Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 987 del 17/12/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 987 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: SERRAO EUGENIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
KASTRATI ARMEND N. IL 01/01/1991
avverso la sentenza n. 3552/2012 CORTE APPELLO di VENEZIA, del
08/04/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. EUGENIA SERRAO
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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che ha concluso per
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Usi o, per a parte civile, Avv
\Udit i difensor Avv

Data Udienza: 17/12/2013

RITENUTO IN FATTO
1. In data 22/06/2012 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di
Verona, a seguito di giudizio abbreviato, dichiarava Kastrati Armend, unitamente
ad altro imputato, colpevole dei reati ascrittigli, unificati dal vincolo della
continuazione, esclusa l’aggravante di cui all’art.61 n.7 cod. pen., e lo
condannava alla pena di anni tre di reclusione ed euro 1.000,00 di multa per il
delitto di cui agli artt.110,624 bis, 625 n.2 e n.5, 61 n.5 cod. pen., per essersi

sottraendola da tre slot-machine, da un’apparecchiatura cambia monete e dalla
cassa, introducendosi all’interno della birreria AI Drago con l’aggravante di aver
commesso il fatto mediante violenza sulle cose, forzando e danneggiando la
porta d’ingresso della birreria e in numero di persone superiore a tre oltre che
per aver approfittato dell’orario notturno, nonchè per essersi impossessato in
concorso con altri di una slot-machine contenente la somma di euro 1.000,00,
del cassetto registratore di cassa contenente euro 150,00, di un computer e di
un blocco assegni sottraendoli dal Black Out Cafè ivi introducendosi, con le
medesime aggravanti.
2. L’8/04/2013 la Corte di Appello di Venezia confermava la sentenza del
Tribunale di Verona sulla base delle seguenti argomentazioni: a) l’appellante
censurava le ordinanze con cui il Giudice per le indagini preliminari aveva
respinto l’eccezione di incompetenza territoriale dell’autorità giudiziaria di Verona
in favore di quella di Brescia, ma si trattava di motivo di appello infondato in
quanto l’eccezione si basava sull’astratta configurabilità del vincolo di
continuazione tra i reati commessi nel territorio veronese e il reato più grave
commesso ad Adro il 22/10/2011, non applicabile nel caso concreto per la
prevalenza dell’interesse del coimputato, estraneo a tale ultimo fatto, a non
essere sottratto al suo giudice naturale; b) l’appellante lamentava che il giudice
avesse rigettato l’istanza di acquisizione degli elementi di prova documentale
costituiti da certificazioni mediche relative alle condizioni di salute dell’imputato
ed all’interrogatorio reso dal medesimo in procedimento connesso dinanzi al
Pubblico Ministero di Brescia, ma tale documentazione, acquisita agli atti,
evidenziava che il coimputato Kajashi non risultava imputato in quel
procedimento; c) nel merito, la Corte argomentava la conferma della condanna
sulla base di una serie di riscontri che deponevano per l’attendibilità delle
dichiarazioni accusatorie di Celhaka Etlent, chiamante in correità, con riguardo
all’episodio del 23/09/2011, e sulla base della prova diretta rappresentata
dall’individuazione fotografica e dalla deposizione del testimone oculare Seneci
Marco con riferimento all’episodio del 26/09/2011. La Corte precisava, poi,
2

impossessato in concorso con altra persona della somma di euro 5.700,00

quanto al fatto che la vittima del primo reato avesse riconosciuto nel Celhaka la
persona presente nel suo locale nel pomeriggio antecedente il furto, in contrasto
con quanto dichiarato da quest’ultimo nel suo interrogatorio, che si trattava di
elemento che non potesse assumere alcuna valenza decisiva al fine di inficiare la
credibilità soggettiva e l’affidabilità intrinseca della chiamata del Celhaka,
sottolineando che l’errore ricognitivo in cui era verosimilmente incorso il
proprietario del locale non riguardava in ogni caso la persona dell’appellante. La

sanzionatorio, escludendo sulla base delle modalità del fatto la possibilità di
configurare l’attenuante della minima partecipazione al reato o di concedere le
attenuanti generiche, evidenziando come il Giudice per le indagini preliminari
avesse determinato la pena base in misura corrispondente al minimo della pena
detentiva, con aumento per la continuazione in misura adeguata all’oggettiva
gravità del furto satellite.
3. Ricorre per cassazione Kastrati Armend deducendo inosservanza ed
erronea applicazione della legge penale, mancanza o manifesta illogicità della
motivazione risultante dal testo del provvedimento in riferimento alla
qualificazione giuridica del fatto e alla valutazione delle prove.
3.1. Il ricorrente lamenta il mancato accoglimento dell’eccezione di
incompetenza territoriale richiamando la sentenza n.117 del 1972 della Corte
Costituzionale, che ha ammesso la possibilità di spostare la competenza da un
giudice a un altro quando ciò sia funzionale a principi quali l’ordine e la coerenza
nella decisione di cause tra loro connesse, per cui l’applicazione delle norme sulla
competenza per connessione tutela il diritto del ricorrente ad essere valutato dal
suo giudice naturale.
3.2. Con riguardo al rigetto dell’istanza con cui si chiedeva l’ammissione
dell’invito a rendere interrogatorio e della documentazione medica, il ricorrente
ha chiesto l’ammissione di tali documenti e la riforma della sentenza impugnata
tenendo conto dei medesimi.
3.3. La sentenza impugnata, assume il ricorrente, sarebbe poi illogica e
viziata in quanto fondata sulla mera chiamata in correità da parte di Celhaka,
peraltro contrastante con le informazioni testimoniali fornite dal gestore del bar
Black Out Cafè.
3.4. Il ricorrente censura, infine, la decisione impugnata sotto il profilo del
trattamento sanzionatorio riservato al ricorrente rispetto ai compartecipi, che
sulla base dei medesimi elementi avevano beneficiato della concessione delle
attenuanti generiche in sede di applicazione della pena ai sensi dell’art.444
cod.proc.pen.
3

Corte, infine, rigettava anche i motivi di appello concernenti il trattamento

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Il ricorrente
censura la motivazione con la quale la Corte di Appello ha rigettato l’eccezione di
incompetenza territoriale fornendo un’interpretazione del provvedimento
impugnato non congrua rispetto al testo della sentenza. La Corte territoriale ha,
invero, confermato il rigetto dell’eccezione, pur ritenendola tempestivamente
proposta, sul rilievo che l’interesse del coimputato Kajashi ad essere valutato dal

unitaria dei due procedimenti che lo riguardavano. La Corte territoriale ha, in
proposito, correttamente applicato il principio interpretativo che costituisce
orientamento consolidato nella giurisprudenza di questa Corte secondo il quale la
connessione fondata sull’astratta configurabilità del vincolo della continuazione è
idonea a determinare lo spostamento della competenza soltanto quando
l’identità del disegno criminoso sia comune a tutti i compartecipi, giacché
l’interesse di un imputato alla trattazione unitaria di fatti in continuazione non
può pregiudicare quello del coimputato a non essere sottratto al giudice naturale
Baruffo,

(Sez. 1, n.8526 del 09/01/2013,

Rv. 254924;

Sez. 1, n.5725 del 20/12/2012 Cc.,dep. 05/02/2013, Settepani, Rv. 254808;
Sez. 1, n.38170 del 23/09/2008, Schiavone, Rv. 241143).
2. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile in quanto aspecifico,
trattandosi all’evidenza della mera reiterazione di un motivo di appello in cui il
ricorrente non si confronta con la motivazione fornita, sul punto, dalla Corte di
Appello, e comunque tendente ad ottenere una valutazione nel merito dei
documenti indicati, non consentita in questa sede. Dalla sentenza impugnata
risulta, peraltro, in contrasto con la censura posta a base del motivo di ricorso,
che i documenti indicati dalla difesa sono stati acquisiti agli atti e valutati dalla
Corte, sia con riferimento all’eccezione d’incompetenza (pag.7), sia con
riferimento al trattamento sanzionatorio (pag.9).
3. Il terzo motivo di ricorso è infondato. Con riguardo ai limiti del sindacato
di legittimità, delineati dall’art. 606, comma 1, lett.e), cod.proc.pen., come
vigente a seguito delle modifiche introdotte dalla I. n. 46 del 2006, questa Corte
ritiene che la predetta novella non abbia comportato la possibilità, per il giudice
della legittimità, di effettuare un’indagine sul discorso giustificativo della
decisione finalizzata a sovrapporre una propria valutazione a quella già effettuata
dai giudici di merito, dovendo il giudice della legittimità limitarsi a verificare
l’adeguatezza delle considerazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per
sottolineare il suo convincimento.

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proprio giudice naturale prevalesse sull’interesse dell’appellante alla trattazione

3.1. Nel caso in esame la Corte territoriale ha indicato, con ampia
motivazione, le ragioni per le quali le dichiarazioni del chiamante in correità
Celhaka dovessero ritenersi attendibili, elencando (pag.7) una serie di riscontri
idonei a corroborarle, ed ha fornito logica motivazione in merito alla valenza
secondaria e non decisiva della non coincidenza tra talune dichiarazioni del
chiamante in correità e il gestore del bar Black Out Cafè, pervenendo a tale
valutazione sia sulla scorta dell’autonoma idoneità di taluni riscontri

sull’osservazione per cui le dichiarazioni del chiamante e della vittima
coincidevano con riferimento alla persona del Kastrati.
4. Il quarto motivo di ricorso è manifestamente infondato. Il ricorrente si
duole della concessione delle circostanze attenuanti generiche ai compartecipi
ma tale doglianza collide con il testo del provvedimento impugnato, che ha
riservato identico trattamento ai due appellanti, con congrua motivazione. Non
viene, peraltro, indicato nei confronti di quali compartecipi il giudice di merito
avrebbe operato tale diversa valutazione. Giova sottolineare come sia lo stesso
ricorrente ad indicare, genericamente, che la concessione delle attenuanti
generiche avrebbe riguardato i compartecipi che hanno visto la definizione del
giudizio mediante applicazione della pena ai sensi dell’art.444 cod.proc.pen., per
cui la doglianza è con evidenza infondata anche in ragione del fatto che il
giudizio di comparazione fra le circostanze di cui all’art.69 cod.pen. in sede di
patteggiamento ha la sola funzione di determinare la pena, senza incidere sulla
qualificazione del fatto (Sez. 2, n.24862 del 29/05/2009, P.G nei confr.
Randazzo, Rv.244340).
5. Segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente, a norma
dell’art.616 cod.proc.pen., al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 7/12/2013

individualizzanti a fornire la prova della partecipazione del Kastrati al furto sia

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