Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9862 del 29/01/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 9862 Anno 2014
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: ZAZA CARLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Girola Giovanni, nato a Cislago il 26/11/1965

avverso la sentenza del 28/02/2012 del Tribunale di Varese

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Carlo Zaza;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Aurelio
Galasso, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza impugnata, in parziale riforma della sentenza del Giudice di
pace di Varese del 29/04/2010, veniva confermata l’affermazione di
responsabilità di Giovanni Girola per il reato di cui all’art. 595 cod. pen.,
commesso il 26/06/2007 in danno dell’aw. Andrea Giancristofaro inviando
all’Ordine degli Avvocati di Varese una missiva nella quale accusava il-predetto

1

Data Udienza: 29/01/2014

legale, in relazione ad un procedimento ingiuntivo dallo stesso promosso nei
confronti del Girola per il pagamento di prestazioni professionali, di
incompetenza e malafede, nonché di essersi procurato una falsa parcella grazie
all’associazione a delinquere con lo stesso Ordine. La sentenza di primo grado
veniva riformata con la rideterminazione della pena, per effetto del
riconoscimento di attenuanti generiche prevalenti, in C. 300 di multa, ferma
restando la condanna al risarcimento dei danni in favore della parte civile.
L’imputato ricorre sui punti e per i motivi di seguito indicati.

motivazione in ordine all’attendibilità della persona offesa, con riguardo
all’elemento psicologico del reato, ed ai rilievi dell’atto di appello sul riferimento
dell’espressione «falsa parcella» ad un documento non corrispondente alle
prestazioni e sull’essere il richiamo all’associazione a delinquere oggetto di una
mera domanda retorica rivolta dall’esponente a sé stesso.
2. Sul diniego delle scriminanti di cui agli artt. 51, 598 e 599 cod. pen., il
ricorrente deduce violazione di legge e mancanza di motivazione in ordine
all’invio dell’esposto anche alla Procura della Repubblica di Varese ed alla
ravvisabilità di un fatto ingiusto della persona offesa nell’aver accusato il Girola,
in una comparsa di costituzione e risposta, di malafede o quanto meno di colpa
grave nell’instaurare il giudizio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I motivi di ricorso relativi all’affermazione di responsabilità dell’imputato
sono infondati.
Il tema dell’attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa, posto dal
ricorrente in quanto asseritamente non oggetto di adeguata motivazione, è
invero irrilevante nel momento in cui la sussistenza del reato contestato, anche
sotto il profilo dell’elemento psicologico, era affermata nella sentenza impugnata
con riguardo all’indiscussa presenza, nella missiva di cui all’imputazione, di
espressioni oggettivamente offensive dell’onore e della reputazione di un legale,
quali quelle riferite alla redazione di una falsa parcella e all’adesione ad
un’associazione criminosa. In questa prospettiva, tale oggettivo significato delle
espressioni veniva coerentemente valutato dai giudici di merito quale implicante
consapevolezza, nel ricorrere alle stesse, di produrre un risultato inevitabilmente
lesivo dei valori tutelati dalla norma incriminatrice; ed a ciò il ricorrente oppone
mere valutazioni di merito su possibili diverse interpretazioni delle frasi in

2

1. Sull’affermazione di responsabilità, il ricorrente deduce mancanza di

discussione, estranee al giudizio di legittimità e comunque non tali da escludere
la portata offensiva delle stesse.

2. Sono altresì infondati i motivi di ricorso relativi al diniego delle scriminanti
di cui agli artt. 51, 598 e 599 cod. pen..
Per quanto riguarda l’ipotesi di cui all’art. 598 cod. pen., anche a voler
ritenere la stessa astrattamente configurabile per l’esposto inviato da un privato
al Consiglio di un ordine forense, il riferimento del ricorrente alla contestuale

considerazioni della sentenza impugnata sull’intervenuta archiviazione del
relativo procedimento; non senza considerare, peraltro, che le gratuite accuse di
falsità nella redazione dalla parcella e di appartenenza ad un’associazione a
delinquere risultano all’evidenza esorbitanti rispetto a quanto consentito nella
presentazione di un esposto in sede disciplinare, e come tali di per sé offensive.
Quanto alla scriminante della provocazione, il Tribunale escludeva
coerentemente la ravvisabilità di un fatto ingiusto nell’iniziativa della persona
offesa di richiedere l’emissione di un decreto ingiuntivo nei confronti
dell’imputato, valutazione implicitamente estesa agli atti di parte del relativo
giudizio, quale la comparsa di costituzione e risposta del quale il ricorrente
lamenta i contenuti provocatori; rilevando peraltro anche a questi fini la
virulenza delle frasi contestate, in quanto comunque espressive di sproporzione
della dedotta reazione rispetto al fatto asseritamente ingiusto, correttamente
valutabile come indicativo dell’insussistenza delle condizioni per la ravvisabilità
dell’attenuante in esame, in particolare lo stato di ira ed il rapporto causale dello
stesso con il comportamento del soggetto passivo (Sez. 5, n. 24693 del
02/03/2004, Vannozzi, Rv. 228861; Sez. 1, n. 30469 del 15/07/2010, Lucianò,
Rv. 248375).
Congrua era infine la motivazione della sentenza impugnata nell’escludere la
sussistenza dell’invocata scriminante del diritto di critica laddove la condotta
trascenda, come ritenuto nel caso di specie, in espressioni ingiustificatamente
aggressive dell’onore e della reputazione della persona il cui comportamento
viene denunciato, meramente denigratorie e sovrabbondanti rispetto alla scopo
informativo proprio della denuncia (Sez. 5, n. 208 del 13/12/2005, Gangemi, Rv.
233054; Sez. 5, n. 29730 del 04/05/2010, Andreotti, Rv. 247966; Sez. 5, n.
15060 del 23/02/2011, Dessì, Rv. 250174), e tali da superare pertanto il limite
della continenza che comunque regola il legittimo esercizio del diritto in esame
(Sez. 5, n. 36602 del 15/07/2010, Selmi, Rv.248432).
Il ricorso deve quindi essere rigettato, seguendone la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
3

trasmissione dell’esposto alla Procura della Repubblica di Varese è superato dalle

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 29/01/2014

Il Presidente

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA