Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9922 del 29/01/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 9922 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: LANZA LUIGI

SENTENZA
decidendo sui ricorsi proposti da:

Brici Ermanna,

nata il 04/06/1939 e

Genestreti Andrea, nato il giorno 23/03/1963 avverso l’ordinanza 17 ottobre
2013 del Tribunale di Rimini che, decidendo giusta rinvio della Corte di
Cassazione, ha confermato il decreto di sequestro preventivo emesso dal G.I.P.
del Tribunale di Rimini il 17 ottobre 2012.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato, il ricorso, i motivi nuovi e la memoria
difensiva depositata il 21 gennaio 2014.
Udita la relazione fatta dal Consigliere Luigi Lanza.
Sentito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale
Oscar Cedrangolo che ha concluso per il rigetto dei ricorsi, nonché il difensore dei
ricorrenti avv. Angelo Nanni in sostituzione dell’avv. Maresi che ha chiesto
raccoglimento dell’impugnazione depositando decisione della Commissione
tributaria di Rimini.
RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 29/01/2014

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1. Brici Ermanna e Genestreti Andrea, ricorrono, a mezzo del loro comune
difensore, avverso l’ordinanza 17 ottobre 2013 del Tribunale di Rimini che,
decidendo giusta rinvio della Corte di Cassazione, ha confermato il decreto di
sequestro preventivo emesso dal G.I.P. del Tribunale di Rimini il 17 ottobre 2012.
1.1. Il procedimento in questione riguarda il delitto di truffa (art. 640, co. I

e GENESTRETI Andrea, nelle vesti, rispettivamente, di amministratrice e di
dipendente della sammarinese PROMOTEAM S.R.L., ritenuta dagli inquirenti quale
società “estero vestita”; la pubblica accusa contesta, altresì, alla sola BRICI
Ermanna, al capo B) del suddetto addebito, il delitto di omessa dichiarazione dei
redditi in Italia (art. 5 D.Igs. 74/ 2000), nelle medesime vesti societarie.
2. La vicenda ha avuto il seguente sviluppo e scansione cronologica.
2.1. Il G.I.P. del Tribunale di Rimini ha ordinato il sequestro preventivo del
danaro di titolarità della s.r.l. “Ala Bus” e in caso di incapienza dei beni mobili,
immobili, consistenze bancarie e partecipazione societarie degli indagati
(entrambi per il reato di truffa aggravata: artt. 110, 640, I e II comma n. 1, del
c.p. ai danni dello Stato e la sola Brici anche di evasione dell’imposta sui redditi e
sul valore aggiunto : artt. 110 c.p. e 5 D.L.74/2000) fino alla concorrenza della
somma di C 545.843,14 per entrambi gli indagati, quale somma corrispondente
all’ammontare del profitto del reato di cui all’art. 640, II comma n. 1, del c.p., e,
per la sola Brici, fino alla concorrenza della somma di C 9.130.485,00, quale
somma corrispondente all’ammontare del profitto del reato di cui all’art. 5
D.L.74/2000;
2.2. avverso tale provvedimento gli indagati hanno proposto istanza di
riesame e il Tribunale di Rimini, con ordinanza del 15 novembre 2012: ha
confermato il provvedimento limitatamente alla posizione di Brici Ermanna e per
il capo A dell’imputazione; hja annullato il decreto stesso nei soli riguardi di
Genestreti Andrea, con restituzione dei beni all’avente diritto; ha annullato infine
il provvedimento nella parte relativa al capo B dell’imputazione disponendo la
restituzione dei beni di titolarità di Brici Ermanna fino alla concorrenza della
somma di C 9.130.485,00;

e 2 n. I cod. pen.) ascritto al capo A) dell’addebito provvisorio, a BRICI Ermanna

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2.3. il difensore degli indagati ha proposto ricorso per cassazione,
deducendo per la sola Brici la mancanza di motivazione in ordine alla ritenuta
sussistenza del “fumus commissi delicti” della truffa (mancanza degli elementi
costitutivi degli artifizi e raggiri e dell’atto di disposizione patrimoniale);
2.4. pure il P.M. ha proposto ricorso, lamentando che scorrettamente il

evasione fiscale e quindi, conseguentemente, ha errato allorchè ha disposto la
restituzione dei beni di titolarità di Brici Ermanna fino alla concorrenza della
somma di € 9.130.485,00;
3. La II sezione della Cassazione, con sentenza 35807/13, decidendo su
tali ricorsi ed in accoqIimento del ricorso del P.M., ha annullato l’ordinanza
impugnata, con rinvio al Tribunale di Rimini nei confronti di Brici Ermanna e
Genestreti Andrea, rigettando nel reso il ricorso di Brici Ermanna.
3.1. Il Supremo collegio, nel rigettare il ricorso del difensore della Brici ha
ritenuto fondato il ricorso del P.M. nei confronti della medesima indagata
rilevando che il Tribunale -in sede di riesame della misura cautelare reale- è
andato al di la dei limiti imposti per la verifica„ della sussistenza del “fumus
commissi delicti” per quanto riguarda il reato sub B;
3.2. per la Corte di legittimità infatti, il giudice di merito, da un lato ha
riconosciuto la sussistenza di tutti gli elementi per ravvisare il reato di cui all’art.
5 D.L. 74/2000, ma ha poi affermato che le somme pretese come evase siano,
per tutti gli anni in contestazione, al di sotto della soglia di punibilità fissata dal
Legislatore pari ad € 77.468,53; il Tribunale peraltro è giunto a tale conclusione
sottraendo dai ricavi i costi di esercizio.
3.3. secondo la Corte si tratta di affermazione priva di motivazione se non
quella -apparente- di aver ricavato tale circostanza attraverso “un esame
sommario dei bilanci già presenti nelle informative ed allegati agli atti di P.G.”.;
ed il medesimo discorso vale per quanto deciso dal Tribunale per il coindagato
Genestreti.
3.4. invero -sempre per la Corte di legittimità- il Tribunale dopo aver
evidenziato vari elementi che possono dimostrare, sul piano indiziario, il concorso
nel reato di truffa di Genestreti Andrea (nipote della Brici) non fornisce alcuna

Tribunale aveva ritenuto non raggiunta la soglia di punibilità, per il reato di

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motivazione (violando quindi la legge) sul perchè tali elementi non siano
sufficienti per ritenere sussistente il “fumus commissi delicti”, visto che, tra
l’altro, tra gli elementi indiziari a carico dell’indagato vi è la dichiarazione della
teste Bollini Laura da cui si ricava “il coinvolgimento del Genestreti, seppur sotto
le direttive della Brici, nel salvataggio del dati contenuti negli hard disk del p.c.

effettivamente sono stati rinvenuti nella sua abitazione’.
3.5. Da ciò, in accoglimento del ricorso del P.M., l’annullamento
dell’ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Rimini nei confronti di Brici
Ermanna e Genestreti Andrea, e rigetto del ricorso di Brici Ermanna.
4. Il Tribunale di Rimini quale giudice di rinvio e nell’ambito delle
statuizioni di annullamento ha confermato il provvedimento del G.I.P., rimediando
alle rilevate carenze di motivazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con un primo motivo di impugnazione viene dedotta quanto al capo A:
insussistenza del fumus commissi delicti a carico dell’indagato Genestreti;
motivazione apparente e violazione di legge in relazione agli artt. 110 e 640 c.p.;
violazione di legge in riferimento all’art. 350 cod. proc. pen.; travisamento della
prova risultante dal testo del provvedimento e dagli atti specificamente indicati.
1.2. In particolare si sostiene che, anche in tema di sequestro preventivo
“lo stesso giudice può rilevare anche il difetto dell’elemento soggettivo del reato,
purché lo stesso emerga ictu oculi” (si citano: cass. pen., sez. 4, 23944/2008,
sezione 2, 2808/2008) tenuto conto che nella specie il provvedimento di
sequestro risulta fondato su un’ipotesi di reato (truffa ai danni dello Stato) che
non può certamente estendersi ad un dipendente della società PROMOTEAM.
1.3. Invero, il sig. Genestreti, nell’ambito della presente vicenda, risulta
aver svolto una prestazione lavorativa di natura subordinata che per le relative
tempistiche e modalità, risulta, manifestamente incompatibile col sospetto
investigativo di un suo coinvolgimento nella supposta truffa, in quanto: l’indagato
risulta assunto dalla società (fondata nel 1998) solo nell’anno 2008, ossia in un
periodo in cui il supposto iter criminis era già in pieno sviluppo, dato che gli anni
di imposta presi in considerazione dalle indagini sono ricompresi tra il 2007 ed il

usati al fine di poterli successivamente asportare dal luoghi di impresa e che poi

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2010; ed inoltre il sequestro dei dati informatici presso l’abitazione del Genestreti
veniva effettuato nel 2011; pertanto la presenza di una condotta agevolatrice
rispetto al reato di truffa risulterebbe inconcepibile anche da un punto di vista
meramente temporale.
1.4. Per tali ragioni si sostiene che la parte motiva dell’ordinanza a carico

alla ritenuta responsabilità concorsuale del medesimo, che è stata dedotta
mediante valorizzazione di un post-factum irrilevante rispetto al supposto disegno
truffaldino (detenzione materiale informatico della società), nonché tramite
riscontri del tutto travisati o irrilevanti, oggetto di una valutazione priva dei
necessari passaggi logici, tanto da far rimanere oscure le ragioni che hanno
giustificato la decisione.
2. Con un secondo motivo si lamenta per il capo B) l’ insussistenza del
“fumus commissi delicti” di cui all’art. 5 del dig. 74/2000 – mancato superamento
della soglia di punibilità prevista – motivazione mancante o apparente – violazione
di legge in riferimento all’art. 5 del dig. 74/2000 e all’art. 125, comma 3, c.p.p.;
travisamento della prova.
2.1. per i ricorrenti, il Tribunale del Riesame, pur considerando
l’insegnamento giurisprudenziale secondo cui, per verificare il raggiungimento
della soglia di punibilità prevista per il reato in questione (art. 5 del D.Igs.
74/2000), occorre dedurre i costi che il contribuente ha sostenuto, risulterebbe
aver comunque concluso per l’avvenuto superamento di tale soglia, attraverso
una motivazione manifestamente illegittima e apparente, nonché trascurando il
principio fatto proprio dall’Agenzia delle Entrate dell’avvenuto riconoscimento dei
“costi di esercizio che risultavano dai bilanci depositati presso gli uffici
sammarinesi “, rendendo così non condivisibile provvedimento assunto.
3. Con motivi nuovi e memoria difensiva depositata il 21 gennaio 2014,
sulla premessa che l’accusa nei confronti dei ricorrenti si basa sulla
«esterovestizione » della società segnala

che la Commissione Tributaria

Provinciale di Rimini con decisione 6 dicembre 2013 ha escluso la detta qualità,
ciò affermando contrariamente agli assunti dell’Agenzia delle Entrate che sono
stati posti posti a fondamento dell’odierno impugnato provvedimento.

del Genestreti sia affetta da violazione di legge (artt. 110 e 640 c.p.) in relazione

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4. Tanto premesso ritiene la Corte l’inaccoglibilità di tutte le censure per
inammissibilità o infondatezza.
4.1. E’ invero noto, per ciò che attiene alla dedotta insussistenza dei gravi
indizi di colpevolezza, sostenuta nella specie con argomentazioni che tendono a
contestare la idoneità e la coerenza del tessuto motivazionale su cui si fonda

legittimità sulla giustificazione del provvedimento impugnato è limitato alla mera
verifica di un coerente e logico apparato argomentativo.
Ne deriva che il vizio logico della motivazione, anche sotto il profilo del
travisamento del fatto, deve essere riscontrato e specificamente individuato tra
le diverse proposizioni contenute nel testo della motivazione stessa, senza alcuna
possibilità di ricorrere al controllo delle risultanze processuali, come
sostanzialmente si pretende con l’odierna impugnazione, essendo impedito al
giudice della legittimità compiere una “rilettura” degli elementi di fatto posti a
fondamento della decisione , per sovrapporre la propria valutazione in ordine alla
affidabilità delle fonti di prova e la propria interpretazione delle risultanze
processuali (cfr. ex plurimis: cass. pen. sez. 5, 46124/2008 Rv. 241997; cass.
pen. sez. 2, 42851/2002 Rv. 223411).
4.2. Nella specie il Tribunale del riesame ha infatti analiticamente preso in
considerazione e valutato le diverse circostanze ascritte in via di accusa
all’indagata e al Genestreti, ritenendo in proposito realizzate le condizioni
oggettive e soggettive per l’assunta misura cautelare.
A fronte di tale adeguata struttura motivazionale, le censure proposte si
limitano a contrastare la decisione impugnata, prospettando circostanze prive di
risalto nella presente sede e comunque inidonee ad incrinare la coerenza
intrinseca dell’iter logico seguito dai giudici del riesame e posto a ragionevole
fondamento dell’ordinanza impugnata.
4.3. il Tribunale, infatti, cui è stato rimesso il giudizio sul “fumus boni juris”
e la c.d. “soglia di punibilità”, ha correttamente ritenuto -allo stato degli atti- per
il Genestreti il “fumus” per il delitto sub A (correità con la Brici nella truffa
aggravata ai danno dello Stato) desumendolo:

l’ordinanza impugnata, che, in tema di difetto di motivazione, il sindacato di

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a) dal ritrovamento nella sua abitazione di files e hard-disk il cui contenuto
e corrispondente valore erano incompatibili con le formali mansioni d’ordine
esercitate;
b) dal rinvenimento nella cassaforte della sua abitazione di circa 700-800
C. attribuiti inverosimilmente a somme dategli fuori busta;

d) dalla testimonianza della Bottini sul salvataggio e il trasferimento dalla
sede dell’impresa della documentazione informatica contenente tra l’altro i nomi
di 9 mila promotori.
4.4. è evidente in tale contesto, mancando la prova di un comportamento
“post crimen patratum”, come la sola testimonianza della Bollini -come peraltro
suggerito come dato di valutazione dalla Corte di legittimità in sede di
annullamento- sia idonea, in questa fase, a dare base ragionevole al
provvedimento impugnato, considerata la compatibilità dei tempi tra assunzione
dell’indagato ed attività concorsuale attribuitagli.
5.1. Quanto alla “soglia”, il Tribunale ha criticamente osservato:
a)

che i costi di produzione, così come si rileva dalle note integrative

allegate ai bilanci, sarebbero costituiti per il 90% circa dai compensi erogati ai
promoters, compensi che avrebbero dovuto essere documentati da
ricevute/notule emesse da ogni singolo promoter;
b) che l’attività investigativa ha, al contrario, permesso di accertare che
nessuno dei promoters ha mai emesso le menzionate ricevute/notule nei confronti
della Promoteam srl, circostanza confermata dai pronnoters assunti a sommarie
informazioni testimoniali dalla p.g.(v. fg. 19 della c.n.r.);
c) che, pertanto, le spese in parola, allo stato degli atti, non possono
essere ritenute attendibili, quindi prese in considerazione, in quanto è del tutto
ragionevole dubitare della loro veridicità, tenuto conto che le stesse sono state
formate direttamente dalla società estero-vestita Promoteam s.r.I.; peraltro,
anche il restante 10% dei costi di produzione non è stato documentato da alcuna
fattura e/o altro documento di natura fiscale;
d) che, ad ulteriore conferma di tali interpretazioni vanno richiamati gli
esiti delle ulteriori investigazioni svolte dalla locale GdF ( v. nota 1437/13/3456)

c) dalla non chiara posizione dell’indagato in altre società riferibili alla Brici;

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da cui si ricava che, anche alla luce dei controlli svolti dall’Agenzia delle Entrate
per gli anni dal 2007 al 2010 compreso -oggetto dell’imputazione- risulta
verificata un’evasione di IVA per ciascuna delle annualità in parola superiore alla
soglia di punibilità stabilita dall’art. 5 D. L.vo 74 /2000.
5.2. Anche per questo profilo i giudici di merito hanno indicato una

essere invalidate, in questa fase, da una decisione della Commissione tributaria,
sul punto della negata “estero vestizione della società”: trattasi invero di un
provvedimento dell’Autorità amministrativa, non definitivo, e comunque non
vincolante per il giudice penale (cass. pen. sez. 6, 10210/2011 Rv. 249592).
La relativa doglianza va quindi respinta.
5.3. In conclusione, verificata la tenuta logica e la coerenza strutturale del
provvedimento impugnato, tutti i ricorsi risultano infondati e le parti proponenti
vanno condannate ex art.616 C.P.P. al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti, ciascuno, al pagamento delle spese
cessuali.

coerente serie di argomentazioni a sostegno del loro assunto che non possono

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