Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9915 del 28/01/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 9915 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: LANZA LUIGI

SENTENZA
decidendo sui ricorsi proposti da Maisto Carmine, nato il giorno 18 gennaio
1974, e Iavarone Raffaele, nato il giorno 26 dicembre 1982, avverso
l’ordinanza 15-18 luglio 2013 del Tribunale del riesame di Salerno.
Visti gli atti, Il provvedimento impugnato ed il ricorso.
Udita la relazione fatta dal Consigliere Luigi Lanza.
Sentito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale
Aniello Roberto che ha concluso per il rigetto di entrambe le impugnazioni.
RITENUTO IN FATTO
1. Maisto Carmine e Iavarone Raffaele, ricorrono, a mezzo dei loro
difensori avverso l’ordinanza 15-18 luglio 2013 del Tribunale del riesame di
Salerno che in parziale riforma della ordinanza di custodia cautelare domiciliare
18 giugno 2011 del G.I.P. presso il Tribunale di Salerno.

Data Udienza: 28/01/2014

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2. Iavarone è stato ritenuto uno dei finanziatori dell’acquisto eseguito in
Romagna e conclusosi il 18 dicembre 2012, con il sequestro del carico di circa 26
kg. di hashish: ciò sulla scorta di un commento fatto tra il Corsini e la moglie,
captato in modalità ambientale in carcere, il 15 gennaio 2013, allorquando la
Petringola, relazionando al marito sull’andamento della comune impresa criminale,

per quel fatto là, 15.000 euro.
2.1. La Petringola riferiva, appunto, che aveva ceduto della droga al De
Simone Moreno ( è il capo Z 16) e che aveva guadagnato 2800 euro e che nel
complesso l’attività le andava bene e che il suo guadagno era di 7000 euro; di tale
somma, appunto, voleva cedere 2000 euro a Raffaele per consentirgli di
recuperare la perdita tanto che un caustico Corsini aveva modo di ribattere che a
lui non lo faceva recuperare nessuno, comunque, alla fine, riconoscendogli alla
fine 2000 euro.
2.2. La gravata ha considerato che tale “accenno”, che anche per la sua
collocazione, temporale a ridosso dell’episodio del sequestro fosse già di per sé
eloquente e da leggersi in relazione alle telefonate intercorse tra lavarone e
Corsini, antecedenti il viaggio del 18 dicembre laddove i due si davano
appuntamento al ritorno; telefonate che testimoniano l’interesse dello lavarone per
quel viaggio (interesse chiarito dalla captazione successiva) e, per altro verso,
consentono pure di identificare nello lavarone, il Raffaele evocato nel dialogo tra
Corsini e la Petringola.
2.3. Da ciò, per il Tribunale, la certezza che lavarone avesse concorso a
finanziare l’impresa del Corsini; altrimenti non sarebbe dato comprendere, in via
logica, perché i due coniugi avrebbero dovuto riconoscergli “il rientro di 2000
euro”, atteso che non erano certo animati da spirito filantropico.
3. Quanto al Maisto, si ipotizza che egli sia stato un tramite con il gruppo
di Bari, al quale pure era destinata parte della sostanza acquistata a Bologna,
nonché finanziatore dell’impresa.
3.1 Gli elementi utilizzati hanno tratto lo spunto dal commento fatto tra Raia
Donato e Carmine Maisto la sera del 18 dicembre poche ore dopo l’arresto

accennava al fatto che voleva aiutare Raffaele dal momento che egli aveva perso,

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dell’Avallone allorquando i due decidevano di rimandare la cena perché – gli riferiva
il Raia — quel cattivo pensiero che ti avevo detto in macchina si era verificato;
3.2. tale commento è stato interpretato, così dando una sistemazione
organica al materiale di prova riversato nel provvedimento, in relazione al passo di
una conversazione captata tra Corsini e la moglie in data 15.12013, in carcere,

mandato un messaggio attraverso la moglie ottenendo rassicurazioni sul
pagamento
4. Su tale materiale indiziario e sulle conformi verifiche di Polizia giudiziaria
si è concluso per la sussistenza della gravità indiziarla per la singola operazione
contemplata sub Z15, ma non per ritenere l’organicità dell’uno come dell’altro
all’associazione del Corsini dalla cui imputazione entrambi sono stati esclusi.
4.1. Caduta l’operatività della presunzione di cui all’art. 275 n. 3 c.p.p. (che
non ha impedito al gip di applicare la misura dei domiciliari), il Tribunale ha
ritenuto comunque inalterata l’esigenza di frenare le spinte alla recidiva
manifestate da entrambi, in ragione della natura dell’operazione alla quale hanno
partecipato, sicuramente sintomatica di una spiccata tendenza a delinquere, con la
conseguenza che l’uscita dall’area custodiate garantirebbe agli ndagati una libertà
di movimento incompatibile con le ragioni di tutela sociale: da ciò l’impossibilità di
attenuare la misura in atto.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La difesa dello Iavarone con un primo motivo di impugnazione deduce
inosservanza ed erronea applicazione della legge, nonché vizio di motivazione
sotto il profilo dell’avvenuta motivazione della misura, ex novo, da parte del
Tribunale del riesame a fronte di una giustificazione inesistente del G.I.P..
1.1. Con un secondo motivo si lamenta travisamento della prova nonché
violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla qualifica di “finanziatore”
attribuita al ricorrente e, comunque, alla individuazione dello Iavarone come
persona collegata alle condotte del capo Z15, attesa l’assoluta irrilevanza delle
telefonate intercettate e valorizzate per il giudizio di colpevolezza.
2. Il difensore di Maisto, propone tre motivi di ricorso.

allorquando la Petringola accennava al fatto che a Carmine (Maisto) aveva

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Con il primo ripropone negli stessi termini dell’impugnazione dello Iavarone
la nullità dell’ordinanza che ha sanato l’inesistente motivazione del G.I.P..
2.2. Col secondo motivo si prospetta violazione di legge e vizio di
motivazione in relazione all’art.273 comma 1 e segg. cod. proc. pen. essendo del
tutto congetturale la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza per l’addebito del

neutre ed irrilevanti in ordine alla condotta del 18 dicembre 2012.
2.3. Con un terzo motivo si prospetta violazione di legge e vizio di
motivazione con riferimento ai disposti dell’art. 274 cod. proc. pen. ed alla
adeguatezza della misura in atto.
3. Tanto premesso, ritiene la Corte che nessuno degli anzidetti motivi
meriti accoglimento.
3.1. Innanzitutto infondati appaiono i primi due motivi di doglianza dei
ricorsi di Iavarone e Maisto.
Il Tribunale, in proposito, dopo aver convenuto con i difensori circa
“l’assenza complessiva di un vero e proprio percorso motivazionale riconducibile
alla primo giudice della cautela, ha rilevato che la tecnica motivazionale, alquanto
sbrigativa, non è solo discutibile, ma è nulla anche perché l’ordinanza, per il resto,
riporta, verosimilmente attraverso la “tecnica del copia è incolla informatico”,
alcuni passaggi della richiesta del pubblico ministero (a sua volta mutuata
dall’informativa di reato) e, nella parte introduttiva, espone una serie di massime
giurisprudenziali in tema di associazione a delinquere finalizzata allo spaccio e di
utilizzabilità delle intercettazioni, buone per ogni situazione;
3.2. Su tali premesse, l’ordinanza impugnata, aderendo ad un orientamento
giurisprudenziale anche recente (si citano: Cass.pen. 15416/2011 e 6322/2007),
ha stabilito che, pur in caso di rilevata nullità, il tribunale del riesame possa e
debba esercitare

il potere di integrazione/surrogazione dell’apparato

argomentativo, normativamente impostogli ex art. 309,

comma 9, c.p.p.,

esprimendo per la prima volta le ragioni giustificative della misura cautelare
adottata; in particolare il Tribunale del riesame ha spiegato di essersi uniformato a
tale interpretazione «anche in un’ottica di salvezza del provvedimento e nel
rispetto delle ragioni di tutela sociale » .

capo Z15, dedotta da due captazioni, una telefonica e l’altra ambientale, definite

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3.3. Così risolto il problema della motivazione, il Tribunale ha quindi
rigettato il riesame avverso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere del G.I.P.
integrando o redigendo parzialmente ex novo l’ordinanza genetica.
4. Preliminarmente ritiene il Collegio, pur non ignorando la recente
decisione di questa stessa sezione (c.c. 24 maggio 2012, dep. 02 luglio 2012, n.

riesame, di integrazione delle insufficienze motivazionali del provvedimento
impugnato non opera, oltre che nel caso di carenza grafica, anche quando
l’apparato argomentativo, nel recepire integralmente il contenuto di altro atto del
procedimento, o nel rinviare a questo, si sia limitato all’impiego di mere clausole
di stile o all’uso di frasi apodittiche, senza dare contezza alcuna delle ragioni per
cui abbia fatto proprio il contenuto dell’atto recepito o richiamato o comunque lo
abbia considerato coerente rispetto alle sue decisioni), che debba essere
evidenziato che la fattispecie in allora decisa riguardava una ordinanza applicativa
di misura coercitiva personale, costituita dalla copia di parti di motivazioni di
ordinanze emesse nell’ambito di differenti vicende giudiziarie e dall’integrale
contenuto della richiesta del pubblico ministero, senza che si fosse neppure
provveduto alle modifiche formali rese necessarie dal mutamento del tipo di atto
e dell’autorità procedente.
4.1. Situazione ben diversa da quella oggi da esaminare nella quale
l’ordinanza di custodia cautelare in carcere del G.I.P., pur nella stringatezza delle
giustificazioni, ha fatto uso di alcuni opportuni accorgimenti nel senso che:
a) ha esposto, non solo trascrivendolo ma selezionandolo utilmente, il
materiale -rilevante e funzionale- ai fini della formulazione del giudizio di gravità
indiziaria;
b) ha accompagnato ad esso, come strumento di conforme interpretazione,
brani adesivi e commentati delle indagini di Polizia giudiziaria;
c) ha correlato gli esiti delle intercettazioni ed il loro ragionevole tenore,
interpretato unitariamente, con le altre sinergiche emergenze processuali;
d) ha operato, per le parti non oggetto di uno specifico approfondimento,
una valutazione sintetica che risulta incompatibile con la negazione della grave
realtà indiziaria ritenuta.

25631, Piscopo ed altri, Rv. 254161, secondo cui il potere dovere del tribunale del

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4.2. In tale quadro e nella specie, appare quindi corretto il potere di
integrazione e/o di surroga esercitato nell’ordinanza gravata ( cfr.: cass. pen. sez.
2, 7967/2012 Rv. 252222, Sez. 6, 8590/2006 Rv. 233499 Pupuleku; massime
conformi dal 1996 al 2004: 2950/1996 Rv. 206213; 4325/1996 Rv. 206494,
5502/1996 Rv. 203777, 5560/1996 Rv. 204041, 4753/1998 Rv.

22636, 36611/2003 Rv. 226028, 35993/2004 Rv. 229763), senza aderire al più
radicale orientamento giurisprudenziale il quale nega al tribunale del riesame,
laddove si ravvisi difetto di motivazione, il potere di annullare il provvedimento
cautelare impugnato -dovendosi attribuire al solo giudice di legittimità il potere di
pronunciare il relativo annullamento per tale vizio- con la naturale conseguenza di
ritenere doverosa e corretta l’azione del Tribunale di “provvedere integrativamente
ad un’autonoma valutazione del quadro indiziario già conosciuto dal giudice delle
indagini preliminari”,
4.3. Invero la ricezione integrale del contenuto della richiesta del P.M.
nell’ordinanza del G.I.P., laddove avvenuto, non implica di per sè la nullità di
questa, quando risulti che il giudice abbia comunque esercitato un vaglio critico
oppure, come nella specie, quando non emerga che il giudice abbia recepito del
tutto acriticamente l’atto incorporato (Cfr in termini: Sez. IV, n. 4181/2008,
Benincasa, Rv. 238674; Sez. II, n. 39383/2008, D’Amore e altro, Rv. 241868, la
quale ha affermato che “in caso di ritrascrizione integrale dei contenuti dell’atto di
riferimento” deve ritenersi effettuato un vaglio consapevole del giudice sul
contenuto del provvedimento di riferimento; Sez. II, n. 6966/2011 P.M. in proc.
Giampapa e altro, Rv. 249681; Sez. II, n. 13385/2011, Soldano, Rv. 249682; Sez.
I, n. 14830/2012, P.M. in proc. Faye, Rv. 252274.).
4.5. Il primo motivo di entrambi i ricorrenti va quindi rigettato.
5. Con il secondo motivo, entrambi gli indagati lamentano violazione di
legge e vizio di motivazione in punto di affermazione dei gravi indizi di
colpevolezza.
Le doglianze non hanno pregio laddove le si confronti con la diffusa ed
articolata motivazione del Tribunale il quale ha dato ragionevole conto di tutti gli

211887, 11466/2001 Rv. 218752, 15729/2002 Rv. 21297, 35080/2002 Rv.

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elementi idonei a concretizzare nella specie i gravi indizi di colpevolezza in
relazione alle accuse prospettate.
5.1. E’ invero noto, per ciò che attiene alla dedotta insussistenza dei gravi
indizi di colpevolezza, sostenuta nella specie con argomentazioni che tendono a
contestare la idoneità e la coerenza del tessuto motivazionale su cui si fonda

legittimità sulla giustificazione del provvedimento impugnato è limitato alla mera
verifica di un coerente e logico apparato argomentativo, nella specie ampiamente
sufficiente.
5.2. Ne deriva che il vizio logico della motivazione, anche sotto il profilo del
travisamento del fatto, deve essere riscontrato e specificamente individuato tra
le diverse proposizioni contenute nel testo della motivazione stessa, senza alcuna
possibilità di ricorrere al controllo delle risultanze processuali, essendo impedito al
giudice della legittimità compiere una “rilettura” degli elementi di fatto posti a
fondamento della decisione , per sovrapporre la propria valutazione in ordine alla
affidabilità delle fonti di prova e la propria interpretazione delle risultanze
processuali (cfr. ex plurimis: cass. pen. sez. 5, 46124/2008 Rv. 241997; cass.
pen. sez. 2, 42851/2002 Rv. 223411).
5.3. Nella specie, infatti, il Tribunale del riesame ha analiticamente preso in
considerazione le diverse circostanze ascritte in via di accusa ad entrambi gli
indagati ritenendo in proposito ragionevolmente realizzate le condizioni oggettive
e soggettive per l’assunta misura cautelare personale.
5.4. Anche il secondo motivo va quindi rigettato per entrambi i ricorrenti .
6. Del pan da rigettare è il terzo motivo del Maisto in punto di affermata
sussistenza delle esigenze cautelari, considerata la diffusa motivazione della
gravata ordinanza la quale ha fatto ragionevole ed incensurabile riferimento alla
esigenza di frenare le spinte alla ripetizione dell’illecito, avuto riguardo alla natura
dell’operazione realizzata sintomatica di una spiccata propensione all’illecito non
contenibile se non con la misura cautelare in atto.
7. In conclusione, verificata la tenuta logica e la coerenza strutturale del
provvedimento impugnato, tutti i ricorsi risultano infondati e le parti proponenti

l’ordinanza impugnata, che, in tema di difetto di motivazione, il sindacato di

vanno condannate ex art. 616 cpp al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti, ciascuno, al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso in Roma il giorno 28 gennaio 2014.

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