Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9858 del 22/01/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 9858 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: LAPALORCIA GRAZIA

Data Udienza: 22/01/2014

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LEONE MICHELE N. IL 12/09/1943
nei confronti di:
BARBERIO ARMANDO PAOLO N. IL 29/06/1962
avverso la sentenza n. 1/2010 TRIB.SEZ.DIST. di GINOSA, del
11/04/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GRAZIA LAPALORCIA
Udito il Procuratore Generale in persA a del Dott. r s Ue.1″-T- i
che ha concluso per

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RITENUTO IN FATTO

1.La sentenza del 13-5-2009 il Giudice di pace di Taranto con cui Armando Paolo Barberio era
stato assolto, con la formula perché il fatto non costituisce reato, dal reato di minaccia
continuata in danno di Michele LEONE, era riformata, su appello del PG e della parte civile, con
pronuncia in data 11-4-2011 del tribunale delle stessa sede, sez. dist. di Ginosa, che
dichiarava non doversi procedere nei confronti del Barberio per essere il reato ‘estinto per

minacce erano state rivolte soltanto ad un terzo, Leonardo Colucci, il quale non si era
querelato).
2.Ha proposto ricorso la parte civile Leone, tramite il difensore procuratore speciale,
deducendo con il primo motivo mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della
motivazione ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., in relazione all’esame della
persona offesa -del quale, come di quello del Colucci, riportava ‘le parti salienti’- da cui
risultava che le minacce erano state rivolte tanto al Colucci che al Leone, dovendo il primo
riferirle al secondo.
3.Con il secondo motivo si deduceva erronea applicazione della legge penale in quanto
l’eventuale rilevanza attribuita alla non presenza del Leone alle minacce sarebbe stata in
contrasto con l’orientamento giurisprudenziale di questa corte dimostrando le prove assunte,
per fatti concludenti, la volontà dell’imputato che le espressioni intimidatorie fossero riferite al
Leone, affittuario del fondo in cui lavorava il Colucci e dal quale Barberio intendeva
estrometterlo.
4.Con il terzo motivo il ricorrente lamentava inosservanza di norme processuali stabilite a pena
di nullità in relazione all’art. 491 cod. proc. pen. e per contraddittorietà tra dispositivo e
motivazione in quanto la questione relativa alla legitimatio ad causam della parte civile
avrebbe dovuto essere proposta subito dopo la costituzione delle parti nel giudizio di primo
grado, mentre era stata rilevata d’ufficio dal giudice. Comunque era dedotta violazione dell’art.
129, comma 2, codice di rito, stante l’assoluzione in primo grado.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso va disatteso.
2.AI momento della proposizione di esso era già prevalente, anche se non esclusivo,
l’orientamento di questa corte che reputava inammissibile, per mancanza d’interesse, il ricorso
della parte civile avverso la sentenza di proscioglimento per difetto di querela sui seguenti
rilievi: a) tale pronuncia, non coinvolgendo il merito dei rapporti patrimoniali tra le parti, non
impedisce al giudice civile di conoscere senza vincoli le conseguenze dannose derivanti dal
fatto; b) essa ha natura esclusivamente penale e, non contenendo alcuna statuizione di merito
sull’azione civile, non può determinare effetti pregiudizievoli in un eventuale giudizio civile; c)
2

difetto di querela’ (in motivazione si precisava che dalla deposizione della p.o. risultava che le

in difetto di impugnazione da parte del pubblico ministero, l’eventuale accoglimento del ricorso
potrebbe solo comportare l’annullamento con rinvio al giudice civile per la decisione sulle
pretese risarcitorie; d) la decisione non impedisce al giudice civile di riconoscere,
eventualmente, che il danno è conseguenza di un fatto-reato e, quindi, di accertare non solo il
danno patrimoniale ma anche quello non patrimoniale derivante dalla perpetrazione del reato
stesso.
3.11 contrasto giurisprudenziale è stato risolto medio tempore dalla pronuncia delle sezioni

ricordato, ha stabilito che la parte civile è priva di interesse a proporre impugnazione avverso
la sentenza di proscioglimento dell’imputato per improcedibilità dell’azione penale dovuta a
difetto di querela, trattandosi di pronuncia penale meramente processuale priva di idoneità ad
arrecare effetti pregiudizievoli al proponente ai fini dell’azione civilistica.
4.Mentre non si ravvisano ragioni, non indicate neppure dalla difesa della parte civile nella
discussione orale, per non dare continuità alla pronuncia delle sezioni unite, si ritiene
comunque di tener conto che alla data della presentazione del ricorso vi era anche l’indirizzo di
opposto segno che riconosceva l’interesse della parte civile ad impugnare la sentenza di
proscioglimento per difetto di querela. Il gravame va quindi rigettato -e non dichiarato
inammissibile- con conseguente condanna del ricorrente alle spese del procedimento.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

unite penali di questa corte (35599/2012) che, facendo proprio l’indirizzo maggioritario appena

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