Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9861 del 22/01/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 9861 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: LAPALORCIA GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
NIGRO CARMELO N. IL 05/01/1980
NIGRO CONCETTO VALENTINO N. IL 14/02/1981
TIMPERANZA LUCA N. IL 13/03/1972
avverso la sentenza n. 32/2012 CORTE ASSISE APPELLO di
CATANIA, del 12/11/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GRAZIA LAPALORCIA
Udito il Procuratore Generale in persona del ott.
che ha concluso per Al pie\ Oryn
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit idifensor Avv.

Data Udienza: 22/01/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Oggetto di ricorso è la sentenza in data 12-11-2012 della Corte di Assise di Appello di
Catania, che, in parziale riforma di quella della Corte di Assise di Siracusa del 24-72003, relativa ad una più ampia vicenda processuale, ha dichiarato non doversi
procedere nei confronti di Luca TIMPERANZA, Carmelo NIGRO e Concetto Valentino
NIGRO ex art. 649 cod. proc. pen. in relazione al capo 01), limitatamente ai reati di

in mesi tre di reclusione l’aumento per continuazione relativamente al residuo reato per il quale non operava il bis in idem- di cui allo stesso capo d’imputazione (art. 23
legge 110/1975, arma clandestina).
2.

La sentenza era pronunciata in sede di rinvio in quanto quella della Corte di Assise di
Appello di Catania, datata 25-10-2010, era stata annullata con sentenza 24-4-2012
della prima sezione penale di questa corte, in parziale accoglimento del ricorso degli
imputati.

3.

La pronuncia di annullamento era stata giustificata con la mancata motivazione sul
punto della ritenuta diversità tra il capo 01 ed il capo B (oggetto di condanna
irrevocabile), il quale ultimo prevedeva la detenzione ed il porto illegali di una serie di
armi, tra le quali il predetto fucile cal. 12.

4.

Gli imputati hanno proposto ricorso tramite i rispettivi difensori deducendo Timperanza
e Carmelo Nigro i vizi di cui alle lett. b), c), e) di cui all’art. 606 cod. proc. pen.,
Concetto Nigro erronea applicazione della legge penale in ordine alla nozione di
‘medesimo fatto’ di cui all’art. 649 stesso codice.

5.

I tre ricorsi -i primi due dei quali sono sovrapponibili- pongono comunque tutti la
medesima ed unica questione e cioè che la corte territoriale, nello scindere dal capo 01)
la detenzione ed il porto di arma clandestina, ritenuti fatto diverso dalla detenzione e
porto illegale di arma comune da sparo contestati anche al capo B), e quindi nel
ritenere solo parziale il bis in idem, non aveva tenuto conto che il capo 01) non
contestava l’assenza sul fucile, peraltro non ritrovato, dei numeri, contrassegni e sigle
che caratterizza l’arma clandestina, non essendo quindi invocabili, a differenza da
quanto si legge nella sentenza impugnata, la condotta diversa e il diverso interesse
tutelato dalle due norme incriminatrici.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono infondati e vanno disattesi.
2. Occorre premettere che la sentenza di annullamento è assolutamente chiara nel
segnare i limiti del tema devoluto al giudice del rinvio, quello cioè del possibile bis in
idem tra la detenzione e il porto illegali del fucile cal. 12, contestati al capo B) anche

2

detenzione e porto di un fucile cal. 12 (artt. 10, 12 e 14 legge 497/1974) determinando

per altre armi, e le stesse condotte contestate al capo 01) con specifico riferimento
all’arma usata per l’omicidio Rizzotto.
3. A fronte di tale precisa indicazione del giudice dell’annullamento, i ricorrenti tentano di
sostenere, al fine di avvalorare la conclusione che il divieto del bis in idem colpirebbe il
capo 01) nella sua integralità, che questo riguarda soltanto la detenzione ed il porto
illegali del fucile di cui sopra, non anche la detenzione ed il porto della stessa arma in
quanto clandestina.
L’assunto è smentito dalla semplice lettura del capo 01), in cui il richiamo agli artt. 10,
12 e 14 legge 497/1974 non solo è accompagnato da quello all’art. 23, commi terzo e
quarto, legge 110/1975 (relativo alla detenzione e al porto di armi clandestine), ma è
seguito dalla descrizione della condotta relativa alla detenzione e porto in luogo
pubblico dell’arma clandestina rappresentata dal fucile cal. 12.
5. A fronte di ciò invano i ricorrenti assumono la mancata contestazione, nell’editto
accusatorio, della mancanza dei numeri, contrassegni e sigle di cui all’art. 11 legge
110/1975 relativi all’immatricolazione delle armi comuni da sparo, essendo nella specie
sufficiente, a dar conto della contestazione, il richiamo alla norma incriminatrice (art.
23, commi terzo e quarto legge citata) e la qualificazione dell’arma come clandestina,
secondo la formula usata nella norma stessa, nella quale il richiamo all’art. 11 serve
solo a precisare il concetto di arma clandestina.
6.

E’ quindi giustificata la conclusione della corte d’assise d’appello circa la ricorrenza del
bis in idem limitatamente alla parte del capo 01) relativa alla detenzione e porto illegali
di arma comune da sparo, e circa la sopravvivenza del fatto, caratterizzato da una
condotta diversa e da un diverso interesse tutelato, della detenzione e porto di arma
clandestina.

7. Al rigetto dei ricorsi segue la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese
del procedimento.

P. Q. M.

Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Roma 22-1-2014

4.

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