Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 991 del 18/07/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 991 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: CIAMPI FRANCESCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da :
AUCI MARCELLA N. IL 26.03.1983
Avverso la ordinanza del GIP presso il TRIBUNALE DI IVREA DEL 19.12.2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. FRANCESCO MARIA CIAMPI, viste le
conclusioni del PG in persona della dott.ssa Elisabetta Cesqui che ha chiesto l’annullamento
senza rinvio
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 19 dicembre 2011, il GIP presso il Tribunale di Ivrea rigettava
l’istanza proposta nell’interesse di Auci Marcella volta ad ottenere la rimessione in
termini ex artt. 426 e 175 comma 2 c.p.p. per proporre opposizione avverso il decreto
penale di condanna n. 405 del 2011.
2. Avverso tale decisione proponeva ricorso a mezzo del proprio difensore l’Auci deducendo
la violazione di legge per non essere venuta ad effettiva tempestiva conoscenza
dell’impugnando provvedimento, nonché la mancanza, contraddittorietà o illogicità della
motivazione
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è fondato.
L’impugnato provvedimento ha motivato il rigetto dell’istanza rilevando che la notifica
del decreto penale (in data 2 settembre 2011) è stata regolarmente effettuata presso il
difensore d’ufficio ex art. 161 comma 1 c.p.p., luogo ove l’imputata aveva eletto
domicilio e che nel verbale di elezione di domicilio del 3 ottobre 2010 risultano indicate
le generalità del detto difensore d’ufficio (avv. Benedino Daniela), nonché l’indirizzo
dello studio ed il numero di telefono.
Come precisato da questa Corte la nuova disciplina introdotta dalla L. 22 aprile 2005, n.
60, di conversione del D.L. 21 febbraio 2005, n. 17, che ha modificato, tra l’altro, l’art.

Data Udienza: 18/07/2013

175 c.p.p. riconosce al contumace o al destinatario di un decreto penale il diritto alla
restituzione nel termine rispettivamente per impugnare o per proporre opposizione,
salvo che lo stesso abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento o del
provvedimento e abbia volontariamente rinunciato a comparire ovvero a proporre
impugnazione o opposizione (art. 175 c.p.p., comma 2). Esso è preordinato a porre
riparo alla mancata effettiva conoscenza del provvedimento da parte dell’imputato,
qualora essa non sia il risultato di un comportamento doloso e volontario, la cui
eventuale sussistenza deve essere congruamente motivata dal giudice (Cass. Sez. 2, 21
febbraio 2006, n. 9105, Doum, Rv. 233514). Nel caso in cui, attraverso gli accertamenti
compiuti, il giudice verifichi l’esistenza di entrambi i presupposti indicati dal novellato
art. 175 c.p.p., comma 2 (effettiva conoscenza e rinuncia che, per il caso di specie non
rileva) deve respingere la domanda, mentre, in caso contrario – ossia quando faccia
difetto anche uno solo dei presupposti suindicati, come si desume dall’uso della
congiuntiva “e” deve restituire il richiedente nel termine per proporre impugnazione e/o
opposizione(Cass. Sez. 1A, 11 aprile 2006, 15543, Zaki Aziz alias Joudar Khalil, Rv.
233879).
Il concetto di “effettiva conoscenza” del procedimento o del provvedimento deve essere
inteso quale sicura consapevolezza della pendenza del processo e precisa cognizione
degli estremi del provvedimento (autorità, data, oggetto), collegata alla comunicazione
di un atto formale, che consenta di individuare senza equivoci il momento in cui detta
conoscenza si sia verificata (Cass., Sez. 1, 11 aprile 2006, ric. Zaki Aziz, alias Joudar
Khalil, cit; Cass., Sez. 1A, 9 maggio 2006, n. 20036, ric. El Aidoudi, Rv. 233864;Cass.,
Sez. 1A, 9 febbraio 2006, n. 14272, ric. Coppola;Cass., Sez. 2A, 14 febbraio 2006 ric.
Ahmed ed altri, n. 15903). Nella prospettiva dell’art. 6 della Convenzione Europea dei
diritti dell’uomo, la “conoscenza effettiva” del procedimento presuppone un atto formale
di contestazione idoneo ad informare l’accusato, nel più breve tempo possibile, in una
lingua a lui comprensibile e in modo dettagliato, della natura e dei motivi dell’accusa
elevata a suo carico, al fine di consentirgli di difendersi nel “merito” (Cass., Sez. 1, 21
febbraio 2006, Dioum B., Rv. 233514).
Secondo la costante giurisprudenza della Corte europea, “avvisare qualcuno delle azioni
penali rivoltegli costituisce un atto giuridico di tale importanza da dover corrispondere a
condizioni di forma e di sostanza idonee a garantire l’esercizio effettivo dei diritti
dell’accusato”, non essendo sufficiente “una conoscenza vaga e non ufficiale” (sent.
Corte eur. dir, uomo, 12 ottobre 1992, T. e. Italia; sent. Corte eur. dir. uomo 18 maggio
2004, Somogyi; sent. Corte eur. dir. uomo 9 giugno 2005, R.R. c. Italia).
Va inoltre rilevato che l’accertamento dei presupposti per la restituzione nel termine non
è più effettuato sulla base di ciò che “risulta dagli atti” (secondo l’originaria previsione
contenuta nel D.L. 21 febbraio 2005, n. 17), ma è affidato al giudice che, a tal fine,
compie ogni “necessaria verifica”. La giurisprudenza di legittimità, rifuggendo da astratte
generalizzazioni e valorizzando, piuttosto, un “metodo casistico”, ha individuato, quali
elementi concorrenti, univocamente indicativi della conoscenza effettiva del
procedimento e/o del provvedimento e della volontà di non comparire personalmente nel
giudizio la nomina di un difensore di fiducia, l’elezione di domicilio presso lo stesso,
l’effettività della difesa fiduciaria nel corso del processo, la notifica degli atti nel domicilio
eletto (Cass., Sez. 1, 20 giugno 2006, n. 29482, Iljazi, Rv. 235237; Cass., Sez. 5, 23
maggio 2006, n. 25618, Mosele, Rv. 234369; Cass., Sez. 5A, 10 maggio 2006, n.
19907, Gherasim, Rv. 233868; Cass., Sez. 3, 2 maggio 2006, n. 33935, Semeraro, Rv.
235252). Dunque, la restituzione in termini può essere negata solo al soggetto che abbia
avuto effettiva conoscenza dell’atto.
Il provvedimento impugnato non appare conforme ai principi in precedenza enunciati,
essendosi basato esclusivamente su di una presunta formale conoscenza dell’atto a
fronte di una specifica eccezione di “conoscenza effettiva dell’atto”, verosimile non fosse
altro che, per quanto avviene nella pratica quotidiana, è del tutto probabile l’assenza di
contatti tra l’indagato e/o l’imputato ed il difensore nominato d’ufficio. Proprio in
riferimento al valore delle notificazioni del processo effettuate al difensore d’ufficio
dell’imputato si osserva che l'”occasio legis” ed i considerata costituenti la premessa del
D.L. n. 17 del 2005, poi convertito nella L. n. 60 del 2005, costituiscono elementi
fondamentali per l’interpretazione della nuova disciplina, che è stata emanata a causa

dell’urgenza di armonizzare la legislazione italiana al nuovo sistema di consegna del
condannato tra gli Stati dell’Unione europea, che consente alle autorità giudiziarie degli
Stati membri di rifiutare l’esecuzione del mandato di arresto europeo in base ad una
sentenza di condanna in contumacia, ove non sia garantita – sempre che ne ricorrano i
presupposti – la possibilità di un nuovo processo.
Da qui la necessità, per il nostro ordinamento, di meglio adeguare il nuovo regime di
impugnazione tardiva dei provvedimenti contumaciali ai principi di cui all’ad 6 della
Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e, conseguentemente, di introdurre anche
nuove disposizioni in materia di notificazione all’imputato e di elezione di domicilio da
parte della persona sottoposta ad indagini o dell’imputato, i quali abbiano nominato un
difensore di fiducia (art. 157 c.p.p., comma 8 bis), onde corrispondere più
adeguatamente al principio di ragionevole durata del processo.
In tale ambito il legislatore ha introdotto, innanzitutto, un allargamento delle ipotesi in
cui è ammessa l’impugnazione tardiva della sentenza contumaciale, sostituendo alla
prova della non conoscenza del procedimento – che in precedenza doveva essere fornita
dal condannato – una sorta di presunzione iuris tantum di non conoscenza, ponendo a
carico del giudice l’onere di reperire negli atti l’eventuale prova in contrario e, più in
generale, l’onere di effettuare tutte le verifiche occorrenti al fine di accertare se il
condannato abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento e abbia volontariamente
rinunciato a comparire (Cass., Sez. 1, 6 aprile 2006, n. 16002, Latovic, Rv. 233615). La
nuova disciplina ha, quindi, introdotto una vera e propria inversione dell’onere
probatorio, nel senso che non spetta più all’imputato dimostrare di avere ignorato
l’esistenza del procedimento o del provvedimento senza sua colpa, ma è il giudice che
deve provare, sulla base degli atti di causa, che l’imputato abbia avuto effettiva
conoscenza del procedimento o del provvedimento e che abbia volontariamente
rinunciato a comparire (Cass., Sez. 1, 21 febbraio 2006, n. 10297, Halilovic, Rv.
233515;Cass. Sez. 1, 2 febbraio 2006, n. 7403, Russo, Rv. 233137; in senso contrario,
peraltro, Cass., Sez. 5A, 19 settembre 2005, Alvaro, Rv. 233206; Cass., Sez. 5, 18
gennaio 2006, n. 6381, Picuti, cit).
Il novellato art. 175 c.p.p., non ha, però, inficiato la presunzione di conoscenza
derivante dalla rituale notificazione dell’atto, limitandosi, infatti, ad escluderne la valenza
assoluta e imponendo al giudice di verificare l’effettività della conoscenza dell’atto stesso
e la consapevole rinuncia a comparire/impugnare (Cass., Sez. 1, 1 marzo 2006, n.
14265, Bidinost, Rv. 233614; Cass., Sez., 2, 21 febbraio 2006, n. 9104, Colonna, Rv.
233611).
Ne consegue che, fermo restando il valore legale delle notificazioni ritualmente
effettuate in conformità con le disposizioni vigenti, è necessario, alla luce delle modifiche
apportate all’art. 175 c.p.p., che il giudice espliciti le ragioni per le quali una
notificazione validamente eseguita alla stregua del vigente sistema codificato debba
ritenersi dimostrativa della effettiva conoscenza da parte dell’interessato. Il giudice,
quindi, è chiamato a fornire compiuta, puntuale e logica motivazione in ordine alle
circostanze dedotte dall’interessato, il quale alleghi di non avere avuto conoscenza
dell’atto, e, qualora ritenga di disattenderle, ai motivi per i quali esse non meritano
accoglimento (Sez. 1A, 6 aprile 2006, Latovic, cit.; Sez. 3, 12 aprile 2006, n. 17761,
Ricci; Cass., Sez. 5, 18 gennaio 2006, n. 6381, Picuti).
Una conclusione del genere non confligge con i principi espressi dalla giurisprudenza
della Corte Europea dei diritti dell’uomo, la quale ha avuto modo di chiarire che tutti i
sistemi conoscono presunzioni di fatto e presunzioni di diritto e che nella Convenzione
non sussistono, in proposito, ostacoli di principio, ma è soltanto contemplato l’obbligo
degli Stati contraenti di “non oltrepassare al riguardo una soglia ragionevole”. (Cass.
Sez. 1, 1 marzo 2006, n. 14265, Bidinost, Rv. 233614). In tale contesto il legislatore ha
finito con il riconoscere implicitamente l’intrinseca debolezza delle cosiddette
“presunzioni di conoscenza” legate alle notificazioni effettuate a norma dell’art. 161
c.p.p., comma 4, e art. 165 c.p.p., a mani di un difensore nominato d’ufficio all’imputato
processato in contumacia, in quanto irreperibile o latitante.
Si deve, pertanto concludere che tali notificazioni al difensore d’ufficio siano, di per sè,
inidonee a dimostrare l’effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento in
capo all’imputato, salvo che la conoscenza non emerga aliunde ovvero non si dimostri

Uv

P.Q.M.
annulla il provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di

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Così deciso nella camera di consiglio del 18 luglio 2013
IL CONSIGLIERE ESTENSORE

PRESIDENT

che il difensore d’ufficio è riuscito a mettersi in contatto con l’assistito e ad instaurare
con lo stesso un effettivo rapporto professionale con lui (Cass., Sez. 2A, 18 gennaio
2006, Casale, Rv. 233224; Cass., Sez. 1, 21 febbraio 2000, Halilovic. cit.). Non può
quindi farsi discendere dalla mera notifica dell’estratto contumaciale della sentenza a
mani del difensore d’ufficio l’effettiva conoscenza da parte dell’imputato contumace,
qualora la stessa non sia desumibile aliunde (in senso conforme Cass. Sez. 1, 5 aprile
2006, Latovic, cit; Cass., Sez. 1, 18 gennaio 2006, n. 3998, Velinov, Rv. 233351; Cass.,
Sez. 1, 12 luglio 2006, n. 32678, Somogyi, Rv. 235036). Pertanto, ai fini della decisione
sull’istanza di restituzione nei termini per l’impugnazione di una sentenza contumaciale,
la notifica eseguita al difensore d’ufficio domiciliatario non è presuntivamente
equiparabile a quella effettuata all’imputato personalmente.
4. Va quindi disposto l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di
r-u1/49._

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