Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9895 del 28/01/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 9895 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: LANZA LUIGI

SENTENZA
decidendo sui ricorsi proposti da Molino Domenico, nato il giorno 12 giugno
1974, Cancelmo Stefano, nato il giorno 19 agosto 1981, Visentini Angelo,
nato il giorno 18 febbraio 1950, avverso la sentenza 12 dicembre 2012 della
Corte di appello di Milano.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso.
Udita la relazione fatta dal Consigliere Luigi Lanza.
Sentito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale
Roberto Aniello, che ha concluso chiedendo: per il Molino, l’annullamento con
rinvio limitatamente al delitto di porto dell’arma di cui al capo G ed alla recidiva e
rigetto nel resto; rigetto del ricorso per Cancelmo; per Visentini, annullamento
con rinvio limitatamente al trattamento sanzionatorio e rigetto nel resto; nonché
il difensore del ricorrente Molino, avv. Adriano Bazzoni che ha chiesto
raccoglimento dell’impugnazione e l’annullamento senza rinvio per il capo G.

Data Udienza: 28/01/2014

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RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Molino Domenico, Cancelmo Stefano, Visentini Angelo ricorrono, a
mezzo dei loro difensori avverso la sentenza della Corte di appello di Milano 12
dicembre 2012, a seguito di gravame proposto contro la sentenza del G.I.P. del
Tribunale di Varese per fatti commessi in Milano, Masciago Primo, Varese e

2.1 Per il MOLINO la Corte di appello di Milano, esclusa la concessione
delle attenuanti generiche, ha confermato il giudizio di equivalenza dell’attenuante
di cui all’art. 62 n. 6 c.p. con la contestata aggravante e la recidiva in relazione al
capo a); ha rideterminato la pena al medesimo inflitta in anni 1 mesi 8 di
reclusione ed euro 9000 di multa quale aumento a titolo di continuazione per i fatti
di cui ai capi a bis), d), e), f), h) con quelli di cui alla sentenza definitiva del GUP
del Tribunale di Varese in data 27.1.2011, e in anni 2 mesi 6 di reclusione ed euro
800 di multa per il capo g).
2.2. Per il CANCELMO la corte distrettuale ha confermato la decisione del
primo giudice, per i reati dei capi h)-p)-r)-s)-t)-u)-u/bis)-z/35) (violazioni varie
della normativa sugli stupefacenti, in concorso e non, ritenuta la continuazione)
condannandolo alla pena di anni 3, mesi 8 di recl. ed euro 18.000 di multa generiche -pena accessoria.
2.3. Per il VISENTINI, accusato dei capi z/22)-z/23)-z/24)-z/25)-z/36)
(violazioni varie della normativa sugli stupefacenti,in concorso e non), la Corte
territoriale , ritenuto l’episodio relativo a Niccoli di cui al capo z 25) assorbito nel
capo z 36), ritenuta la continuazione fra i fatti oggetto del presente giudizio e
quello di cui alla sentenza del Tribunale di Varese in data 21.7.2010 ritenuto, più
grave l’episodio di cui al capo z 22), ha rideterminato la pena in anni 4 mesi 11
giorni 16 di reclusione ed € 20.440 di multa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Tutti e tre i condannati hanno proposto ricorso per cassazione nei termini
che verranno ora riferiti e valutati.
I. Posizione di Molino Domenico.
1.1. Il difensore di Molino propone otto motivi di impugnazione.

altrove, in piu’ date, comprese tra novembre 2009 e gennaio 2010.

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1.2. Con un primo motivo viene dedotta

inosservanza ed erronea

applicazione della legge, nonché vizio di motivazione sotto il profilo della
negazione delle concesse circostanze attenuanti generiche, non fondata su quella
che era stata la reale ricostruzione dei fatti operata dal primo giudice e per
l’appunto “contraddittoria”: a) nel ritenuto assente contributo delle ammissioni

circostanza che mai il Molino ebbe a puntare l’arma carica contro il De Maio; c)
nella asserita assenza di elementi di segno positivo quanto agli altri reati.
1.3. Il motivo, ai limiti dell’ammissibilità, non ha fondamento.
1.4. I giudici di merito, con motivazione priva di invalidità, apprezzabili in
questa sede, hanno dato ragionevole e congrua spiegazione (dr. pag.20
sentenza) della negazione in appello del riconoscimento delle circostanze
attenuanti generiche, avuto specifico e particolare riguardo: all’estrema
pericolosità dei fatti del capo sub a); al sistema, definito “inquietante e
collaudato” della gestione del traffico di stupefacenti; alla inefficacia del tardivo
contributo alla propria responsabilità in un contesto di colpevolezza già delineato.
1.5. E’ infatti noto che la sussistenza di attenuanti generiche integra un
giudizio di fatto, e può essere esclusa dal Giudice con motivazione fondata sulle
sole ragioni preponderanti della propria decisione, per cui la motivazione, purché
congrua e non contraddittoria -come nella specie- non può essere sindacata in
Cassazione neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei
pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato (Cass. Penale sez. IV,
12915/2006 Billeci).
2. Con un secondo motivo si lamenta, quanto al capo g),

vizio di

motivazione e violazione di legge circa l’interpretazione data alla conversazione
intercettata tra Molino e Andaloro e l’uso del termine «due ferri», posto che in
tutte le altre conversazioni pure intercettate mai si è parlato di armi ed il Molino
che, conversando con altri, aveva utilizzato il termine specifico per designare
“armi”, non aveva alcun motivo con l’Andaloro di ricorre a sinonimo di “ferro”.
Quanto alla detenzione-porto del fucile si sostiene che la ragionevole lettura del
colloquio, avuto riguardo “al tempo imperfetto usato” concerneva “un pregresso
periodo storico e nel territorio svizzero”.

fatte; b) nella affermata gravità della contestazione, senza considerare la

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3. Con un terzo motivo si prospetta carenza di motivazione sul ritenuto (e
contestato in appello al punto 6 dei motivi) reato ex art. 4 legge 895/67 valutato
in continuazione con l’art. 2 stessa legge.
4. Con un quarto motivo si evidenzia erroneo calcolo della pena avuto
riguardo alla diminuente dell’art.7 sia per il capo a) che per il capo g).

mancato assorbimento della detenzione nel porto.
6. Ritiene questa Corte che i motivi II, III, IV e V, concernenti l’accusa di
cui al capo d’imputazione sub G), siano fondati per quanto verrà ora
argomentato.
6.1. La Corte d’appello di Milano, in relazione al reato di cui al capo g)
relativo al porto in luogo pubblico di armi comuni da sparo, ha esclusivamente
utilizzato, definendole “molto significative”, le intercettazioni ambientali effettuate
sulla FIAT Stilo in uso al ricorrente e consistite:
a) prog. 24 del 18 dicembre 2009: Molino dice a Lopez Maldonado “proprio
la pistola se no, incominciavo a sparare a qualcuno lasciavano le macchine tutti
scappavano a piedi”: circostanza che dimostrerebbe che l’imputato porta con sè
le armi che detiene”;
b) prog. 146 del 11 gennaio 2010: “Molino racconta a Andaloro e ad altro
uomo soprannominato Maracaibo, di essere stato fermato da una pattuglia che,
però, non l’aveva perquisito; che “aveva due ferri in mezzo ai panni”; “ferro” è il
sostantivo con cui vengono indicate le armi”;
c) prog. 314 del 30 gennaio 2010: “Molino parla a lungo con Savi di armi”;
d) prog. 315 del 30 gennaio 2010: “Molino dichiara la sua volontà di
comprare armi; di aver comprato un fucile cal. 22 e tre Diana ad aria compressa;
e) prog. 335 del 2 febbraio 2010: “oltre agli stupefacenti Molino riferisce alla
persona, non identificata che è in macchina con lui, che vuole acquistare la
mitragliatrice UZI di un suo amico e che avevano raggiunto l’accordo sul prezzo di
1.300 euro; conversazione che dimostra il particolare interesse dell’imputato per le
armi”.
6.2. Secondo la corte distrettuale il linguaggio, utilizzato per raccontare il
controllo da parte delle Forze dell’ordine, mentre a bordo dell’auto vi erano “i due

5. Con un quinto motivo si sostiene agli effetti della pena l’erroneo

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ferri”, “trasmette il timore del Molino di essere scoperti, timore che non avrebbe
motivo di manifestare se i ferri fossero stati attrezzi da lavoro ed inoltre il racconto
si inserisce nella conversazione relativa alle armi, delle quali l’imputato era un
appassionato”. La gravata sentenza peraltro nulla argomenta sul fucile cal 22. di
cui alla conversazione del progr. 315.

generale e dell’imputato, che la gravata sentenza debba essere annullata senza
rinvio, attesa la palese insufficienza dei dati acquisiti e valorizzati ai fini della
pronuncia di colpevolezza, subito rilevando, quanto al “fucile cal. 22”, la carenza
grafica di motivazione, non ovviabile, attesa la pochezza degli elementi d’accusa,
con il ricorso ad una decisione di annullamento con rinvio.
6.4. Per ciò che attiene ai “ferri”, accettabile il valore semantico loro
attribuito come termine in luogo di “armi”, non regge invece sul piano delle
inferenze logico-giuridiche tutta la successiva argomentazione, usata dalla Corte
territoriale, attesa la fragilità del costrutto che ha, come unico collante certo,
l’interesse concreto del Molino alle armi, realtà sicuramente provata, ma di per sé
sola inidonea a fondare una pronuncia di responsabilità, al di là di ogni ragionevole
dubbio e secondo massime di comune esperienza, non essendo in concreto da
escludere, con pari e contraria dignità persuasiva, l’esistenza -in quel preciso
contesto comunicativo- di una vanteria, ben apprezzabile in quell’ambiente e tra
quelle persone dedite all’illecito, nella fattispecie non esclusa né avversata da
diverse e qui inesistenti acquisizioni processuali.
6.5. E’ infatti noto che la previsione normativa della regola di giudizio dell’
“al di là di ogni ragionevole dubbio”, che trova fondamento nel principio
costituzionale della presunzione di innocenza, pur non avendo introdotto un
diverso e più restrittivo criterio di valutazione della prova, limitandosi essa a
codificare il principio giurisprudenziale secondo cui la pronuncia di condanna deve
fondarsi sulla certezza processuale della responsabilità dell’imputato (cass. pen.
sez.2, 7035/12, r.v. 254025), finisce tuttavia con l’imporre al giudice un metodo
dialettico di verifica dell’ipotesi accusatoria secondo il criterio del «dubbio», con la
conseguenza che il giudicante deve effettuare detta verifica in modo da impedire
la sussistenza di dubbi interni (autocontraddittorietà o incapacità esplicativa)

6.3. Ritiene il Collegio, aderendo alle conformi richieste del Procuratore

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oppure esterni alla stessa, come invece avvenuto nella vicenda, e cioè la presenza,
non irragionevole, di una ipotesi alternativa accettabile in quanto dotata di logicità
e plausibilità pratica in relazione ai contesti personali ed ambientali che hanno
connotato il “conversare” probatoriamente utilizzato (cfr. sul punto anche: cass.
pen. sez. 1, 41110/2011 Rv. 251507).

eliminazione della corrispondente pena, attesa l’assenza della necessaria certezza
processuale nella specie non conseguita né aliunde conseguibile.
7. Con un sesto motivo la difesa del Molino illustra violazione di legge e vizio
di motivazione per i reati ex art. 73 d.p.r. 309/90 (pag.13) affermati sulla scorta di
irragionevoli interpretazioni della conversazioni intercettate.
7.1. Con un settimo motivo sì eccepisce il mancato riconoscimento del
vincolo della continuazione tra le condotte del capo a) e le altre contestate
essendo esse tutte connesse alla gestione del traffico di stupefacenti.
7.2. Con un ottavo motivo si contesta la valorizzazione immotivata della
recidiva, che lo stesso P.M. in primo grado aveva escluso.
7.3. Nessuna di tali doglianze è accoglibile, attesa la precisa e corretta
motivazione sul punto dei giudici di merito con la quale il ricorso dimostra di non
confrontarsi utilmente e tanto meno per ragioni apprezzabili ex art.606 cod. proc.
pen..
7.4. In conclusione, il ricorso del Molino va accolto limitatamente alle
doglianze concernenti il giudizio di responsabilità per il capo sub G, con rigetto nel
resto.

II posizione di Cancelmo Stefano.
8. Il G.I.P. del Tribunale di Varese ha affermato la responsabilità del
Cancelmo: per i reati dei capi h)-p)-r)-s)-t)-u)-u/bis)-z135) (violazioni varie della
normativa sugli stupefacenti, in concorso e non, ritenuta la continuazione)
condannandolo alla pena dì anni 3, mesi 8 dì recl. ed euro 18.000 dì multa generiche -pena accessoria; la Corte di appello ha confermato la decisione del
primo giudice .
8.1.La difesa del Cancelmo, condannato per otto delitti, prospetta tre vizi di
legittimità tutti in punto di carenza di motivazione in ordine alla pena irrogata.

6.6. Da ciò l’annullamento senza rinvio della gravata sentenza ed

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8.2. In estrema sintesi nelle tre doglianze si lamenta che il G.I.P. abbia
erroneamente calcolato gli aumenti per la continuazione (in misura pari ad un
anno: valore non divisibile senza frazioni orarie) e senza offrire sul punto congrua
spiegazione in aderenza al disposto dell’art. 134 cod. pen. ed alle critiche
formulate in appello concernenti il fatto che la sanzione genericamente applicata

8.3. Il motivo è palesemente infondato ed il ricorso va dichiarato
inammissibile tenuto conto della regola stabilita dall’art.134, comma secondo
cod.pen., secondo cui “nelle condanne a pene temporanee non si tiene conto
delle frazioni di giorno”.
III posizione di Visentini Angelo.
9. Il G.I.P. ha ritenuto il Vìsentini responsabile per i reati dei capi z/22)z/23)-z/24)-z/25)-z/36) (violazioni varie della normativa sugli stupefacenti,in
concorso e non) e ritenuta la continuazione, lo ha condannato alla pena di anni 4,
mesi 8 di recl. ed euro 20.000 di multa (art. 73 comma 5 dpr 309/90 equivalente
ad aggravante e recidiva), pena accessoria, confisca e distruzione dello
stupefacente e del bossolo in sequestro.
9.1. La corte distrettuale invece, quanto al Visentini, accusato dei capi
z/22)-z/23)-z/24)-z/25)-z/36) (violazioni varie della normativa sugli
stupefacenti,in concorso e non) ritenuto l’episodio relativo a Niccoli dì cui al capo z
25) assorbito nel capo z 36), ritenuta la continuazione fra i fatti oggetto del
presente giudizio e quello di cui alla sentenza del Tribunale di Varese in data
21.7.2010 ritenuto, più grave l’episodio di cui al capo z 22), ha rideterminato la
pena in anni 4 mesi 11 gìorni 16 di reclusione ed C 20.440 dì multa.
9.2. Il difensore del Visentini, con un primo motivo di impugnazione vizio di
motivazione sotto il profilo della determinazione della sanzione tenuto conto che
la soppesata equivalenza delle generiche con la recidìva avrebbe tolto il disvalore
dei precedenti penali.
La doglianza non è fondata.
E’ noto infatti che il giudice, nell’esercizio del suo potere discrezionale, può
legittimamente riconoscere le attenuanti generiche e, contemporaneamente,
ritenere la recidiva, valorizzando per entrambe le valutazioni il riferimento ai

per ciascuna violazione è stata pari a “1 mese, 21 giorni e qualche ora”.

precedenti penali dell’imputato, in quanto il principio del “ne bis in idem”
sostanziale non preclude la possibilità di utilizzare più volte lo stesso fattore per
giustificare scelte diverse relative ad elementi la cui determinazione è rimessa al
prudente apprezzamento dell’Autorità decidente (cfr. per un caso analogo ma
inverso: cass. pen. sez. 6, 47537/2013 Rv. 257281).

pen..: la Corte, riconosciuta la continuazione negata dal G.U.P. tra i fatti
giudicati con la sentenza 10 gennaio 2012 e i fatti giudicati in data 21 luglio 2010
dal Tribunale di Varese, ha determinato la pena in anni 4 mesi 8 e giorni 16 ed
euro 20.440,00 di multa, senza considerare che la sanzione inflitta dal GUP era
stata pari anni 4 mesi 8 di reclusione ed euro 20.000,00 di multa.
9.4. la gravata sentenza ha aumentato la pena con riferimento ai fatti
giudicati con la sentenza del Tribunale di Varese del 21 luglio 2011, e ha
determinato l’aumento per la continuazione in mesi 2 giorni 18 ed euro 496:
ferma quindi la pena che il GUP aveva fissato in anni 4 e mesi 8 ed euro
20.000,00 per non incorrere in una “reformatio in peius”, la Corte di appello
avrebbe dovuto infliggere la pena di anni 4, mesi 10 e giorni 18.
9.5. Il motivo è fondato e la sentenza impugnata va annullata con rinvio
sul punto ad altra Sezione della Corte di appello perché ponga rimedio alla
rilevata invalidità nel trattamento sanzionatorio.
9.6. Con un terzo motivo si prospetta violazione di legge e vizio di
motivazione con riferimento agli artt. 266 e segg. Cod. proc. pen. considerato che
la corte distrettuale ha osservato, senza entrare nel merito della eccezione di
inutilizzabilità, che il G.U.P. aveva in sentenza motivato sul solo riferimento” ai
risultati delle intercettazioni telefoniche e ambientali debitamente autorizzate dal
GIP con i decreti in atti”.
9.7. Il motivo è inaccoglibile sia per la sua genericità, sia per l’assenza di
specificità, nella misura in cui non prospetta la decisività del preteso vizio sulla
pronuncia di responsabilità, .
In conclusione il ricorso del Visentini va accolto limitatamente al
trattamento sanzionatorio nei termini dianzi illustrati con rigetto nel resto.

9.3. Con un secondo motivo si lamenta violazione dell’art. 597 cod. proc.

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10. In definitiva la sentenza impugnata va annullata: nei confronti di
Molino Domenico, con riferimento al capo G) perchè il fatto non sussiste ed
elimina la corrispondente pena; rigettato nel resto il ricorso del Molino; nei
confronti di Visentini Angelo, con riferimento al trattamento sanzionatorio e rinvio
per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Milano,

ricorso di Cancelmo Stefano che va pertanto condannato al pagamento delle
spese processuali e della somma di €. 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di Molino Domenico, con
,r”Ca+o cA; Cui al
riferimento arYcapo G) perchè il fatto non sussiste ed elimina la corrispondente
pena; rigetta nel resto il ricorso del Molino.
Annulla la medesima sentenza nei confronti di Visentini Angelo, con riferimento al
trattamento sanzionatorio e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione
della Corte di appello di Milano; rigetta nel resto il ricorso del Visentini.
Dichiara inammissibile il ricorso di Cancelmo Stefano che condanna al pagamento
delle spese processuali e della somma doi €. 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma il giorno 28 gennaio 2014
Il cons’ bere estensore

rigettato nel resto il ricorso del Visentini. Va invece dichiarato inammissibile il

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