Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9925 del 07/05/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 9925 Anno 2016
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: GRILLO RENATO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FLORIO MAURO N. IL 10/11/1960
avverso la sentenza n. 7842/2013 CORTE APPELLO di MILANO, del
19/03/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. RENATO GRILLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

e

AÀ. Cp

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 07/05/2015

RITENUTO IN FATTO

1.1 La Corte di Appello di Milano, con sentenza del 19 marzo 2014 confermava la sentenza
emessa in data 18 luglio 2013 dal Tribunale in composizione monocratica di detta città nei
confronti di FLORIO Mauro, imputato del reato di cui all’art. 44 lett. b) del D.P.R. 380/01
(realizzazione di due tensostrutture con posizionamento di due prefabbricati; di una rotonda e
di un chiosco ad uso alimentare in un’area di sua disponibilità in assenza del prescritto

attenuanti generiche, alla pena – condizionalmente sospesa – di mesi due di arresto ed C
3.000,00 di ammenda.
1.2 La Corte distrettuale, nel richiamare integralmente la motivazione della sentenza del
Tribunale, ribadiva la necessità del preventivo permesso di costruire escludendo che le opere
realizzate potessero qualificarsi “itineranti” e “di tipo precario stagionale” anche alla luce del
fatto che in tre distinti sopralluoghi effettuati, rispettivamente, il 22 giugno, 14 luglio e 10
agosto 2010, le opere erano state notate ancora presenti sui luoghi anche se in occasione
dell’ultimo di tali sopralluoghi (10 agosto 2013) il materiale era stato rimosso e accantonato in
un angolo dell’area. Veniva, in particolare, ribadito che il concetto di precarietà andava (e va)
inteso da un punto di vista funzionale e non meramente temporale e che nessuna rilevanza
poteva assumere la circostanza che il FLORI risultasse in possesso di una licenza per attività
itinerante. Quanto alla entità della pena, la Corte territoriale la riteneva pienamente adeguata
ai fatti ed insuscettibile di ulteriore riduzione, non acquisendo alcuna valenza né la condotta
collaboratrice del FLORIO, né la circostanza della avvenuta rimozione delle opere non eseguita
spontaneamente ma solo dopo la notifica dell’ordine di demolizione.
1.3 Avverso la detta sentenza ricorre il suddetto imputato a mezzo del proprio difensore di
fiducia deducendo, con unico motivo, erronea applicazione della legge penale (art. 44 D.P.R.
380/01) ribadendo trattarsi di una struttura precaria di tipo stagionale ed itinerante desumibile
anche dal fatto che si trattava di manufatti già allocati nella zona dell’Idroscalo di Milano e poi
trasferiti nella zona ove erano stati trovati dalla P.G. in quanto la licenza per svolgere l’attività
all’Idroscalo era scaduta e non più rinnovata: il che aveva costretto esso ricorrente a
rimuovere tali strutture e trasferirle altrove per svolgervi un’attività, pur essa stagionale ed
itinerante, con la prospettiva di trasferirle ancora in altro sito.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile anzitutto perché generico ed ancora perché manifestamente
infondato.
2. In riferimento alla genericità del motivo, le censure esposte costituiscono integrale
riproposizione di doglianze analoghe sollevate con l’atto di appello e prese in esame dalla Corte
1

permesso di costruire) e condannato per tale reato, previo riconoscimento delle circostanze

di merito che ha fornito sui singoli tempi proposti dalla difesa risposte adeguate ed immuni da
qualsiasi vizio logico.
2.1 Va anzitutto ricordato che – in relazione ai richiami alla sentenza di primo grado
contenuti nella decisione di secondo grado – che la sentenza di primo grado e quella d’appello,
nelle parti in cui pervengono al medesimo esito, si integrano a vicenda confluendo in un
risultato unico ed inscindibile (Sez. 3″, 14.2.1994 n. 4700, Scauri, Rv. 197497; conforme Sez.
2^, 13.11.1997 n. 11220, Ambrosino, Rv. 209145). Peraltro la Corte territoriale, dopo aver

convenientemente esaminate non limitandosi a ripercorrere l’iter logico seguito dalla decisione
di primo grado ma diffondendosi in una puntuale motivazione circa i punti devoluti con il
gravame ed assolvendo, così, in pieno alla funzione di revisore di seconda istanza.
2.2 Fatta tale premessa, in termini generali, osserva il Collegio che tutti i motivi del
ricorso, ancorchè estremamente dettagliati, costituiscono la riproposizione integrale degli
stessi motivi a suo tempo dedotti al giudice di appello che ha risposto puntualmente ai vari
punti sottoposti alla sua attenzione senza aporie logiche o insufficienze argomentative: sotto
tale profilo può allora dirsi che il ricorso è caratterizzato da aspecificità, ricordandosi quanto
precisato dalla giurisprudenza di questa Corte con orientamento uniforme, secondo il quale

“È

inammissibile il ricorso per Cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già
discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non
specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la
sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le
ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione,
questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di
aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), all’inammissibilità” (in
termini Cass. Sez. 4, sent. del 29.3.2000 n. 5191; Cass. Sez. 1^ n. del 30.9.2004 n. 39598;
Cass. Sez. 2^ 15.5.2008 n. 19951; Cass. Sez. 6^ 23.6.2011 n. 27068).
2.3 In aggiunta alle condivise argomentazioni del primo giudice, la Corte territoriale ha
valutato come assolutamente irrilevante la licenza per attività itinerante dichiarata
dall’imputato, osservando che, oltretutto, tale licenza assumeva valenza specifica con riguardo
alla occupazione del suolo pubblico, cosa del tutto diversa, dalla autorizzazione richiesta per le
case mobili e per i prefabbricati utilizzati come ambienti di lavoro per i quali, ai sensi degli artt.
3 comma lett. 5c del D.P.R. 380/01 occorre il preventivo permesso di costruire. Inoltre la Corte
ha escluso che nella specie l’attività del FLORIO fosse itinerante (il che rendeva del tutto
superflua a che per tale specifica ragione una eventuale licenza) in quanto in occasione di
precedenti sopralluoghi (il riferimento è ad un sopralluogo del 22 giugno; altro del 14 luglio ed
altro ancora del 10 agosto successivo) le strutture oggetto del processo erano presenti sui
luoghi.

riassunto le censure sollevate da parte del ricorrente con i motivi di appello, le ha

2.4 In altri termini nessuna delle strutture oggetto di contestazione poteva definirsi
precaria a tal punto da non richiedere il rilascio del preventivo permesso di costruire,
ricordandosi che per essere definite tali, le cd. “costruzioni precarie” debbono essere destinate
al soddisfacimento di esigenze assolutamente contingenti ed a una pronta eliminazione con
l’ulteriore notazione che la precarietà di un manufatto non dipende dal tipo di materiale
adoperato, ma dalle esigenze che quel manufatto è destinato a soddisfare; vale a dire dalla
stabilità dell’insediamento indicativa dell’impegno durevole ed effettivo del territorio (tra le

n. 966, Manfredini, Rv. 261636 secondo cui la precarietà non può essere desunta dalla
temporaneità della destinazione soggettivamente data all’opera dal costruttore,

“ma va

ricollegata alla intrinseca destinazione materiale dell’opera ad un uso effettivamente precario e
temporaneo per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, con conseguente possibilità di
successiva e sollecita eliminazione, non risultando, peraltro, sufficiente la sua rimovibilità o il
mancato ancoraggio al suolo”).
2.5 Va, pertanto, nettamente distinto il concetto di precarietà, che attiene alla funzione
che il manufatto è destinato ad espletare, dalla stagionalità, afferente, invece, ad un elemento
temporale ben circoscritto in termini di durata per la utilizzazione del manufatto: con la
conseguenza che quando la struttura è destinata a dare una utilità prolungata nel tempo
indipendentemente dalla facilità della rimozione (che attiene per l’appunto al tipo di materiale
adoperato per la realizzazione del manufatto) è necessario il preventivo permesso di costruire.
2.6 Nel caso sottoposto all’esame del Collegio al FLORIO è stato contestato il
posizionamento di due tensostrutture poggianti su ruote, aperte su tutti i lati; di due moduli
prefabbricati da cantiere; di una “rotonda tiri vari” chiusa e di un chiosco “alimentare”. In
particolare la tensostruttura è costituita da un manufatto realizzato con materiali quali la fibra
di vetro per le travature, il poliestere per le tele, ed il PVC per lo strato protettivo, mantenuti in
posizione tramite tensioneAssiii~i~e~~~ Quanto alla “rotonda tiri vari”, si
tratta di un genere di attrezzature mobili solitamente adoperato per spettacoli circensi o per
giostre o attrazioni, che comporta l’esclusivo utilizzo di cerchi, anelli o palline, strumenti tipo
arma o similari. aefgateeta~eakes.
2.7 Se i materiali costituenti tali manufatti possono definirsi leggeri, non altrettanto può
dirsi per l’uso cui questi manufatti erano destinati: essi, dunque, rientrano a pieno titolo nella
previsione normativa di cui all’art. 3 comma 1 lett. e5) secondo cui rientrano nel concetto di
“interventi di nuova costruzione”

“l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e

di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano
utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che
non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee” assoggettati ai sensi del
successivo art. 10 al rilascio del permesso di costruire.

tante Sez. 3^ 25.2.2009 n. 22054, Frank, Rv. 243710; più recentemente Sez. 3^ 26.11.2014

3. Sulla base di tali considerazioni le censure sollevate con il ricorso risultano anche
manifestamente infondate in quanto la Corte di merito si è esattamente uniformata oltre che
alle prescrizioni normative specifiche, all’indirizzo costante di questa Corte Suprema in tema di
costruzioni precarie e di necessità, o meno, del permesso di costruire.
4. Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile: segue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché al versamento della somma – ritenuta congrua – di
C 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, trovandosi in colpa il ricorrente nella

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 7 maggio 2015
Il Consigliere estensore

Il Presidente

determinazione della causa di inammissibilità.

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