Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9886 del 15/10/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 9886 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: PAOLONI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da ROMANO Claudio, nato a Taranto il 14/01/1987, avverso
la sentenza del 1R/11/2012 della Corte di Appello di Lecce sezione di Taranto;
esaminati gli atti, il ricorso e la sentenza impugnata;
udita in pubblica udienza la relazione del consigliere dott. Giacomo Paoloni;
udito il pubblico ministero in persona del sostituto P.G. dott. Alfredo Pompeo
Viola, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
Motivi della decisione

i. Con il ministero del difensore Claudio Romano impugna per cassazione la
sentenza della Corte di Appello indicata in epigrafe che ha confermato la sentenza del
Tribunale di Taranto, con cui è stato riconosciuto colpevole del reato contravvenzionale
(art. 3 bis, co. 4, L. 575/65) di omesso versamento, nel prefissato termine di sessanta
giorni, della cauzione di euro 1.000,00 impostagli con l’applicazione della misura di
prevenzione della sorveglianza speciale di p.s. per tre anni (decreto del Tribunale di
Taranto del 29.10.2008, notificato all’imputato il 10.11.2008, irrevocabile il 23.12.2009).
Con il ricorso si deducono vizi di violazione di legge (artt. 3 bis, co. 4, cit. e 133
c.p.) ed insufficienza e illogicità della motivazione con riferimento ai seguenti due profili.
2.1. I giudici di appello non hanno idoneamente valutato i motivi di gravame in
punto di volontà colpevole del prevenuto. La sola avvenuta notifica all’imputato del
decreto di prevenzione non equivale a prova del dolo del contestato reato di omesso
versamento della cauzione. La Corte salentina avrebbe dovuto verificare l’impossibilità
economica addotta dal Romano, a prescindere dalle notazioni contenute nel decreto di
prevenzione (ove si afferma che l’imputato sarebbe dedito ad attività illecite costituenti le
sue fonti di reddito). Notazioni che anzi, escludendo lo svolgimento di una regolare
attività lavorativa del prevenuto, suffragano la sua addotta indisponibilità finanziaria.
2.2. Incongruamente, in subordine, la Corte di Appello -nel confermare l’entità
della pena inflitta in primo grado- ha omesso di prendere in esame i parametri dettati
dall’art. 133 co. 2 c.p., tenendo ferma una pena eccessiva rispetto alla modesta offensività
del fatto antigiuridico. Immotivatamente la stessa Corte ha negato il beneficio della
sospensione della pena, pur versando l’imputato in condizione di poterne fruire.
2.

Data Udienza: 15/10/2013

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Roma, 15 ottobre 2013
Il consig1ie4 este4isore
Ioni)
(Giacom

I Pre . gente
i Milo)

3. Il ricorso va rigettato, essendo il primo motivo di censura infondato e il secondo
motivo indeducibile.
3.1. La sentenza impugnata ha, con ragionamento logico corretto e conforme agli
orientamenti interpretativi di legittimità (v., ex plurimis: Sez. 5, 11.7.2008 n. 39025,
Iaffaldano, TV. 242325; Sez. 5, 15.7.2011 n. 39359, Sardina, rv. 251532), evidenziato le
ragioni escludenti valore esimente alla situazione di difficoltà economica, soltanto
addotta dall’imputato (in assenza di tracce documentali o storiche di simile evenienza), ai
fini del versamento della cauzione impostagli. I giudici di secondo grado hanno
puntualmente rilevato come l’imputato non abbia offerto ex art. 54 c.p. alcun dato
dimostrativo di una sua situazione reddituale ostativa al versamento della cauzione. Ora,
se non v’è dubbio che l’accertamento della incapacità economica di soddisfare l’obbligo
cauzionale ricade nella cognizione del giudice di merito, è del pari pacifico che grava
sull’imputato l’onere di allegazione di concreti fatti impeditivi del pagamento. Onere
affatto disatteso dall’imputato nel caso di specie.
Quanto alla verifica della coscienza e volontà dell’omissione (elemento soggettivo
del reato), la Corte territoriale ha sottolineato che il Romano ha ricevuto rituale notifica
del decreto di prevenzione e dell’annesso obbligo di versare la cauzione. Evenienza ben
sufficiente a radicare in capo all’imputato la conoscenza dell’obbligo e la sua connessa
consapevole elusione. Tanto più quando si osservi che, integrando il contestato reato ex
alt. 3 bis -co. 4- L. 575/65 una fattispecie contravvenzionale punita anche a titolo di
colpa, non residua alcuno spazio per apprezzare l’eventuale buona fede dell’imputato
nella condotta inottemperante (Sez. 6, 26.9.2012 n. 39957, Zungri, rv. 253496).
3.2. Le censure afferenti al trattamento sanzionatorio (determinato in misura
equivalente al minimo edittale) delineano una violazione di legge (artt. 133, 163 c.p.) non
prospettabile in questa sede, perché non già in concreto dedotta con i motivi di appello
avverso la decisione di primo grado, tale non potendo certo considerarsi la generica
richiesta di stile conclusiva dell’atto d’impugnazione (“benefici di legge ove concedibili”).
In ogni caso i rilievi del ricorrente sono infondati, perché la sentenza impugnata ha
comunque argomentato l’esistenza di situazioni ostative alla concessione delle attenuanti
generiche e alla formulazione di favorevole prognosi comportamentale ex art. 163 c.p.
Al rigetto dell’impugnazione segue per legge la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.

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