Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9922 del 07/05/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 9922 Anno 2016
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: GRILLO RENATO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ARABI SOUFIANE ( DETTO MORENO) N. IL 13/07/1982
EDDIRHOUSSI ADIL (DETTO PIPPO ADEL ) N. IL 08/02/1981
avverso la sentenza n. 2913/2010 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
14/03/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. RENATO GRILLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. )32_2,0 e
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che ha concluso _per c
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

1

Data Udienza: 07/05/2015

RITENUTO IN FATTO

1.1 La Corte di Appello di Firenze, con sentenza del 14 marzo 2012, in parziale riforma
della sentenza emessa in data 29 ottobre 2009 dal Tribunale di Prato nei confronti – per
quanto qui rileva – di ARABI Soufiane e EDDIROHOUSSI Adì’, imputati, rispettivamente, del
delitto di cui agli artt. 81 cpv. cod. pen. e 73 D.P.R. 309/90 (illecita detenzione di sostanza
stupefacente del tipo cocaina e spaccio della medesima sostanza – fatti commessi, quanto

febbraio 2007 alla data dell’8 marzo 2007, meglio precisati nei capi C), N) ed O) della rubrica),
riduceva la pena inflitta all’ARABI ad anno uno e mesi sei di reclusione ed € 8.000,00 di multa,
ferma l’ipotesi della lieve entità di cui all’art. 73/5 D.P.R. 309/90 e rideterminava la pena
inflitta all’EDDIRHOUSSI, previo riconoscimento dell’ipotesi di cui all’art. 73/5 prevalente
sull’aggravante contestata per il capo C) e disapplicazione della recidiva, in anni tre di
reclusione ed € 15.000,00 di multa, confermando nel resto.
1.2 La Corte distrettuale ribadiva per ognuno dei predetti imputati la responsabilità già
affermata dal Tribunale per ciascuno degli episodi contestati: in particolare, con riferimento
all’ARABI richiamava le numerose conversazioni oggetto di intercettazione (i cui contenuti la
difesa aveva contestato con l’atto di appello assumendo che le conversazioni avessero un
significato diverso da quello attribuito dall’Accusa); negava le circostanze attenuanti generiche
tenuto conto delle modalità dello spaccio e si limitava ad una riduzione della pena originaria.
Con riferimento all’EDDIRHOUSSI richiamava le numerose conversazioni oggetto di
intercettazioni, ribadendo anche la sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 80
comma 2° lett. a) contestata per l’episodio sub O) (aggravante contestata dalla difesa) mentre
riconosceva fondata la censura sollevata in riferimento al mancato riconoscimento della ipotesi
attenuata di cui all’art. 73/5 D.P.R. 309/90.
1.3 Avverso la detta sentenza ricorrono con separati ricorsi i suddetti imputati (l’ARABI
personalmente e l’EDDIRHOUSSI a mezzo del proprio difensore). In particolare l’ARABI deduce
due motivi: con il primo lamenta difetto di motivazione e manifesta illogicità e/o
contraddittorietà in punto di conferma del giudizio di responsabilità; con il secondo deduce
analogo vizio in riferimento al diniego delle circostanze attenuanti generiche. La difesa del
ricorrente EDDIRHOUSSI, a sua volta, circoscrive il motivo al solo trattamento sanzionatorio,
deducendo vizio di motivazione per carenza, manifesta illogicità e contraddittorietà sia in punto
di quantificazione della pena che in punto di diniego delle circostanze attenuanti generiche.

CONSIDERATO IN DIRITTO

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all’ARABI, nel mese di ottobre 2006 con condotta perdurante e, quanto all’EDDIRHOUSSI, dal

1. Il ricorso dell’ARABI è manifestamente infondato tanto in riferimento alla asserita
manifesta illogicità e/o contraddittorietà della motivazione per quel che attiene alla conferma
della sua penale responsabilità, che in riferimento al profilo afferente al diniego delle
circostanze attenuanti generiche. Per ciò che riguarda il primo dei profili prospettati dal
ricorrente si sostiene che i contenuti delle intercettazioni sulla base delle quali è stata fondata
la penale responsabilità dell’ARABI sono ambigui e che mai l’ARABI è stato notato essere in
possesso di sostanza stupefacente. Sul punto si osserva che la censura è manifestamente

logicità, si sottrae a qualsiasi delle censure sollevate, ha spiegato in modo adeguato le ragioni
per le quali i contenuti delle intercettazioni riportate nelle pagg. 182-189 della informativa di
reato si riferiscono inequivocabilmente non solo alla droga ma all’attività di spaccio svolta
dall’ARABI. Decisamente eloquenti due telefonate in cui è l’ARABI ad essere cercato da tale
Simone sulle utenze cellulari riconducibili all’odierno ricorrente recanti rispettivamente il n.
3280158965 e il n. 3406530890. Nella prima delle due conversazioni – per quanto emerge dal
testo della sentenza impugnata – all’ARABI che richiede due “pezzi” da 0,3 e 05, l’interlocutore
“Simone” risponde che occorre pagare 110; nella seconda conversazione è sempre “Simone” a
richiedere all’ARABI di procurargli “la roba per lavorare”. Oltre a risultare manifestamente
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infondate, le censure del ricorrente sono anche generiche -€4~043444se una lettura
alternativa del significato delle conversazioni, improponibile in sede di legittimità. Osserva
ulteriormente il Collegio che, quanto alle ragioni esposte nel ricorso, esse costituiscono
riproposizione degli analoghi motivi già dedotti in sede di appello e congruamente valutati dalla
Corte distrettuale.
2. Anche con riferimento al secondo motivo del ricorso riguardante l’asserito immotivato
diniego delle circostanze attenuanti generiche, si osserva che la Corte di merito le ha negate
sulla base di indici negativi quali la sistematicità e durata nel tempo dell’attività di spaccio e la
professionalità del suo svolgimento denotante l’esistenza di molteplici circuiti relazionali con
altri soggetti legati al mondo del traffico di stupefacenti.
3. Per quanto attiene al ricorso proposto nell’interesse dell’EDDIRHOUSSI le censure
sollevate appaiono manifestamente infondate. Ed invero uno degli indici negativi presi in
esame dalla Corte di merito riguarda l’esistenza precedenti penali cui si è sommata anche in
questo caso la professionalità nell’attività di spaccio anche avvalorata dal continuo cambio di
generalità da parte dell’odierno ricorrente in occasione dei suoi controlli. Peraltro il
riconoscimento di circostanze attenuanti generiche è notoriamente rimesso al potere
discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio deve essere motivato nei soli limiti atti a far
emergere in misura sufficiente il pensiero dello stesso giudice circa l’adeguamento della pena
concreta alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo. Quanto, poi, alla
determinazione della pena, questa è stata correttamente e motivatamente determinata co

2

infondata, perché la Corte territoriale, con argomentazione che, per la sua completezza e

esatto riferimento ai criteri direttivi indicati dall’art. 133 cod. pen. (oggettiva entità dei fatti e
personalità dell’imputato).
4. Tuttavia rileva il Collegio che la pena inflitta ai due ricorrenti è certamente illegale in
relazione al riconoscimento, per entrambi, della ipotesi di lieve entità di cui all’art. 73/5 D.P.R.
309/90.
5. In termini generali va rilevato che, successivamente alla presentazione dei ricorsi, la
disciplina sanzionatoria applicabile nelle ipotesi di cui all’art. 73/5 D.P.R. 309/90 è mutata in

formulare uno specifico motivo di impugnazione afferente alla quantificazione della pena, in
relazione allo stato della legislazione vigente al momento della proposizione del ricorso.
5.1 Le modifiche normative intervenute nel breve volgere di alcuni mesi tra il dicembre
2013 (D. L. 14/13) e il maggio 2014 (L. 79/14) oltre alla pronuncia della Corte Costituzionale
n. 32/14 (non rilevante però in questa sede) hanno disarticolato il sistema sanzionatorio fino a
quel momento vigente per effetto della L. 49/06 (legge cd. “Fini-Giovanardi”) e tali innovazioni
– per quanto interessa in questa sede – refluiscono favorevolmente sulla posizione di entrambi
i ricorrenti
5.2 Va, in proposito, ricordato che, per effetto dell’intervento legislativo operato con la L.
10/14 di conversione del D. Legge 146/13, è stato riformulato il comma 5 0 dell’art. 73, D.P.R.
309/90, qualificandosi la relativa condotta come ipotesi autonoma di reato (v. sul punto Sez.
6^ 8.1.2014, Cassanelli) e fissandosi una pena edittale che va da un minimo di un anno ad un
massimo di anni cinque di reclusione e da C 3.000,00 ad C 26.000,00 di multa senza
distinzione tra droghe cd. “pesanti” e droghe cd. “leggere”.
5.3 Va, poi, aggiunto che la mitigazione del trattamento sanzionatorio è stata
ulteriormente implementata per effetto della L. 79/14 di conversione del D.L. 36/14 mediante
la fissazione di un minimo di mesi sei di reclusione e di un massimo di anni quattro e, quanto
alla pena pecuniaria, di un minimo di C 1.032,00 e di un massimo di C 10.329,00, senza
distinzione, ancora una volta, tra droghe leggere e droghe pesanti.
5.4 Va, infine, ricordato – anche se non direttamente rilevante in questa sede – che con
sentenza n.32 del 12 febbraio 2014 la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimità degli
artt.4-bis e 4-vicies ter del d.l. 30 dicembre 2005, n.272, convertito in legge 21 febbraio 2006,
n.49, che modificavano la disciplina dei commi 1 e 4 dell’art.73 del D.P.R. 9 ottobre 1990,
n.309 e abbandonavano i diversi regimi sanzionatori fissati per le sostanze stupefacenti
elencate, da un lato, nelle tabelle I e III (le c.d. “droghe pesanti”) e quelle elencate nelle
tabelle II e IV (le c.d. “droghe leggere”). La nuova disciplina fissava dunque agli artt.1 e 1-bis
dell’art.73 del D.P.R. 9 ottobre 1990, n.309, un unico trattamento sanzionatorio per tutte le
sostanze stupefacenti e tale soluzione è stata censurata dalla Corte che ha ripristinato il te
anteriore.

3

senso favorevole alla posizione dei ricorrenti, i quali non erano certo nelle condizioni di

5.5 Ora con riguardo al caso di specie, mentre per ciò che riguarda l’ARABI il giudice per
l’udienza preliminare aveva ritenuto sussistente la fattispecie attenuata di cui al comma 50
dell’art. 73 D.P.R. 309/90, per l’EDDIRHOUSSI è stata la Corte territoriale a riconoscere in
grado di appello detta ipotesi.
5.6 Ne è derivato un calcolo di pena che, per quanto concerne l’ARABI, ha considerato
quale pena base ex art. 73/5 D.P.R. 309/90, anno uno e mesi nove di reclusione ed C 9.000,00
di multa (pena detentiva intermedia tra il minimo ed il massimo e pena pecuniaria quasi

reclusione ed C 15.000,00 di multa (pressochè coincidente con il massimo della pena edittale,
quanto alla pena detentiva, e superiore al massimo per quanto attiene alla pena pecuniaria)
5.7 Così facendo, però, il Giudice si è attestato – quanto al computo della pena base – su
livelli edittali nettamente superiori sia al minimo (per quanto riguarda l’ARABI) che,
parzialmente (con riferimento all’EDDIRHOUSSI) al massimo edittale consentito in riferimento
alla fattispecie attenuata di cui al comma 5 0 dell’art. 73 D.P.R.309/90 che prevede oggi, quale
pena massima edittale “unificata” in relazione alle varie tipologie di droga quella di anni
quattro di reclusione ed C 10.329,00 di multa, così realizzandosi una ipotesi di cd. “illegalità”
della pena.
6. Ciò precisato, si osserva che già all’indomani delle dette modifiche normative questa
Suprema Corte ha affermato il principio (che questo Collegio condivide), secondo il quale
l’illegalità sopravvenuta della pena è rilevabile di ufficio in sede di legittimità anche nel caso di
inammissibilità originaria del ricorso, laddove quella illegalità derivi da una modifica normativa
incidente sui minimi e massimi edittale che risulti più favorevole per l’imputato (in termini Sez.
4^ 13.3.2014 n. 27600, Buonocore).
6.1 Da quanto sopra esposto dovrebbe procedersi all’annullamento della sentenza
impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Firenze per una nuova
determinazione della pena nei confronti di entrambi i ricorrenti. E tanto basta a rendere il
ricorso non manifestamente infondato quanto alla misura della pena.
7. Osserva, però, il Collegio che, nelle more, il termine massimo prescrizionale previsto
per la nuova fattispecie autonoma delineata dall’art. 73/5 del D.P.R. 309/90, pari ad anni sette
e mesi sei è ormai trascorso (l’ultima condotta ascrivibile all’ARABI risale al 14 dicembre 2006,
mentre quella ascrivibile all’EDIRHOUSSI risale all’8 marzo 2007, giorno del suo arresto) senza
che siano intervenute cause di sospensione della prescrizione. Inoltre, con specifico riferimento
alla posizione dell’EDDIRHOUSSI, è stata disapplicata la recidiva contestata che avrebbe potuto
incidere diversamente sulla durata dei termini di prescrizione. Ne consegue la superfluità di un
annullamento con rinvio della sentenza impugnata, essendo già maturata una causa di
estinzione del reato che determina l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.

4

coincidente con il massimo) e, per quanto riguarda l’EDDIRHOUSSI, anni tre e mesi nove di

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti dei ricorrenti ARABI e
EDDIRHOUSSI per essersi i reati estinti per prescrizione.
Così deciso in Roma il 7 maggio 2015
Il Presidente

Il Consigliere estensore

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