Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9864 del 29/01/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 9864 Anno 2014
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: ZAZA CARLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Bardi Maria, nata a Palermo il 09/02/1955

avverso la sentenza del 05/11/2012 della Corte d’Appello di Palermo

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Carlo Zaza;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Aurelio
Galasso, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per l’imputata l’avv. Fabiana Fois, che ha concluso per l’accoglimento del
ricorso;

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza impugnata, in parziale riforma della sentenza del Tribunale
di Palermo del 24/03/2010, veniva confermata l’affermazione di responsabilità di
Maria Bardi per il reato continuato di cui agli artt. 416, 476, 48, 479 e 648 cod.

/
1

Data Udienza: 29/01/2014

pen., commesso in Palermo fino al 12/05/2004 costituendo con Filippo Aversa,
Giuseppe Di Miceli e Giuseppe Allegra un’associazione diretta alla contraffazione
di documenti di identità e di residenza, certificazioni di reddito, buste paga ed
attestazioni di versamento su conti correnti postali, anche su moduli e carte
intestate di provenienza delittuosa e con falsificazione di timbri del Comune,
della Prefettura e dell’Agenzia delle entrate di Palermo, ed alla realizzazione di
truffe in danno di banche, società finanziarie, agenzie postali e finanziarie e
concessionarie di autovetture mediante presentazione dei falsi documenti di cui
sopra (capo A); falsificando dieci bollettini postali e le relative attestazioni di
versamento fino al 30/09/2003 (capo C); ricevendo carta intestata per la stampa
di certificati, provento di furto in danno del Comune di Palermo, fino al
16/01/2003 (capo F); e inducendo notai incaricati dell’autenticazione di firme
sulle scritture private di vendita di quattro autovetture ad indicare negli atti le
generalità non autentiche di Rosita Masiero, corrispondenti ai falsi documenti
esibiti, fino al 13/12/2001 (capo N). La sentenza di primo grado veniva riformata
con la declaratoria di estinzione per prescrizione di ulteriori reati di falso in
certificazioni e timbri, ricettazione e truffa e la conseguente rideterminazione
della pena in anni tre e mesi otto di reclusione, confermandosi la condanna della
Bardi al risarcimento dei danni in favore delle parti civili Fineco Bank s.p.a. e
Poste Italiane s.p.a..
L’imputata ricorre sui punti e per i motivi di seguito indicati.
1.

Sull’affermazione di responsabilità per il reato di associazione per

delinquere, la ricorrente deduce violazione di legge ed illogicità della motivazione
nel riferimento ad elementi inidonei ad evidenziare la sussistenza di un vincolo
associativo piuttosto che di un mero concorso nel reato continuato, quali
l’organizzazione, compatibile anche con l’istituto del concorso attraverso la
previsione di una specifica aggravante nell’art. 112 cod. pen., la disponibilità di
mezzi quali timbri e documenti falsi, peraltro in quantità limitata e nella
disponibilità del coimputato Rigati, e la provenienza dei documenti da furti o
appropriazioni di cose smarrite, fatti precedenti a quelli contestati. Lamenta
altresì mancanza di motivazione nel mero richiamo degli argomenti della
sentenza di primo grado sulla sussistenza di un accordo di carattere associativo.
2. Sulla mancata declaratoria di estinzione per prescrizione del reato di falso
in autenticazioni notarili di cui al capo N, la ricorrente deduce violazione di legge
nell’esclusione della causa estintiva per la ritenuta ricorrenza dell’ipotesi
aggravata della commissione del reato su atti fidefacenti, di cui all’art. 476,
comma secondo, cod. pen., in mancanza di un’espressa contestazione di detta
circostanza aggravante ad effetto speciale.

2

3. Sul trattamento sanzionatorio, la ricorrente deduce violazione di legge nel
diniego delle attenuanti generiche, in contrasto con l’incensuratezza, il ruolo
marginale ed il comportamento collaborativo dell’imputata, e mancanza di
motivazione in ordine alla determinazione della pena, per la quale non veniva
quantificato il grado di responsabilità della Bardi rispetto a quello dei coimputati.

1. I motivi di ricorso relativi all’affermazione di responsabilità dell’imputata
per il reato di associazione per delinquere sono infondati.
La sussistenza del vincolo associativo era congruamente motivata dalla
Corte territoriale in base alla prolungata reiterazione dell’attività criminosa,
risoltasi nell’apertura, mediante i falsi documenti di identità, di ben tredici conti
correnti postali con riferimento ai quali venivano emessi gli assegni ed era
ottenuto il rilascio delle carte di credito e dei prestiti personali utilizzati per
l’acquisto di beni rivenduti a terzi senza pagare le relative rate di finanziamento;
al protrarsi di detta attività per un periodo di tre anni; alla costante disponibilità
di documenti contraffatti, ottenuti con l’uso di strumenti di riproduzione in
numero indeterminato, quali i timbri falsificati; alla riconducibilità di questi
aspetti ad un progetto delittuoso ben definito; ed alla suddivisione dei compiti
fra gli imputati.
La specificità delle argomentazioni riportate rende evidente l’infondatezza
delle censure della ricorrente sull’asserita riduzione della motivazione della
sentenza impugnata al richiamo della decisione di primo grado. La pluralità degli
elementi descritti supera poi il mero dato del carattere genericamente
organizzato dell’attività delittuosa, che pertanto, contrariamente a quanto
sostenuto dalla ricorrente, non esaurisce il fondamento motivazionale delle
conclusioni dei giudici di merito sul punto. Irrilevanti sono d’altra parte i
riferimenti del ricorso alla provenienza dei moduli, sui quali i falsi documenti
venivano realizzati, da illeciti appropriativi anteriori alle condotte contestate, ed
all’affidamento della fornitura dei documenti al coimputato Rigati, nel momento
in cui veniva valorizzata, ai fini dell’esistenza del reato associativo, la
disponibilità, comunque assicurata, dei documenti; mentre sono oggetto di mere
valutazioni di merito, peraltro anch’esse comunque non decisive rispetto al dato
determinante della costante fruibilità dei documenti, le considerazioni della
ricorrente sulla quantità degli stessi.

3

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. I motivi di ricorso relativi alla mancata declaratoria di estinzione per
prescrizione del reato di falso in autenticazioni notarili di cui al capo N sono
infondati.
Non essendo in discussione che la sussistenza dell’aggravante della
falsificazione di atti fidefacenti determini il termine prescrizionale del reato in
misura che ne esclude nel caso concreto la decorrenza, e posto che la predetta
qualifica deve senz’altro essere riconosciuta per gli atti di autentica notarile
oggetto dell’imputazione in esame (Sez. 5, n. 10335 del 07/10/1983, Favuzza,

assenza di un espresso riferimento all’ipotesi aggravata di cui al secondo comma
dell’art. 476 cod. pen., il riferimento viceversa esplicito dell’imputazione alle
autenticazioni delle firme implicasse la contestazione dell’aggravante in parola. A
tali fini non è invero necessaria l’enunciazione testuale della fattispecie
circostanziale o della disposizione normativa che specificamente la prevede;
essendo viceversa sufficiente che l’imputato sia posto nelle condizioni di
espletare pienamente la propria difesa sugli elementi di fatto che integrano
l’aggravante (Sez. 2, n. 47863 del 28/10/2003, Ruggio, Rv. 227076), principio
peraltro specificamente affermato con riguardo alla circostanza in discussione
(Sez. 5, n. 38588 del 16/09/2008, Fornaro, Rv. 242027). Ed il richiamo
dell’imputazione, nella specie, agli atti di autentica notarile, attiene
indubbiamente al dato di fatto essenziale ai fini della configurabilità
dell’aggravante.

3. I motivi di ricorso relativi al trattamento sanzionatorio sono infondati.
La sentenza impugnata era adeguatamente motivata in base alla gravità dei
fatti, desunta dalla creazione di una struttura organizzata in grado di portare a
termine numerose operazioni illecite, dall’utilizzazione di moduli di carte
d’identità in bianco e dalla dimensione dei danni e degli illeciti profitti, ed al
riflesso di tali considerazioni sulla personalità dell’imputata, in quanto
dimostrative dello svolgimento di un’attività criminosa in via esclusiva e con
modalità professionali; indicazioni che soddisfano l’onere motivazionale sulle
valutazioni in ordine alle attenuanti generiche ed alla determinazione della pena,
che non comprende l’esame di tutti i parametri indicati nell’art. 133 cod. pen.,
ma si esaurisce nella precisazione di elementi ritenuti rilevanti ai predetti fini
(Sez. 6, n. 35346 del 12/06/2008, Bonarrigo, Rv. 241189; Sez. 1, n. 33506 del
07/07/2010, Biancofiore, Rv. 247959; Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011,
Sermone, Rv. 249163; Sez. 3, n. 23055 del 23/04/2013, Banic, Rv. 256172) e
nel conseguente, implicito giudizio di irrilevanza di ulteriori profili, quali nella
specie quelli segnalati dalla ricorrente. I rilievi che precedono erano
4

Rv. 161509), correttamente si osservava nella sentenza impugnata come, pur in

espressamente riferiti dai giudici di merito sia al diniego delle attenuanti
generiche, sia alla quantificazione della pena. Insussistente è pertanto il
lamentato vizio di carenza motivazionale su questo secondo aspetto; non senza
considerare che la pena-base per il più grave reato di cui al capo N veniva
peraltro fissata in dimensione corrispondente al minimo edittale, tanto rendendo
comunque irrilevante il dedotto tema della valutazione della percentuale di
responsabilità della Bardi rispetto a quella dei coimputati.

C il termine prescrizionale, per tenendosi conto di sospensioni per complessivi
mesi cinque e giorni uno, risulta decorso il 18/05/2013.
Le considerazioni di cui ai punti precedenti evidenziano come i motivi di
ricorso siano infondati, ma non inammissibili. La sentenza impugnata deve
pertanto essere annullata senza rinvio limitatamente alla declaratoria di
estinzione del reato di cui sopra ed all’eliminazione della relativa pena,
corrispondente all’aumento di un mese di reclusione ai sensi dell’art. 81 cod.
pen..

P. Q. M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata al capo sub C per essere detto reato
estinto per prescrizione, ed elimina la relativa pena pari ad un mese di
reclusione; rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma il 29/01/2014

Il Presidente

4. Va peraltro osservato che per il reato di falso in attestati contesto al capo

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA