei pressi dell’autovettura dell’imputato,
effettivamente parcheggiata in un punto distante da quello in cui l’uomo stava effettuando le
ricerche, si avvicinava al proprio autoveicolo, dandosi, ancora una volta, alla fuga non appena
si accorgeva della presenza dei militari che questa volta lo bloccavano. Nel corso della
perquisizione veicolare, nel cofano dell’autovettura venivano rinvenuti alcuni oggetti di
interesse archeologico ed altri oggetti di identica natura venivano rinvenuti in occasione della
perquisizione domiciliare. Tutti questi elementi, tra loro coordinati, hanno indotto la Corte di
merito a ritenere che il SARULLO fosse intento ad effettuare ricerche archeologiche senza
esservi autorizzato e che detenesse abusivamente oggetti di interesse archeologico.
4. La condotta prevista dall’art. 175 del D. Lgs. 42/04 (già art. 124 del D.Lgs. n. 490/99 si
realizza indipendentemente dal rinvenimento degli oggetti e concorre con il reato di
impossessamento di oggetti di interesse archeologico, attesa la diversità delle due fattispecie,
in quanto è chiamato a rispondere ugualmente di tale reato anche chi sia munito della
concessione per effettuare ricerche archeologiche (Sez. 3^ 26.10.2007 n. 44967, Liberatore e
altri, Rv. 238276): mentre, in quest’ultimo caso, la condotta penalmente rilevante riguarda
l’apprensione di beni di interesse archeologico, nel primo caso la rilevanza penale deriva
dall’assenza di permesso per la ricerca archeologica che, per incidens, non è necessario che
avvenga in siti archeologici appositamente individuati da un provvedimento amministrativo.
5. Con riguardo, invece, alla ipotesi contemplata dall’art. 176 del D. Lgs. 42/04 ai fini della
integrazione della fattispecie non è richiesta “la preesistenza di un provvedimento dell’autorità
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ceramica rivestita da vetrina di colore verde di età medioevale e vago di collana in pasta

amministrativa che qualifichi il bene come culturale, essendo sufficiente un interesse culturale
oggettivo, derivante da tipologia, localizzazione, rarità o altri analoghi criteri, e la cui prova
può desumersi o dalla testimonianza di organi della P.A. o da una perizia disposta dall’autorità
giudiziaria”. (Sez. 3^ 28.6.2007 n. 35226, Signorella, Rv. 237403; idem 7.7.2011 n. 41070,
Saccone e altro, Rv. 251295; idem 18.12.2014 n. 6202, Bennardo e altro, Rv. 262366 in cui si
afferma che ai fini della integrazione dell’elemento soggettivo è richiesto il dolo generico, la cui
prova può essere desunta anche dalla condotta post factum tenuta dal colpevole)

attenuta ai detti criteri interpretativi, mentre le censure sollevate nel ricorso, oltre a risultare
inidonee a superare le opposte argomentazioni del giudice territoriale, sono anche eccentriche
rispetto al thema decidendum tenuto conto della natura delle contestazioni.
7. In relazione all’accoglimento del primo motivo la sentenza impugnata va annullata
senza rinvio limitatamente alla contravvenzione di cui al capo C) per estinzione del reato per
prescrizione: segue l’eliminazione della relativa quota di pena irrogata dal primo giudice a
titolo di aumento per la ritenuta continuazione, nella misura di giorni dieci di reclusione ed e
40,00 di multa. Nel resto il ricorso va dichiarato inammissibile.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata ,limitatamente alla contravvenzione di cui al
capo C) perché estinta per prescrizione ed elimina la relativa pena di giorni dieci di reclusione
ed € 40,00 di multa. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma il 7 maggio 2015
Il Consig iere estensore

Il Presidente

6. Orbene con riguardo alle due fattispecie contestate, la Corte di merito si è esattamente

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