Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9913 del 28/01/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 9913 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: VILLONI ORLANDO

SENTENZA
sul ricorso proposto dal
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli nel procedimento a carico
di Cosentino Nicola
avverso l’ordinanza n. 5283/13 Tribunale di Napoli, Sezione per il Riesame del 19/07/2013
esaminati gli atti e letti il ricorso ed il provvedimento decisorio impugnato;
udito il pubblico ministero in persona del sostituto P.G., dott. Roberto Aniello che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udita in camera di consiglio la relazione del consigliere dott. Orlando Villoni;
udito il difensore dell’indagato, Avv. Agostino De Caro che ha concluso per il rigetto del ricorso

RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza sopra indicata il Tribunale di Napoli, sezione per il Riesame, decidendo in
sede di rinvio a seguito di duplice annullamento disposto da questa Corte di Cassazione con
sentenze del 3 aprile 2012 e del 24 maggio 2013, annullava per insussistenza di gravi indizi di
colpevolezza l’ordinanza emessa dal GIP distrettuale in data 28/11/2011 limitatamente al capo
P) della contestazione provvisoria formulata nei confronti di Nicola Cosentino e concernente i
reati di falso ideologico continuato in atto pubblico (artt. 81 cpv., 476 comma 2, 479 cod.
pen.), abuso d’ufficio (art. 323 cod. pen.) e corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio
(artt. 319, 321 cod. pen.) aggravati ai sensi dell’art. 7 legge n. 203 del 1991.
Conformandosi al principio di diritto delineato nelle pronunzie di legittimità, il Tribunale rilevava come a carico dell’indagato non fossero emersi indizi concreti atti a definire il contributo
causale specifico da lui fornito alle condotte illecite ascritte a vari funzionari e dirigenti dell’Ufficio Tecnico Comunale del Comune di Casale di Principe (Ce), al di là degli elementi investigativi riferiti al ruolo di referente politico dei pubblici ufficiali rivestito dall’indagato ed all’apporto

Data Udienza: 28/01/2014

che egli avrebbe prestato per la stabilizzazione degli stessi funzionari nei rispettivi incarichi da
parte del commissario prefettizio nominato a capo del Comune casertano.

Deduce, infatti, il ricorrente che il Tribunale non avrebbe adeguatamente valutato i nuovi elementi costituiti dalle dichiarazioni rese da Cacciapuoti Mario, Cantiello Arturo e Ferraro Nicola
relative alla consapevole ingerenza del Cosentino nella vicenda della realizzazione del centro
commerciale che aveva fornito occasione per la consumazione dei numerosi reati contestati ai
funzionari dell’UTC di Casale di Principe; in particolare, censurava la mancata considerazione di
quelle dichiarazioni che avevano delineato a sufficienza il peso ed il ruolo che Cosentino esercitava anche sulla Prefettura di Caserta, da cui dipendeva l’iter amministrativo che avrebbe dovuto condurre alla conferma del dirigente Cacciapuoti.
Aggiunge, altresì, il ricorrente che affermando l’impossibilità di ricostruire il grado di consapevolezza dell’indagato circa la finalizzazione del suo intervento nella conferma del Cacciapuoti a
consentire gli illeciti penali necessari alla costruzione del centro commerciale, il Tribunale aveva violato il canone di rinvio della sentenza di legittimità, la quale non aveva posto in discussione il grado di consapevolezza del suo agire ma la sussistenza stessa dell’intervento; in tal
modo, i giudici del riesame avevano anche omesso di confrontarsi con altri aspetti della vicenda corruttiva, quali l’esatta portata dei rapporti intercorsi tra i protagonisti e la rilevanza delle
dichiarazioni rese da vari collaboratori di giustizia sul ruolo svolto dal Cosentino per risolvere i
problemi amministrativi e finanziari del centro commerciale.
Il Tribunale avrebbe, in definitiva, valutato in maniera parcellizzata le risultanze dell’indagine,
non considerando ad es. l’acclarato apporto fornito dall’indagato nel reperimento degli strumenti finanziari necessari per la realizzazione del centro commerciale, così come non si sarebbe confrontato con il tema del dolo generico del delitto di corruzione, incorrendo dunque in vizi
logici che impongono l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Si sarebbe, infine, determinato un vero e proprio travisamento della prova, dal momento che il
Tribunale non aveva considerato gli aspetti di novità contenuti nelle dichiarazioni rese dai testimoni assistiti Cantiello, Cacciapuoti e Ferraro, riguardanti il rilevante peso politico e la pesante
influenza esercitata dal Cosentino sul Comune di Casale di Principe, sull’ambito politico locale e
sulle pubbliche istituzioni tra cui la Prefettura di Caserta, con il cui vertice (prefetto d.ssa Stasi)
l’indagato aveva instaurato un rapporto preferenziale, tale da inserirla nella lista del proprio
partito nel collegio Campania 2 e farla così eleggere alla Camera dei Deputati.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è manifestamente infondato e come tale deve essere dichiarato inammissibile.
Nel conformarsi all’ultima delle sentenze di annullamento con rinvio pronunziate da questa
Corte di legittimità in data 24 maggio 2013, il Tribunale del riesame di Napoli ha annullato in
l’ordinanza cautelare emessa dal GIP distrettuale in data 28/11/2011 limitatamente ad un episodio delittuoso contestato Nicola Cosentino al capo P) e concernente i reati di sopra indicati
ascrittigli in concorso a funzionari e dirigenti dell’Ufficio Tecnico Comunale di Casale di Principe
(Ce), in occasione della realizzazione di un importante intervento edilizio avente ad oggetto un
centro commerciale ubicato nel territorio del Comune campano.
Vale subito rilevare, rinviando all’esposizione dei termini fattuali della vicenda sopra delineata,
come nel caso di specie non vengano in discussione i legami esistenti tra l’indagato e ambienti
politico – affaristici o dichiaratamente malavitosi del territorio di riferimento, posto che, proprio
a motivo dell’acclarata sussistenza di questi, egli ha subito un periodo di custodia cautelare in
carcere in ordine ad altri e più gravi reati provvisoriamente contestatigli.

2. Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli deducendo carenza ed insufficienza della motivazione, violazione del canone di
rinvio ed omessa valutazione di prove ed atti processuali nuovi.

Ai fini del presente ricorso rilevano, invece, unicamente i rapporti tra il Cosentino ed i pubblici
dipendenti dell’Ufficio Tecnico Comunale di Casale di Principe, con i quali pure sono emersi forti
e consolidati legami di natura politico – amministrativa.

Le nuove prove che asseritamente dimostrerebbero tale tesi si rivelano, tuttavia, chiaramente
riferite alla ricordata influenza su importanti uffici della pubblica amministrazione nonché sulle
istituzioni finanziarie che il Cosentino avrebbe svolto anche in funzione della carica istituzionale all’epoca ricoperta di Sottosegretario al Ministero dell’Economia, ma nulla aggiungono ai fini
del quadro di gravità indiziarla riferito ai reati configurati al capo P) dell’ordinanza cautelare,
correttamente escluso dal Tribunale per assenza di elementi concreti relativi allo specifico
contributo causale che l’indagato avrebbe fornito nella loro realizzazione.
Del resto, anche sul piano della comune esperienza, l’adoperarsi da parte di un soggetto fornito di attribuzioni politiche e/o istituzionali per favorire la permanenza in carica di un pubblico
dipendente dotato di competenze amministrative, non implica di per sé la necessaria compartecipazione nei reati di cui eventualmente quel dipendente abbia a rendersi responsabile, tranne che non si acquisiscano concreti indizi dell’esistenza di forme di istigazione e/o di vero e
proprio concorso nella consumazione dei reati da parte del primo, condizione necessaria per
stabilire che la mera consapevolezza della consumazione dei reati sia trasmodata e divenuta
rilevante ai fini e per gli effetti dell’art. 110 cod. pen.
Quando i giudici del riesame affermano che non è ricostruibile il grado di consapevolezza da
parte dell’indagato della finalizzazione del proprio intervento – sulla Prefettura di Caserta in
favore della stabilizzazione nell’incarico del capo dell’Ufficio Tecnico, Cacciapuoti (peraltro poi
non avvenuta) – a consentire gli atti, anche illegali, necessari alla costruzione del Centro Commerciale, intendono riferirsi precisamente a tale aspetto e versa in errore il ricorrente quando
ritiene che la prova, a suo dire invece sussistente, di detta finalizzazione integri ipso facto la
prova del dolo dei reati contestati.
Come, del resto, si desume dalla mera lettura dell’art. 43 cod. pen., ferme restando le ipotesi
di concorso (art. 110 cod. pen.), non basta a configurare il dolo del reato la mera previsione e
volizione dell’evento dannoso o pericoloso previsto dalla legge, ma occorre che a quella previsione e a quella volizione facciano seguito l’azione o l’omissione da cui la legge stessa fa dipendere l’esistenza del delitto ovvero la sua condotta tipica ed è altrettanto evidente come questa
debba essere attuata dallo stesso agente e non da terzi, in forza del principio di personalità
della responsabilità penale (art. 27 Cost.).
Ferma sempre restando la punibilità a titolo di concorso, che deve essere debitamente provata,
la mera condotta di attivarsi per realizzare le condizioni di fatto e di diritto favorevoli alla possibilità, anche ragionevolmente prevista o addirittura auspicata, che altri ponga in essere uno o
più reati di cui il soggetto si sia fatta una rappresentazione meramente generica, non equivale
a commettere i reati medesimi.
Deve in definitiva affermarsi come, con la decisione impugnata, il Tribunale partenopeo si sia
pienamente adeguato al principio di diritto affermato da questa Corte regolatrice e come i dedotti vizi motivazionali siano palesemente insussistenti.

4. Alla dichiarazione d’inammissibilità non consegue condanna alle spese, attesa la natura di
parte pubblica del ricorrente (art. 592, comma 1 cod. proc. pen.).

P. Q. M.

Reputa il PM ricorrente che l’aver provato l’esistenza di detti legami, nonché l’interessamento
del Cosentino presso la Prefettura di Caserta – che all’epoca dei fatti reggeva il Comune di Casale di Principe attraverso un Commissario Prefettizio, costituente pertanto il diretto superiore
dei funzionari dell’ufficio edilizio – ai fini della conferma di uno di essi (Cacciapuoti) o ancora il
diretto coinvolgimento dell’indagato nel reperimento dei mezzi finanziari per l’edificazione del
centro commerciale, implichi automaticamente la sua compartecipazione nei reati propri contestati ai pubblici dipendenti.

dichiara inammissibile il ricorso.

Roma, 28/011/2014

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