Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9912 del 28/01/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 9912 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: LANZA LUIGI

SENTENZA
decidendo sul ricorso proposto da Di Giacomo Antonio, nato il giorno 15
gennaio 1960, avverso l’ordinanza 13-15 luglio 2013 del Tribunale del
riesame di Salerno.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso.
Udita la relazione fatta dal Consigliere Luigi Lanza.
Sentito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore
Generale Roberto Aniello che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Di Giacomo Antonio, ricorre, a mezzo del suo difensore, avverso
l’ordinanza 13-15 luglio 2013 del Tribunale di Salerno, che ha rigettato il
riesame contro l’ordinanza di custodia cautelare in carcere 18 giugno 2011
del G.I.P. presso il Tribunale di Salerno.

Data Udienza: 28/01/2014

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Di Giacomo risponde, oltre che del capo associativo (si ipotizza la sua
qualità di corriere e custode della droga dell’associazione ex art. 74 d.p.r.
309/90 retta da Corsini Ugo), anche dei reati-satellite Z1, Z3, Z9, Z12.
2. La difesa ha eccepito in prime cure la nullità dell’ordinanza di

tale da far comprendere che il giudice non avesse esercitato alcun vaglio
critico sì da rimettere la decisione all’organo dell’accusa.
3.

Il Tribunale ha condiviso l’asserzione difensiva sull’assenza

complessiva di un vero e proprio percorso motivazionale riconducibile al
primo giudice della cautela, testualmente rilevando:
a) che il G.I.P., per ogni capo d’imputazione satellite, tranne che per il
capo Z12, laddove considera che la prova si fondi sulla natura degli incontri
(brevi e frequenti e senza ostensione di alcuna valida ragione alternativa a
quella ipotizzata dall’accusa), si è limitato a selezionare ed a proporre i
brogliacci dei contatti telefonici o dei passi delle informative senza alcuna
aggiunta motivazionale sul perché li abbia ritenuti salienti e significativi;
b) che quelle riproduzioni sembrano avvenire in modo indistinto e del
tutto casuale come nella vicenda dell’arresto del Furrio allorquando la
responsabilità del Di Giacomo sembra essere rimessa ad una semplice
telefonata da costui compiuta, successivamente all’arresto stesso, per
informarsi con il Ciaglia sull’accaduto, omettendo di riportare i ben più
significativi contatti precedenti tra il Fumo e l’indagato in esame ed il servizio
di o.c.p. che aveva notato il primo recarsi a casa dell’altro, poco prima di
ridiscenderne e di essere fermato con la droga in auto;
c) che nella vicenda non è neppure sostenibile, accedendo ad un’ottica
salvifica, che una siffatta tecnica motivazionale sia sorretta, a monte, da un
criterio consapevole di selezione del materiale ispirato alla presunzione di
auto evidenza (in claris non fit interpretatio);
d) che pertanto simile tecnica motivazionale, alquanto sbrigativa, non
è solo discutibile, come può ritenersi nel caso del capo Z12, in ragione del
breve commento al materiale riprodotto, ma, come negli altri casi sopra

custodia cautelare in carcere in quanto motivata in modo solo apparente e

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esaminati, è nulla anche perché l’ordinanza, per il resto, riporta,
verosimilmente attraverso la “tecnica del copia è incolla informatico”, alcuni
passaggi della richiesta del pubblico ministero (a sua volta mutuata
dall’informativa di reato) e, nella parte introduttiva, espone una serie di

spaccio e di utilizzabilità delle intercettazioni, buone per ogni situazione;
e) che, in conclusione il G.I.P., esclusa la richiamata eccezione del
capo Z12, non ha assolto all’onere di cui all’art. 292 n. 2 c.p.p. perché non ci
si può spingere fino a sostenere che la mera riproduzione dei brogliacci o dei
passaggi delle informative, ricorrendo alla solita tecnica del copia e incolla,
possa valere alla stregua di una motivazione, quantunque abborracciata,
allorquando alle stesse non seguono neppure scarne parole di commento che
non siano improntate a formule di sule e tendenzialmente apodittiche (come
a margine del capo ZI allorquando è aggiunta laconicamente la seguente
frase stereotipata: gli appuntamenti ed i contatti illustrati che precedono
assumono significato indiziarlo alla luce del contesto generale di riferimento).
4.

Su tali premesse, l’ordinanza impugnata, aderendo ad

un

Cass.pen.

orientamento giurisprudenziale anche recente (si citano:

15416/2011 e 6322/2007), ha stabilito che, pur in caso di rilevata nullità, il
tribunale del riesame possa e debba esercitare

il potere di

integrazione/surrogazione dell’apparato argomentativo, normativamente
impostogli ex art. 309, comma 9, c.p.p., esprimendo per la prima volta le
ragioni giustificative della misura cautelare adottata; in particolare il
Tribunale del riesame ha spiegato di essersi uniformato a tale interpretazione
«anche in un’ottica di salvezza del provvedimento e nel rispetto delle ragioni
di tutela sociale » .
5.

Risolto il problema della motivazione, il Tribunale

ha quindi

rigettato il riesame avverso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere del
G.I.P.

relativamente all’accusata associativa ed ai capiZ 1, 1.3, 29 e 212

integrando o redigendo parzialmente ex novo l’ordinanza genetica.

massime giurisprudenziali in tema di associazione a delinquere finalizzata allo

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CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La difesa del ricorrente, con un primo motivo di impugnazione
deduce inosservanza ed erronea applicazione della legge, sotto il profilo
dell’affermato potere di integrazione del Tribunale del riesame, pur a fronte

riconducibile al primo giudice della cautela», potere di surroga radicale che
risulta giustificato testualmente «per ragioni di salvezza del provvedimento
e nel rispetto delle ragioni di tutela sociale», con una scelta che peraltro
dimentica i diritti individuali di libertà e di difesa e la garanzia della
giurisdizione.
1.1. Sulla impossibilità da parte del Tribunale del riesame di sanare il
vizio invalidante, non ricorrendo neppure la residua ipotesi di una “ipomotivazione”, si chiede quindi l’annullamento con rinvio dell’ordinanza
impugnata.
2. Con un secondo motivo si lamenta violazione di legge e vizio di
motivazione in punto di affermazione dei gravi indizi di colpevolezza per il
reato associativo, quale custode e corriere dello stupefacente, considerato
che non si è data motivazione sulla composizione del gruppo, sulla
peculiarità del ruolo del ricorrente (“manutengolo”), sulla conoscenza degli
altri partecipi, sulla stabilità del vincolo, sulla coscienza e la volontà di far
parte del sodalizio agli effetti di contribuire al suo illecito sviluppo.
3. Con un terzo motivo si prospetta vizio di motivazione sulla
sussistenza delle esigenze cautelari ed alla esclusiva adeguatezza della
misura in atto. In particolare si contesta il valore negativo attribuito
all’esercizio della facoltà di non rispondere (art.64.3 lettera b) cod. proc.
pen. in relazione agli artt. 208 e 503 C.P.P.).
4. Nessuno dei tre motivi merita accoglimento.
4.1. Preliminarmente ritiene il Collegio, pur non ignorando la recente
decisione di questa stessa sezione (c.c. 24 maggio 2012, dep. 02 luglio
2012, n. 25631, Piscopo ed altri, Rv. 254161, secondo cui il potere dovere
del tribunale del riesame, di integrazione delle insufficienze motivazionali del

«dell’assenza complessiva di un vero e proprio percorso motivazionale,

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provvedimento impugnato non opera, oltre che nel caso di carenza grafica,
anche quando l’apparato argomentativo, nel recepire integralmente il
contenuto di altro atto del procedimento, o nel rinviare a questo, si sia
limitato all’impiego di mere clausole di stile o all’uso di frasi apodittiche,

contenuto dell’atto recepito o richiamato o comunque lo abbia considerato
coerente rispetto alle sue decisioni), che debba essere evidenziato che la
fattispecie in allora decisa riguardava una ordinanza applicativa di misura
coercitiva personale, costituita dalla copia di parti di motivazioni di
ordinanze emesse nell’ambito di differenti vicende giudiziarie e dall’integrale
contenuto della richiesta del pubblico ministero, senza che si fosse neppure
provveduto alle modifiche formali rese necessarie dal mutamento del tipo di
atto e dell’autorità procedente.
4.2. Situazione ben diversa da quella oggi da esaminare nella quale
l’ordinanza di custodia cautelare in carcere del G.I.P., pur nella stringatezza
delle giustificazioni (il Tribunale del riesame ha accennato anche ad una
“ipomotivazione”) ha fatto uso di alcuni opportuni accorgimenti nel senso
che:
a) ha esposto, non solo trascrivendolo ma selezionandolo utilmente, il
materiale -rilevante e funzionale- ai fini della formulazione del giudizio di
gravità indiziaria;
b)

ha accompagnato ad esso, come strumento di conforme

interpretazione, brani adesivi e commentati delle indagini di Polizia
giudiziaria;
c) ha correlato gli esiti delle intercettazioni ed il loro ragionevole
tenore, interpretato unitariamente, con le altre sinergiche emergenze
processuali;
d)

ha operato, per le parti non oggetto di uno specifico

approfondimento, una valutazione sintetica che risulta incompatibile con la
negazione della grave realtà indiziaria ritenuta.

senza dare contezza alcuna delle ragioni per cui abbia fatto proprio il

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4.3. In tale quadro e nella specie, appare quindi corretto il potere di
integrazione e/o di surroga esercitato nell’ordinanza gravata ( cfr.: cass. pen.
sez. 2, 7967/2012 Rv. 252222, Sez. 6, 8590/2006 Rv. 233499 Pupuleku;
massime conformi dal 1996 al 2004: 2950/1996 Rv. 206213; 4325/1996 Rv.
5502/1996 Rv. 203777, 5560/1996 Rv. 204041, 4753/1998 Rv.

211887, 11466/2001 Rv.

218752, 15729/2002 Rv.

21297, 35080/2002 Rv.

22636, 36611/2003 Rv. 226028, 35993/2004 Rv. 229763), senza aderire al
più radicale orientamento giurisprudenziale il quale nega al tribunale del
riesame, laddove si ravvisi difetto di motivazione, il potere di annullare il
provvedimento cautelare impugnato -dovendosi attribuire al solo giudice di
legittimità il potere di pronunciare il relativo annullamento per tale vizio- con
la naturale conseguenza di ritenere doverosa e corretta l’azione del Tribunale
di “provvedere integrativamente ad un’autonoma valutazione del quadro
indiziario già conosciuto dal giudice delle indagini preliminari”,
4.4. Invero la ricezione integrale del contenuto della richiesta del P.M.
nell’ordinanza del G.I.P., laddove avvenuto, non implica di per sè la nullità di
questa, quando risulti che il giudice abbia comunque esercitato un vaglio
critico oppure, come nella specie, quando non emerga che il giudice abbia
recepito del tutto acriticamente l’atto incorporato (cfr in termini: Sez. IV, n.
4181/2008, Benincasa, Rv. 238674; Sez. II, n. 39383/2008, D’Amore e altro,
Rv. 241868, la quale ha affermato che “in caso di ritrascrizione integrale dei
contenuti dell’atto di riferimento” deve ritenersi effettuato un vaglio
consapevole del giudice sul contenuto del provvedimento di riferimento; Sez.
II, n. 6966/2011 P.M. in proc. Giampapa e altro, Rv. 249681; Sez. II, n.
13385/2011, Soldano, Rv. 249682; Sez. I, n. 14830/2012, P.M. in proc.
Faye, Rv. 252274.).
4.5. Il primo motivo di impugnazione va quindi rigettato.
5. Con il secondo motivo, come già anticipato, si lamenta violazione
di legge e vizio di motivazione in punto di affermazione dei gravi indizi di
colpevolezza per il reato associativo, quale custode e corriere dello
stupefacente, considerato che non si è data motivazione sulla composizione

206494,

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del gruppo, sulla peculiarità del ruolo del ricorrente (manutengolo”), sulla
conoscenza degli altri partecipi, sulla stabilità del vincolo, sulla coscienza e
la volontà di far parte del sodalizio agli effetti di contribuire al suo illecito
sviluppo.

articolata motivazione del Tribunale il quale ha dato ragionevole conto di
tutti gli elementi idonei a concretizzare nella specie i gravi indizi di
colpevolezza in relazione alle accuse prospettate.
5.2. E’ invero noto, per ciò che attiene alla dedotta insussistenza dei
gravi indizi di colpevolezza, sostenuta nella specie con argomentazioni che
tendono a contestare la idoneità e la coerenza del tessuto motivazionale su
cui si fonda l’ordinanza impugnata, che, in tema di difetto di motivazione, il
sindacato di legittimità sulla giustificazione del provvedimento impugnato è
limitato alla mera verifica di un coerente e logico apparato argomentativo,
nella specie ampiamente sufficiente.
5.3. Ne deriva che il vizio logico della motivazione, anche sotto il
profilo del travisamento del fatto, deve essere riscontrato e specificamente
individuato tra le diverse proposizioni contenute nel testo della motivazione
stessa, senza alcuna possibilità di ricorrere al controllo delle risultanze
processuali, essendo impedito al giudice della legittimità compiere una
“rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione , per
sovrapporre la propria valutazione in ordine alla affidabilità delle fonti di
prova e la propria interpretazione delle risultanze processuali (cfr. ex
plurimis: cass. pen. sez. 5, 46124/2008 Rv. 241997; cass. pen. sez. 2,
42851/2002 Rv. 223411).
5.4. Nella specie, infatti, il Tribunale del riesame ha analiticamente
preso in considerazione le diverse circostanze ascritte in via di accusa
all’indagato ritenendo in proposito ragionevolmente realizzate le condizioni
oggettive e soggettive per l’assunta misura cautelare personale.
5.5. Anche il secondo motivo va quindi rigettato.

5.1. Il motivo non ha pregio laddove lo si confronti con la diffusa ed

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6. Con il terzo motivo si prospetta vizio di motivazione sulla
sussistenza delle esigenze cautelari, contestandosi tra l’altro il valore
negativo attribuito all’esercizio della facoltà di non rispondere (art.64.3
lettera b) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 208 e 503 C.P.P.).
stato scorrettamente utilizzato da parte della gravata ordinanza, ai fini del
giudizio di pericolosità, l’avvenuto esercizio della facoltà dì non rispondere
6.2. Giova in proposito comunque ricordare che in tema di misure
cautelari personali, l’esercizio, da parte dell’indagato della facoltà di non
rispondere o di non collaborare, non consente di desumere alcuna prognosi
sfavorevole in ordine al pericolo di commissione di altri reati, o altra
conseguenza negativa diversa dall’impossibilità di accedere ad eventuali
benefici che possono legittimamente derivare dalla collaborazione (cass.
pen. sez. 6, 38139/2008 Rv. 241321).
6.3. Nella specie peraltro, e questo salva la decisione da un
annullamento con rinvio sul punto, tale considerazione è stata utilizzata,
dall’estensore del provvedimento, “ad abundantiam”, come è rilevabile in
modo manifesto dalla locuzione usata in premessa a tale valutazione: «…Per
di più l’indagato, che si è avvalso della facoltà di non rispondere..» e dalla
consistente validità degli altri elementi soppesati ai fini del giudizio.
7. In conclusione, il ricorso risulta infondato, valutata la conformità del
provvedimento alle norme stabilite, nonché apprezzata la tenuta logica e
coerenza strutturale della giustificazione che è stata formulata. Manda alla
Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94.1 ter disp. att. C.P.P..

6.1. Pure tale ultimo motivo è infondato, pur rilevandosi come sia

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P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94.1
ter disp. att. C.P.P..

onsigliere estensore

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osì deciso in Roma il giorno 28 gennaio 2014

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