Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9892 del 28/01/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 9892 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: VILLONI ORLANDO

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
1) BASSETTI Mauro, n. Civitavecchia (Rm) 1.1.1974
2) CAMBONI Mario, n. Civitavecchia (Rm) 16.7.1988
avverso la sentenza n. 4675/12 Corte di Appello di Roma del 1/06/2012
esaminati gli atti e letti i ricorsi ed il provvedimento decisorio impugnato;
udita in camera di consiglio la relazione del consigliere dott. Orlando Villoni;
udito il pubblico ministero in persona del sostituto PG, dott. Roberto Aniello che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi;
udito il difensore del Bassetti, avv. Armando Macrillò che ha insistito per raccoglimento del
ricorso

RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di Appello di Roma, confermava quella di condanna
pronunziata dal GIP del Tribunale di Civitavecchia in data 10/06/2011 in esito a giudizio abbreviato, con irrogazione della pena di quattro anni e undici mesi di reclusione ed Euro 30.000,00
di multa nei confronti di Bassetti Mauro in relazione ai reati di cessione continuata di sostanze
stupefacenti (artt. 81 cpv. cod. pen., 73 d.P.R. n. 309 del 1990, capo d della contestazione), di
estorsione continuata, tentata e consumata, in danno di soggetti acquirenti delle predette sostanze (artt. 81 cpv., 629 e 56, 629 cod. pen., capi e, f, g e h) nonché di reiterate violazioni
delle prescrizioni relative alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza (artt. 81 cpv. cod. pen., 9 commi 1 e 2 legge n. 1423 del 1956) e di quella di quattro
anni e sei mesi di reclusione ed Euro 25.000,00 di multa nei confronti di Camboni Mario in
relazione ai reati di cessione continuata di sostanze stupefacenti (artt. 81 cpv. cod. pen., 73
d.P.R. n. 309 del 1990, capo I) ed estorsione continuata (artt. 81 cpv., 629 cod. pen.) in danno
di Dobre Ionut (capo m dell’imputazione).
Esaminando i motivi d’appello, la Corte rigettava la richiesta della difesa Bassetti di voler riconoscere la ricorrenza dell’attenuante del fatto lieve di cui all’art. 73, comma 5 d.P.R. n. 309/
90, osservando che ostava al suo riconoscimento la necessità di valutare complessivamente

Data Udienza: 28/01/2014

tutti gli elementi normativamente elencati, concernenti sia l’azione che l’oggetto materiale del
reato, che nella fattispecie – connotata da una pluralità di episodi di cessione, accompagnati da
condotte estorsive ad opera di soggetto già sottoposto a misura di prevenzione personale inducevano a confermare la decisione del giudice di primo grado; quanto, invece, alla doglianza di voler diversamente qualificare gli episodi di estorsione come casi di esercizio arbitrario
delle proprie ragioni, la Corte ne respingeva la fondatezza ricordando la non azionabilità in
sede giudiziaria delle pretese fatte valere dall’imputato poiché inerenti un’attività illecita quale
Io spaccio di stupefacenti.

2. Avverso la sentenza gli imputati hanno presentato distinti ricorsi, deducendo:
a) il Bassetti difetto di motivazione per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto insussistente l’attenuante speciale, essendosi la complessiva condotta ascrittagli caratterizzata per
modestia e rudimentalità, indici di un’attività discontinua, non professionale né organizzata, tale da integrare una portata offensiva, complessivamente considerata, obiettivamente ridotta;
difetto di motivazione in ordine alla mancata riqualificazione dei reati estorsione, consumata e
tentata, avendo egli agito nell’erronea convinzione di esercitare un diritto derivante da un’obbligazione naturale, versando in una condizione di errore scusabile (art. 47 cod. pen.) esclusivo
dell’elemento soggettivo del reato considerato;
b) il Camboni violazione della legge processuale per avere la Corte territoriale ritenuto utilizzabili, ai fini dell’affermazione di responsabilità del delitto di estorsione, le dichiarazioni rese dalla
parte offesa Dobre Ionut che, nella parte concernente la circostanza di essere stato solito acquistare dal ricorrente 25 gr. circa di hashish ad ogni incontro, avrebbero dovuto suggerire agli
inquirenti di interrompere l’acquisizione di sommarie informazioni, configurandosi a suo carico
indizi di reità e la conseguente necessità dì proseguire la deposizione con l’osservanza del disposto dall’art. 63 cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. I ricorsi risultano manifestamente infondati e come tali debbono essere dichiarati inammissibili.
3.1 Con riferimento alla prima delle due doglianze formulate dal ricorrente Bassetti, relativa al
denegato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 73, comma 5 d.P.R. n. 309 del 1990, va
premesso che nessun rilievo esplica ai fini della relativa valutazione la circostanza che, in forza
dell’art. 2, comma 1 lett. a) del d.l. n. 146 del 23 dicembre 2013 convertito in legge n. 10 del
21 febbraio 2014 e dell’interpretazione già fornitane da questa Corte (Cass. sez. 6, sent. del
20/01/2014 n. 2295), la citata attenuante costituisce attualmente figura autonoma di reato:
ne è rimasta, infatti, identica la struttura, salva solo la modifica del trattamento sanzionatorio
che prevede come limite edittale massimo la pena detentiva di cinque e non più di sei anni.
Né alcun effetto produce nel caso in questione la recentissima sentenza della Corte Costituzionale del 12 febbraio 2014 che, dichiarando l’illegittimità costituzionale degli artt. 4 bis e 4 vides ter d.l. 30 dicembre 2005 n. 272 convertito con modificazioni dall’art. 1 legge n. 49 del 21
febbraio 2006 per contrasto con l’art. 77, comma 2 Cost., ha rimosso le modifiche, apportate
con le norme dichiarate illegittime, agli artt. 73, 13 e 14 del d.P.R. n. 309 del 9 ottobre 1990,
facendone rivivere la disciplina originaria discriminante tra droghe pesanti (tra cui la cocaina,
la cui detenzione e cessione risultano contestate al ricorrente al capo d] della rubrica) e leggere.
Allo stato attuale della legislazione, non può dunque che ribadirsi la consolidata giurisprudenza
di questa Corte secondo cui occorre una valutazione complessiva della condotta in addebito per

Analoghe argomentazioni spendeva la Corte territoriale per respingere identica richiesta dello
imputato Camboni riguardante l’attenuante di cui all’art. 73, comma 5 d.P.R. 309 del 1990, ricordando, inoltre, che egli rispondeva anche dell’acquisto a fini di successiva cessione di 382
gr. di hashish (capo d dell’imputazione), la cui entità ponderale concorreva vieppiù ad escludere la possibilità di ravvisare l’invocata diminuente.

ravvisare i caratteri della lieve entità, costituente il connotato comune dell’attenuante speciale
e della figura autonoma di reato, entrambe risultanti espressione del concetto di minima offensività penale giustificante il più favorevole trattamento sanzionatorio e deducibile ‘sia dal dato
qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione (mezzi, modalità, circostanze dell’azione), con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge
risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio’
(Cass. Sez. U n. 35737 del 24/ 06/2010, P.G. in proc. Rico, Rv. 247911).

Parimenti destituita di fondamento si rivela, inoltre, la doglianza inerente la sussistenza di un
preteso errore di fatto (quello cioè di esercitare un diritto giudizialmente azionabile) che avrebbe indotto scusabilmente in errore il ricorrente nell’esercizio di minacce o violenza fisica verso
le parti offese, risultando evidente come egli versasse in una condizione di totale illiceità inerente la causa stessa del negozio giuridico, che mai gli avrebbe consentito di adire le regolari
vie legali per affermare la propria pretesa al corrispettivo.
Costituisce, infatti, indefettibile presupposto per ravvisare il reato di esercizio arbitrario delle
proprie ragioni con violenza alle persone di cui all’art. 393 cod. pen. – eventualmente riqualificando alla sua strega la condotta contestata in termini estorsione tentata o consumata – quello
di potere ricorrere al giudice per ottenere la reintegrazione del diritto o la soddisfazione della
pretesa vantata.
3.2 La doglianza articolata dal ricorrente Camboni attiene, invece, ad una pretesa inutilizzabilità, ai fini dell’affermazione di responsabilità del delitto di estorsione contestatogli al capo
m), delle dichiarazioni rese dalla parte offesa Dobre Ionut le quali, concernendo anche plurimi
acquisti di modiche quantità di stupefacente (25 gr. circa di hashish) da lui effettuati, avrebbero dovuto indurre agli inquirenti a sospendere l’acquisizione delle sommarie informazioni,
trovandosi al cospetto di persona indiziata di reità nei cui confronti erano obbligati a far proseguire la deposizione con l’osservanza delle forme dell’art. 63 cod. proc. pen.
Orbene, la giurisprudenza di questa sezione ha già affermato il principio secondo cui ‘sono utilizzabili le dichiarazioni rese dall’acquirente di modiche quantità di sostanza stupefacente, nei
cui confronti non siano emersi elementi indizianti di uso non personale (ovvero di altro reato
connesso o collegato a quello per cui si procede), qualora lo stesso sia sentito come persona
informata sui fatti, essendo irrilevante, a tal fine, che egli possa essere soggetto a sanzione
amministrativa per l’uso personale’ (Cass. sez. 6, sent. n. 39728 del 12/ 07/2013, Forte, Rv.
257037) e nella fattispecie non è stata nemmeno allegata la circostanza che lo hashish acquistato dallo Ionut non fosse destinato ad uso esclusivamente personale.
Va poi soggiunto che la disciplina dettata dall’art. 63 cod. proc. pen. volta a proteggere la persona informata sui fatti da dichiarazioni auto indizianti rappresenta un presidio normativo posto a garanzia dello stesso dichiarante da possibili incriminazioni che dovessero emergere dalle
dichiarazioni da lui rese in quella veste e senza l’assistenza di un difensore.
L’inutilizzabilità delle dichiarazioni acquisite in violazione della predetta disciplina riguarda, tuttavia e con ogni evidenza, la persona dello stesso dichiarante, ma nulla vieta che, quand’anche si configurino a suo carico indizi di reità, esse possano essere utilizzate erga alios, salva
l’eventualità, in caso di deposizione in giudizio o incidente probatorio, di sentirlo con le forme
della testimonianza assistita.
La giurisprudenza di questa sezione si è del resto pronunziata in maniera conforme sulla questione, affermando il principio che ‘le dichiarazioni rese da persona raggiunta da indizi di colpevolezza nel corso dell’esame, e non ancora posta in condizione di esercitare i diritti della difesa,
non possono essere utilizzate contro di lei, ma possono esserlo nei confronti di terzi’ (Cass.
sez. 6 n. 29535 del 2/07/2013, Oppolo e altro, Rv. 256151), in linea con un orientamento in-

Correttamente, dunque, la Corte territoriale ha escluso la ricorrenza dell’attenuante in questione sulla base di una valutazione unitaria dell’azione, osservando come la stessa imputazione,
contemplante anche vari episodi di estorsione sia tentata che consumata, oltre tutto perpetrata
da soggetto già sottoposto a misura di prevenzione personale (da cui l’autonomo e specifico
capo d’imputazione alla lettera i] della rubrica) impedisse di ravvisare quegli aspetti di minimo
allarme sociale costituenti il fondamento razionale del più mite trattamento sanzionatorio.

terpretativo peraltro da tempo emerso nella giurisprudenza di legittimità (Cass. sez. 3, sent. n.
15476 del 24/02/2004, Mesanovic, Rv. 228546).

4. Alla dichiarazione d’inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno di una somma in favore della Cassa delle Ammende
che si stima equo determinare nella misura di 1.000,00 (mille) Euro.

P. Q. M.

Roma, 28/11/2014
I\

Il Pr
dott.

ente
la Milo

dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e
ciascuno a q o della somma di C 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

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