Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9897 del 19/02/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 9897 Anno 2016
Presidente: FIDELBO GIORGIO
Relatore: DE AMICIS GAETANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Capolicchio Enerio, n. il 10/01/1965

avverso la sentenza della Corte d’appello di Trieste n. 6/2014 del 14/12/2015

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Gaetano De Amicis;
sentite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Maria
Francesca Loy, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

Data Udienza: 19/02/2016

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa in data 14 dicembre 2015 la Corte d’appello di
Trieste ha dichiarato la sussistenza delle condizioni per l’accoglimento della
domanda di estradizione avanzata dalla Repubblica di Croazia nei confronti di
Enerio Capolicchio limitatamente all’espiazione della pena di anno uno e mesi
sei di reclusione inflittagli con sentenza del Tribunale regionale di Pola del 30

commerciali previsto dall’art. 293, secondo comma, del codice penale croato
(sentenza richiamata, ai fini del cumulo delle pene, dalla sentenza del
Tribunale comunale di Pola del 30 marzo 2011).
La Corte d’appello, inoltre, ha provveduto a detrarre dalla pena su
indicata la custodia cautelare sofferta dall’8 agosto 2000 al 21 febbraio 2011 e
dal 19 gennaio 2015 al 22 gennaio 2015 (mesi sei e giorni diciotto).

2. Il difensore di fiducia ha proposto ricorso per cassazione deducendo i
seguenti motivi di doglianza.
2.1. Con il primo motivo si deducono la violazione degli artt. 700, 705
cod. proc. pen., 10 della Convenzione europea di estradizione del 13 dicembre
1957, nonché vizi della motivazione con riferimento al fatto che la sentenza
sulla quale si basa la domanda di estradizione è un titolo diverso da quello per
cui è stata ritenuta concedibile e che, in relazione a questo secondo titolo, non
è stata prodotta la documentazione di cui all’art. 700 cod. proc. pen..
Si deduce, inoltre, che agli atti non esiste alcuna certificazione inerente la
data di passaggio in giudicato della sentenza K-54/01 del 30 settembre 2008,
né risulta alcuna specificazione in merito alla prescrizione della pena ivi inflitta
(ove già esecutiva), ovvero del reato per cui è intervenuta condanna (ove non
esecutiva), precludendo in tal modo ogni valutazione ai sensi del su citato art.
10 della Convenzione europea.
Si lamenta, infine, l’illegalità della pena che l’Autorità croata intende
eseguire, poiché non corrisponde al risultato derivante dalla sottrazione del
pre-sofferto, nonostante abbia provveduto (con la sentenza K-747/2010) al
cumulo delle pene inflitte all’estradando con due distinte sentenze di
condanna, indicando una pena complessiva da espiare pari ad anni due e mesi
tre di reclusione.
2.2. Con il secondo motivo di doglianza si deducono violazioni di legge ex
artt. 698, 705 cod. proc. pen. e vizi della motivazione con riferimento al

1

settembre 2008, in relazione al reato di frode nell’esercizio di operazioni

pericolo di atti persecutori e discriminatori a causa della nazionalità italiana
del ricorrente, sulla base di quanto rappresentato nella memoria difensiva
prodotta nel giudizio innanzi alla Corte distrettuale, riguardo all’esistenza di
problemi ancora attuali di convivenza con la minoranza italiana in Croazia e
alla possibilità di trattamenti inumani e degradanti negli istituti carcerari dello
Stato di destinazione, a causa del riconoscimento – da parte delle stesse
Autorità croate – di problemi sistemici per l’attuale sovraffollamento delle

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato e va accolto per le ragioni di seguito indicate.

2. Con riferimento al primo motivo di ricorso la Corte d’appello ha
ritenuto la sussistenza delle condizioni per l’accoglimento del

petitum

estradizionale limitatamente al reato oggetto della sentenza di condanna alla
pena di ann4 uno e mesi sei di reclusione, inflitta al Capolicchio con la su
indicata sentenza del Tribunale regionale di Pola (K-54/01) del 30 settembre
2008, dunque con riferimento ad un titolo estradizionale adeguatamente
precisato ed autonomamente ricostruibile nel suo contenuto, poiché
comunque richiamato, ai fini del cumulo delle pene, nell’altra sentenza del
Tribunale comunale di Pola del 30 marzo 2011 (K – 747/2010), avente ad
oggetto altro illecito per il quale è stata invece esclusa la fondatezza della
domanda per difetto della condizione relativa alla doppia incriminabilità.
Per il reato di frode in operazioni commerciali che costituisce l’oggetto del
titolo in relazione al quale è stata parzialmente ritenuta accoglibile la
domanda, la Corte d’appello, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso,
ha correttamente provveduto a determinare la durata della custodia cautelare
presofferta sulla base delle indicazioni chiaramente emergenti dagli atti
processuali, ed in tal senso esplicitate dalle stesse Autorità giudiziarie dello
Stato richiedente.
Non risultano invece individuati con chiarezza, sulla base degli atti
disponibili, i decisivi profili attinenti alla intervenuta irrevocabilità della
menzionata pronuncia di condanna (K-54/01) del 30 settembre 2008 e alla
data di prescrizione della pena prevista per il reato che ne costituisce
l’oggetto.

2

carceri croate.

3. Per quel che attiene, inoltre, al secondo motivo di ricorso, assumono
carattere decisivo ed assorbente – rispetto ai rilievi dal ricorrente solo
genericamente formulati in merito ai problemi di convivenza con la minoranza
italiana in Croazia – le ulteriori doglianze prospettate con riguardo
all’incidenza, sulla effettiva sussistenza dei presupposti per l’accoglimento
della domanda estradizionale, delle attuali condizioni di detenzione nelle
strutture carcerarie dello Stato richiedente, non avendo la Corte d’appello

sia alle connotazioni, sistematiche o meno, delle violazioni oggetto delle
numerose pronunce di condanna emesse dalla Corte EDU per la infrazione,
sotto tale profilo, dell’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo
(v., ad es., Corte EDU, 6 novembre 2012, n. 49268/2010, Longin c. Croazia),
sia al contenuto del Rapporto [CPT/Inf (2014) 9] del 18 marzo 2014 del
Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti
inumani o degradanti, che ha visitato la Croazia dal 19 al 27 settembre 2012.
In tale rapporto, infatti, il su indicato organismo del Consiglio d’Europa ha
rilevato il problema del sovraffollamento carcerario in Croazia, esprimendo
raccomandazioni che invitano le Autorità croate: a) ad adottare misure volte a
ridurre i livelli di occupazione delle celle in tutte le carceri visitate (e nelle
altre carceri della Croazia), in modo tale da fornire almeno 4 metri quadrati di
spazio abitabile per detenuto nelle celle con più occupanti (par. 36); b) a
migliorare il programma di attività, comprese le opportunità di lavoro e di
formazione professionale, per i detenuti del carcere statale di Glina, delle
carceri delle contee di Zagabria e Sisak e, ove necessario, delle altre carceri
della Croazia (par. 40).
Né adeguatamente valutato risulta, allo stesso fine, il contenuto della
Relazione della Corte costituzionale della Repubblica di Croazia del 12 giugno
2014, avente ad oggetto l’esame delle condizioni di vita nelle strutture
penitenziarie, che in relazione ad altro profilo, diversamente da quanto
affermato nella sentenza impugnata (là dove si afferma che le pene detentive
brevi, come quella in esame, possono trovare modalità di esecuzione
alternativa al carcere, secondo le scelte rimesse all’Autorità giudiziaria
croata), pone in rilievo l’esistenza di “un serio ritardo nella piena operatività
del sistema di libertà vigilata e la completa inattività a riguardo dei menzionati
sistemi elettronici” per la localizzazione di persone in custodia cautelare o in
libertà condizionale, auspicando, fra l’altro, “un’implementazione più valida
delle misure alternative”.

3

compiutamente esaminato la documentazione prodotta con specifico riguardo

4. Sulla base delle su esposte considerazioni s’impone, limitatamente ai
profili critici su evidenziati (nei parr. 3 e 4), l’annullamento con rinvio della
sentenza impugnata per un nuovo giudizio che, nella piena libertà del relativo
apprezzamento di merito, ponga rimedio ai vizi riscontrati.
La Cancelleria provvederà all’espletamento degli incombenti ex art. 203,

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra
sezione della Corte d’appello di Trieste.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 203, disp. att.,
cod. proc. pen. .
Così deciso il 19 febbraio 2016

Il Consigliere estensore

Il Pre ‘dente

disp. att., cod. proc. pen. .

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