Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 989 del 17/12/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 989 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: SERRAO EUGENIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FALLARINO NICOLA N. IL 17/05/1984
FALLARINO GIOVANNI N. IL 13/10/1957
BASCIU EFISIO N. IL 14/01/1983
CAMMARATA UMBERTO N. IL 09/09/1982
avverso la sentenza n. 4919/2011 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
04/11/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. EUGENIA SERRAO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.7471-A91 -iú,1J
che ha concluso per _£ /c>frt-t-~ i 431′ 01J-t– da Q..0R1:0 ÷-7..0,0044k3
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Data Udienza: 17/12/2013

RITENUTO IN FATTO
1. In data 23/11/2010 il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di
Benevento, all’esito di giudizio abbreviato, condannava, rispettivamente, alla
pena di anni quattro mesi due di reclusione ed euro 20.000,00 di multa, anni due
mesi otto di reclusione ed euro 6.000,00 di multa, anni quattro mesi due di
reclusione ed euro 20.000,00 di multa ed anni quattro mesi due di reclusione ed
euro 20.000,00 di multa, Fallarino Nicola, Fallarino Giovanni, Basciu Efisio e
Cammarata Umberto, imputati dei seguenti reati:

ottobre 1990 n.309 perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno
criminoso, cedeva sostanza stupefacente del tipo eroina con la mediazione di
Troise Giancarlo a Iacoviello Ida e in modo reiterato a Marciano Silvano; del
reato previsto dagli artt. 611, 371-bis e 378 cod. pen. perché usava minaccia nei
confronti di Marciano Silvano al fine di fargli commettere il reato di
favoreggiamento personale e di false informazioni al pubblico ministero;
b) Fallarino Giovanni del reato previsto dagli artt.110 cod. pen. e 73 TU
stup. Perché, in concorso con Fallarino Nicola, cedeva sostanza stupefacente del
tipo eroina a Iacoviello Ida;
c) Basciu Efisio del reato previsto dagli artt. 110,81 cod.pen. 73 TU stup.
perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, cedeva
buprenorfina e eroina a Zampetti Gerardo in concorso con Cammarata Umberto
e deteneva a fini di spaccio, cedeva, trasportava e procurava sostanza
stupefacente del tipo eroina;
d) Cammarata Umberto del reato previsto dagli artt.110,81 cod.pen. e 73
TU stup. perché, in concorso con Basciu Efisio, con più azioni esecutive di un
medesimo disegno criminoso, cedeva buprenorfina e eroina a Zampetti Gerardo.
2. La Corte di Appello di Napoli, in data 4/11/2011, in riforma della sentenza
pronunciata dal Giudice dell’udienza preliminare, previo riconoscimento
dell’attenuante di cui all.art.73, comma 5, TU stup., riduceva la pena per
Fallarino Nicola ad anni uno mesi otto di reclusione ed euro 2.400,00 di multa,
per Fallarino Giovanni ad anni uno mesi dieci di reclusione ed euro 3.000,00 di
multa, per Basciu Efisio e Cammarata Umberto ad anni uno mesi sei di
reclusione ed euro 3.000,00 di multa.
3. Ricorrono per cassazione gli imputati sulla base dei seguenti motivi.
3.1. Fallarino Giovanni censura la sentenza impugnata per violazione
dell’art. 606, comma 1, lett.e) cod.proc.pen. per mancanza, contraddittorietà e
manifesta illogicità della motivazione deducendo che, a fronte della questione
sollevata dalla difesa circa l’inesistenza di una consulenza tecnica nonché di un

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a) Fallarino Nicola del reato previsto dagli artt.110,81 cod.pen. e 73 d.P.R. 9

verbale di sequestro della sostanza stupefacente, i giudici di secondo grado, e il
giudice di primo grado, alla cui pronuncia il provvedimento impugnato rimanda,
hanno fondato la prognosi di colpevolezza esclusivamente sull’informativa di
polizia giudiziaria, omettendo di motivare sulla mancanza negli atti processuali di
qualunque documento che attestasse l’esistenza della sostanza e la reale qualità
di quest’ultima.
3.2. Fallarino Nicola censura la sentenza impugnata per violazione
dell’art.606, comma 1, lett.e) cod.proc.pen. per mancanza, contraddittorietà e

al punto 3.1, nonché per difetto di motivazione in relazione a quale fosse il ruolo
dell’imputato nel concorso di persone nel reato, trovandosi egli semplicemente
alla guida dell’autovettura al momento della presunta cessione, e in relazione
alla questione sollevata dalla difesa circa l’inattendibilità del teste Marciano ed i
limiti della frase asseritamente pronunciata dall’imputato a coartare l’altrui
volontà; il ricorrente censura la sentenza impugnata anche per violazione degli
artt.132, 133 cod. pen. in relazione all’art. 606, comma 1, lett.b) cod.proc.pen. e
per erronea applicazione della legge nonché per contraddittorietà e manifesta
illogicità della motivazione per non avere la Corte di Appello offerto motivazione
congrua e logicamente argomentata, riconoscendo il fatto di lieve entità ma
erogando una pena non esigua e non contenuta nel minimo edittale.
3.3. Basciu Efisio e Cammarata Umberto, con ricorsi sovrapponibili,
censurano la sentenza impugnata per difetto di motivazione ai sensi dell’art.606,
comma 1, lett.e) cod.proc.pen. per aver omesso la Corte di prendere in
considerazione le richieste difensive di rinnovazione dell’istruttoria
dibattimentale, concernenti l’esame dibattimentale e/o l’acquisizione di
documenti a firma degli interlocutori delle conversazioni telefoniche captate e
poste a fondamento della condanna; censurano altresì la sentenza per
inosservanza ed erronea applicazione della legge penale ai sensi dell’art. 606,
comma 1, lett. b) cod.proc.pen. per avere i giudici di merito fondato la decisione
sulle dichiarazioni di Zampetti Gerardo, unico accusatore nel procedimento, che
in qualità di coindagato avrebbe dovuto essere sentito nelle forme garantite e
assistite previste dal codice di rito, laddove dette dichiarazioni, assunte in
violazione dell’art. 63, comma 2, cod.proc.pen., erano inutilizzabili.

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manifesta illogicità della motivazione sulla base delle medesime deduzioni di cui

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso proposto da Fallarino Giovanni, sulla base dell’unico motivo, e
da Fallarino Nicola, con riferimento alla prima censura contenuta nel primo
motivo, è infondato.
2. Le pronunzie di merito, che tra loro si integrano, riferiscono che la
vicenda illecita trae origine da intercettazioni telefoniche e ambientali che hanno
orientato l’azione investigativa, consentendo il recupero delle sostanze
stupefacenti e di individuare gli acquirenti, eseguendo servizi di osservazione,

quantitative sulle sostanze stupefacenti, assunzione di dichiarazioni da parte
delle persone informate dei fatti e anche arresti in flagranza di reato, in un
contesto descritto dai giudici di merito come composto di piccoli gruppi di
consumatori-spacciatori, che svolgono cioè l’attività di cessione e vendita per
integrare le proprie risorse economiche da destinare all’acquisto continuo ed
incessante della droga di cui hanno bisogno quotidianamente. Per nessuno degli
imputati emergeva un tenore di vita agiato proprio di chi vive della florida
attività di spaccio di droga senza farne uso personale; anzi, emergeva una
precarietà di risorse finanziarie – desumibile dalla continua ricerca di fonti di
approvvigionamento più economiche della sostanza stupefacente – che li
induceva spesso a mettere insieme i loro pochi denari per acquisti di gruppo e
successivo impegno di tutti per cessione a terzi di parte della droga a prezzo
maggiorato, in modo da realizzare un guadagno, da destinare poi ai nuovi
successivi acquisti. In tale contesto si descrive, con riferimento ai ricorrenti,
riportando brani dell’informativa della polizia giudiziaria relativa ai fatti accaduti il
26/06/2008, il servizio di pedinamento e controllo effettuato nei confronti di
Iacoviello Ida dopo che la donna, trovata nella mattinata in possesso di sostanza
stupefacente del tipo eroina e condannata nel medesimo processo per condotte
di detenzione a fine di spaccio di sostanze stupefacenti in qualità di gestore di un
esercizio commerciale adibito a bar, aveva contattato l’altro coimputato Troise
Giancarlo. Nelle telefonata intercettata risultava che la donna aveva preso
appuntamento per acquistare sostanza stupefacente, per cui i Carabinieri
avevano fotocopiato in quel frangente le banconote che la stessa aveva con sé
per un importo di euro 120,00. Il servizio di appostamento e pedinamento aveva
consentito agli agenti di verificare che Troise Giancarlo, una volta incontrata la
Iacoviello, aveva consegnato ai Fallarino, sopraggiunti) a bordo di altra
autovettura, una banconota da euro 100,00 e un’altra banconota da euro 20,00,
ricevendo in cambio da Fallarino Giovanni dei pezzi da euro 5,00. In quel’
frangente non vi era stato scambio di sostanza stupefacente ma, poco dopo, il
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controllo e pedinamento, perquisizioni, sequestri, analisi scientifiche qualitative e

Troise e la Iacoviello si erano nuovamente incontrati con i Fallarino che,
sopraggiunti con l’autovettura, avevano lasciato cadere un involucro di colore
bianco, indicando con un cenno ai due di raccoglierlo. Gli agenti non erano
riusciti a raggiungere l’autovettura dei Fallarino né la Iacoviello, ma quest’ultima
li aveva contattati consegnando loro due involucri di sostanza stupefacente del
tipo eroina acquistati, a suo dire, dai Fallarino per il tramite di Troise Giancarlo, il
quale aveva preteso una pietrina di eroina quale prezzo dei suoi servizi,
aggiungendo di aver pagato il tutto euro 105,00 con le banconote fotocopiate dai

Fallarino ed eseguita perquisizione personale, Fallarino Giovanni custodiva nel
taschino della camicia la banconota da euro 100,00 corrispondente al numero
seriale della banconota precedentemente in possesso della Iacoviello, mentre
l’altra banconota fotocopiata era stata rinvenuta sulla persona di Fallarino Nicola.
3. Quanto al mancato accertamento dell’esistenza e della qualità della
sostanza stupefacente, che i ricorrenti pongono a fondamento del ricorso, è
necessario premettere che i ricorrenti non hanno contestato le circostanze
fattuali poste a base della pronuncia di merito, sopra sinteticamente richiamate.
Non può, peraltro, non rilevarsi che il giudizio abbreviato resta ancora – anche
dopo la diversa configurazione realizzata con I. 16 dicembre 1999, n.479 – un
giudizio allo stato degli atti, richiesto dall’imputato dopo avere esaminato e
valutato gli atti di indagine posti dal pubblico ministero a fondamento della
richiesta di rinvio a giudizio. Tale assunto trova conferma nell’art.438, commi 1 e
5, cod.proc.pen. secondo cui “l’imputato può richiedere che il processo sia
definito nell’udienza preliminare allo stato degli atti”, salvo il diritto a subordinare
“la richiesta a una integrazione probatoria necessaria ai fini della decisione”. Ne
discende che, ove i ricorrenti avessero realmente ritenuto necessario ai fini della
decisione l’accertamento dell’esistenza e della qualità della sostanza
stupefacente consegnata dall’acquirente alla polizia giudiziaria, avrebbero potuto
optare per un giudizio ordinario nel cui ambito ottenere un’ampia facoltà di
esercizio difensivo e non limitato allo “stato degli atti”, ovvero condizionare la
richiesta da parte del giudice dell’abbreviato ad un’integrazione probatoria ai
sensi dell’art.438, comma 5, cod.proc.pen. L’opzione prescelta del giudizio allo
stato degli atti, con la corrispondente diminuzione della pena a norma
dell’art.442, comma 2, cod.proc.pen., preclude la possibilità di censurare la
pronuncia di merito sotto il profilo dell’incompletezza delle acquisizioni
istruttorie, accettata dall’imputato, sulla cui scorta la decisione è stata adottata.
3.1. Quanto ai criteri di valutazione della prova in materia di stupefacenti e,
in particolare, della prova indiziaria, nei casi in cui non siano stati eseguiti
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Carabinieri, ricevendo in restituzione tre banconote da euro 5,00. Intercettati i

accertamenti tossicologici sulla sostanza ceduta, come è stato più volte
affermato da questa Corte, per accertare la natura stupefacente di una sostanza
non è necessaria la perizia tossicologica (Sez. 3, n.28556 del 21/06/2012,
Cianicoli, Rv. 253149), essendo sufficiente il materiale probatorio costituito da
dichiarazioni dell’imputato, indagine con narcotest
(Sez. 6, n. 44789 del 30/09/2003,

Trobiani,

Rv. 227732;

Sez. 4, n.2782 del 30/10/1997,

Blendi,

Rv. 209678;

Sez. 4, n. 2259 del 14/12/1993, dep. 23/02/1994, P.G. in proc. Zecchini,

telefoniche (Sez. 5, n. 5130 del 04/11/2010, dep. 11/02/2011, Moltoni,
Rv. 249703) o pareri di consulenti tecnici delle parti che abbiano esaminato il
corpo del reato (Sez. 4, n.4278 del 13/01/2009, Bonforte, Rv. 242516).
3.2. In applicazione di tale principio interpretativo, il Collegio, pur tenendo
presente l’orientamento interpretativo di questa Corte secondo il quale l’effetto
drogante della sostanza ceduta deve essere accertato perché si possa ritenere
integrata la fattispecie astratta, ritiene che, tuttavia, da tale affermazione di
principio non possa trarsi un limite alla possibilità per il giudice di merito di
ricorrere alla prova indiziaria.
3.3. Con particolare riguardo alla valutazione della prova indiziaria, si tratta
di un procedimento logico consentito quando non sia possibile acquisire la prova
diretta ed il giudice debba inferire la prova logica del fatto non noto da una serie
di fatti noti suscettibili nel loro complesso di condurre ad un giudizio univoco. Nel
caso concreto i giudici di merito hanno logicamente desunto dagli accertamenti
di fatto descritti dagli agenti di polizia giudiziaria la condotta di cessione di
sostanza stupefacente, rappresentando nella motivazione gli indizi gravi, precisi
e concordanti che conducevano a tale conclusione, in accordo con l’orientamento
interpretativo sopra enunciato.
4. La censura mossa da Fallarino Nicola per vizio motivazionale concernente
l’inattendibilità del teste Marciano e la sussunzione della condotta dell’imputato
nella fattispecie astratta contestagli è inammissibile per difetto di specificità.
4.1. La Corte territoriale ha richiamato, sul punto, condividendola, la
motivazione espressa dal giudice di primo grado che, seppur sinteticamente, ha
esplicitato (pag.15) le ragioni per le quali la testimonianza di Marciano Silvano,
riportata nella sentenza, dovesse ritenersi attendibile, nonché le ragioni per le
quali il comportamento di Fallarino Nicola avesse fornito un apprezzabile
contributo causale al delitto. A fronte della motivazione con cui la stessa Corte di
Appello ha esplicitamente esaminato tali motivi d’impugnazione, ritenendo che
non sussistessero ragioni per dubitare dell’attendibilità del teste ed evidenziando

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Rv. 197733), dichiarazioni testimoniali, accertamenti di polizia, intercettazioni

la presenza del ricorrente all’atto dello scambio della sostanza tra Fallarino
Giovanni e l’acquirente, nel ricorso vengono genericamente reiterate analoghe
doglianze.
5. La censura mossa da Fallarino Nicola per vizio di legge e motivazionale in
relazione agli artt.132 e 133 cod. pen. è manifestamente infondata, anche in
relazione alla parziale riforma della sentenza di primo grado operata, con
adeguata motivazione, dalla Corte territoriale in punto di determinazione della
pena.

Va,

in

proposito,

ribadito

il

principio

per

cui

poteri discrezionali del giudice di merito ed è insindacabile nei casi in cui la pena
sia applicata in misura media e, ancor più, se prossima al minimo, anche nel
caso il cui il giudicante si sia limitato a richiamare criteri di adeguatezza, di
equità e simili, nei quali sono impliciti gli elementi di cui all’art.133 cod. pen.
(Sez. 4, n.21294 del 20/03/2013, Serratore, Rv. 256197).
6. Con riferimento ai ricorsi proposti da Fallarino Giovanni e Fallarino Nicola
s’impone, pertanto, il rigetto del ricorso e la condanna dei ricorrenti, a norma
dell’art.616 cod.proc.pen., al pagamento delle spese processuali.

7 II ricorso proposto da Basciu Efisio e da Cammarata Umberto è infondato.
7.1. Con riguardo al primo motivo, è sufficiente osservare che la
celebrazione del processo nelle forme del rito abbreviato, secondo una
consolidata giurisprudenza della Corte (Sez. U, n. 930 del 13/12/1995,
dep. 29/01/1996, Clarke, Rv. 203427), se non impedisce al giudice d’appello di
esercitare i poteri di integrazione probatoria, comporta tuttavia l’esclusione di un
diritto dell’imputato a richiedere la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale ed
il correlativo obbligo del giudice di motivare il diniego di tale richiesta (Sez.3,
n.23058 del 26/04/2013, Duval Perez, Rv.256173; Sez. 2,
n.14649 del 21/12/2012, dep. 28/03/2013, Santostasi, Rv. 255358; Sez.1,
n.35846 del 23/05/2012, P.G. in proc. Andali, Rv.253729; Sez.2, n.3609 del
18/01/2011, Sermone e altri, Rv. 249161; Sez. 1, n. 13756 del 24/01/2008,
Diana, Rv. 239767), onde la Corte di Appello non era tenuta a prendere in
esame la richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, né a motivare
sul punto.
8. Con riguardo al secondo motivo, relativo all’inutilizzabilità delle
dichiarazioni di Zampetti Gerardo in quanto assunte in violazione dell’art.63,
comma 2, cod.proc.pen., se ne deve rilevare l’inammissibilità.
8.1. Tale motivo di ricorso, impropriamente indicato come censura ai sensi
dell’art.606, comma 1, lett.b) cod.proc.pen. a fronte del dedotto vizio di
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la determinazione della pena tra il minimo ed il massimo edittale rientra tra i

inutilizzabilità della prova, che deve invece includersi nelle ipotesi disciplinate
dall’art.606, comma 1, lett.c) cod.proc.pen., risulta formulato in maniera
aspecifica.
8.2. Questa Corte, anche a Sezioni Unite (Sez. U, n.23868 del 23/04/2009,
Fruci, Rv. 243416; Sez. 6, n.49970 del 19/10/2012, Muià, Rv. 254108; Sez. U,
n.16 del 21/06/2000, Tammaro, Rv. 216249) ha costantemente affermato che
l’obbligo di specificità dei motivi (prescritto dall’art.581 cod. proc. pen.) impone
al ricorrente di allegare e chiarire quali atti sarebbero da considerare inutilizzabili

valutato ed apprezzato dal giudice, sì da potersene inferire la loro decisività in
riferimento al provvedimento impugnato (la c.d. prova di resistenza). Con
principio espresso in riferimento alla eccepita inutilizzabilità degli esiti di
intercettazioni telefoniche, ma evidentemente evocabile anche nel caso di specie,
la Corte ha già avuto occasione di chiarire che “è affetta da genericità la censura
con la quale la parte eccepisca la inutilizzabilità di un atto, senza dedurne, al
tempo stesso, la rilevanza probatoria, nel contesto degli altri elementi di prova”
(Sez. 6, n.159 del 18/10/2000, dep. 10/01/2001, PG in proc. Paviglianiti ed altri,
Rv.219617); e s’è ancora chiarito che (in tema di attività di indagine
asseritamente condotta prima che fosse intervenuto il decreto autorizzativo della
riapertura della fase delle indagini preliminari), quando si prospetta la
sussistenza di atti invalidi o viziati, “occorre dimostrare che essi abbiano
effettivamente tenuto conto della attività illegittimamente espletata, apparendo
indispensabile accertare se il giudice di merito, al fine di formare il proprio
convincimento in relazione ad un provvedimento adottato, abbia concretamente
fatto uso degli atti acquisiti al di fuori del codice di rito. Incombe dunque al
ricorrente l’onere di specificare se e quali atti siano stati effettivamente posti a
base della decisione che intende impugnare” (Sez. 2, n. 669 del 01/02/2000,
Carloni, Rv. 215408; Sez. 5, n.736 del 12/02/1999, Rubino, Rv.212882).
8.3. A tale onere, nella specie, i ricorrenti non hanno ottemperato, ove si
considerino oltretutto i riferimenti contenuti nelle pronunce di merito ad
intercettazioni telefoniche ed altre acquisizioni probatorie poste a base della
decisione, e tanto basta a ritenere la genericità, e perciò la inammissibilità, del
motivo.
9. Al rigetto dei ricorsi segue, a norma dell’art.616 cod.proc.pen., a carico
dei ricorrenti Basciu Efisio e Cammarata Umberto l’onere delle spese del
procedimento.

8

e se e quale incidenza essi abbiano avuto sul complessivo compendio indiziario

P.Q.M.
rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 17/12/2013

AOPer est.

Il Presidente

Il Co

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