Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9856 del 17/01/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 9856 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CAVICCHIO ALFREDO (ANCHE PCN) N. IL 01/02/1938
IACOBELLI PIO (ANCHE PCN) N. IL 15/09/1980
avverso la sentenza n. 12/2011 TRIB.SEZ.DIST. di GAETA, del
12/11/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FERDINANDO LIGNOLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 17/01/2014

Udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Francesco Salzano, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
per l’imputato Iacobelli l’avv. Alessandra Bettoni ha concluso per l’accoglimento
del ricorso.

1. Con la sentenza del 19 luglio 2010, il Giudice di pace di Gaeta condannava
Cavicchio Alfredo e Iacobelli Pio per il reato di lesioni personali volontarie
ciascuno in danno dell’altro, oltre al risarcimento dei danni, con compensazione
delle spese di costituzione e difesa.
2. Il Tribunale di Roma, in parziale riforma della decisione, condannava gli
imputati al pagamento delle spese processuali in favore delle rispettive parti
civili, confermando per il resto la sentenza di primo grado.
3. Propongono ricorso per cassazione entrambi gli imputati.
3.1 Iacobelli Pio, con atto sottoscritto personalmente, deduce due motivi. Con il
primo motivo egli lamenta violazione dell’articolo 606, lettera B, C ed E, in
relazione all’affermazione di responsabilità; il ricorrente censura il difetto di
prova del nesso causale tra condotta e lesioni ed il travisamento di una serie di
prove orali, che riproduce nel ricorso: la deposizione dell’appuntato Esposito, il
quale ha escluso la presenza di segni di lesioni sul Cavicchio; la deposizione di
Pastorello Giuseppe; la testimonianza del medico del pronto soccorso Gallinaro
Luca Salvatore.
Inoltre egli deduce l’omesso esame delle doglianze formulate con l’atto d’appello,
in relazione alla violazione dell’articolo 192 cod. proc. pen., con riferimento alla
valutazione di attendibilità del dichiarante accusatore ed all’esistenza di riscontri
esterni.
2.2 Cavicchio Alfredo, con atto sottoscritto dal difensore, avvocato Vincenzo
Macari, deduce violazione dell’articolo 606, lettera B, C ed E, in relazione all’art.
125, comma 3, cod. proc. pen., per omesso esame delle doglianze formulate con
l’atto d’appello, in relazione all’inattendibilità delle dichiarazioni di Iacobelli Pio,
Pastorello Giuseppe e Iacobelli Alessio, portatori di un interesse all’esito della
causa e rivelatisi poco credibili in considerazione delle modalità delle
testimonianze e della inverosimiglianza della dinamica dei fatti narrata. Pur a

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RITENUTO IN FATTO

fronte di specifica doglianza, il giudice di appello si è limitato a richiamare
formalmente le motivazione del giudice di primo grado, senza affrontare i temi
della legittima difesa, dell’eccesso colposo e della provocazione, introdotti con
l’atto d’appello.

1. I ricorsi sono entrambi inammissibili.
1.1 II ricorso di Iacobelli Pio è generico, poiché pur riproducendo integralmente
le deposizioni dei testi Esposito, Pastorello e Gallinaro, non indica in quale punto
vi sarebbe stato travisamento delle dichiarazioni, limitandosi a censurare la
valutazione che di esse ha fatto la sentenza e rimettendo alla valutazione della
Corte l’individuazione del travisamento.
1.2 Il fenomeno della prova “omessa”, rilevante e decisiva (cioè del vizio di
omessa pronuncia rispetto a un significativo dato processuale o probatorio),
come quello della prova “travisata”, pure rilevante e decisiva, cioè della palese
divergenza del risultato probatorio rispetto all’elemento di prova emergente dagli
atti processuali (è ammesso un fatto sicuramente escluso o contraddetto in atti,
o è escluso un fatto palesemente confermato in atti; è affermata esistente una
prova fenomenicamente inesistente o è supposto il contenuto di una prova, pure
esistente, ma incontrovertibilmente divergente dal risultato probatorio), a
seguito della riformulazione ad opera della L. n. 46 del 2006, art. 8, dell’art. 606,
comma 1, lett. E cod. proc. pen., è stato collocato all’interno del vizio
motivazionale, ma viene riconosciuto soltanto quando l’errore disarticoli
effettivamente l’intero ragionamento probatorio e renda illogica la motivazione
per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale/probatorio travisato,
fermi restando il limite del devolutum in caso di c.d. “doppia conforme” e
l’intangibilità della valutazione nel merito del risultato probatorio (v., ex plurimis,
Sez. 6, n. 10951 del 15/03/2006, Casula, Rv. 233708; Sez. 2, n. 13994 del
23/03/2006, Napoli, Rv. 233460; Sez. 1, n. 16223 del 02/05/2006,
Scognamiglio, Rv. 233781; Sez. 1, n. 25117 del 14/07/2006, Stojanovic, Rv.
234167).
In mancanza di specifiche indicazioni, deve ritenersi precluso a questa Corte
l’esame diretto degli atti del processo. Più precisamente, sarà ammissibile
l’esame diretto degli atti da parte di questa Corte soltanto qualora dalla stessa

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CONSIDERATO IN DIRITTO

esposizione del ricorrente emerga effettivamente una manifesta illogicità della
sentenza impugnata, che sia ricollegabile a un atto del processo “specificamente
indicato nei motivi di gravame”, ma se una siffatta illogicità non emerge dalla
stessa articolazione del ricorso, l’esame diretto degli atti dovrà ritenersi precluso
sulla base del citato principio.

dedotto solo nell’ipotesi di decisione di appello difforme da quella di primo grado,
in quanto nell’ipotesi di doppia pronuncia conforme il limite del “devolutum” non
può essere superato ipotizzando recuperi in sede di legittimità, salva l’ipotesi in
cui il giudice di appello, al fine di rispondere alle critiche contenute nei motivi di
gravame, richiami atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice
(Sez. 4, n. 19710 del 03/02/2009, P.C. in proc. Buraschi, Rv. 243636).
1.4 Anche la censura riguardante la violazione dell’articolo 192 cod. proc. pen.,
con riferimento alla valutazione di attendibilità del dichiarante accusatore ed
all’esistenza di riscontri esterni è generica: costituisce principio consolidato
quello secondo cui non può formare oggetto di ricorso per Cassazione l’indagine
sull’attendibilità dei testimoni, salvo il controllo sulla congruità e logicità della
motivazione (Sez. 2, n. 20806 del 05/05/2011, Tosto, Rv. 250362) che, nella
fattispecie, si rinviene nella sentenza di primo grado, la cui motivazione integra
quella di appello formando un unico complesso corpo argomentativo, poichè
entrambe concordano nella valutazione degli elementi di prova posti a
fondamento delle rispettive decisioni (Sez. 1, n. 8868 del 26/06/2000, Sangiorgi,
Rv. 216906; Sez. 2, n. 5606 del 10/01/2007, Conversa, Rv. 236181).
2. Il ricorso di Cavicchio Alfredo è parimenti inammissibile, poiché il ricorrente
per un verso insiste nel contestare l’attendibilità dei testi le cui dichiarazioni sono
poste della condanna, per altro verso lamenta l’omesso esame dei motivi di
appello rispetto a deduzioni che vengono genericamente riprodotte nel ricorso
per cassazione e che trovavano risposta già nella decisione di primo grado,
testualmente richiamata da quella d’appello (pagina 3 della sentenza
impugnata).
2.1 Va in proposito ricordato che in tema di giudizio di appello, il giudice non è
tenuto a prendere in considerazione ogni argomentazione proposta dalle parti,
essendo sufficiente che egli indichi le ragioni che sorreggono la decisione
adottata, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo; nè

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1.3 Va anche considerato che il vizio di travisamento della prova può essere

l’ipotizzabilità di una diversa valutazione delle medesime risultanze processuali
costituisce vizio di motivazione, valutabile in sede di legittimità (Sez. 5, n. 7588
del 06/05/1999, Duri, Rv. 213630; Sez. 2, n. 7380 del 11/01/2007, Messina, Rv.
235716); d’altra parte non costituisce causa di annullamento della sentenza
impugnata il mancato esame di un motivo di appello che risulti manifestamente

256314).
3. In conclusione i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili; alla declaratoria
di inammissibilità segue, per legge, la condanna al pagamento delle spese
processuali nonché (trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla
volontà, e quindi a colpa, dei ricorrenti: cfr. Corte Costituzionale sent. n. 186 del
7-13 giugno 2000) al versamento, a favore della cassa delle ammende, di una
somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 1.000,00 per ciascuno.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1000,00 ciascuno in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2014
Il consigliere estensore

Il Presidente

infondato (Sez. 5, n. 27202 del 11/12/2012 – dep. 20/06/2013, Tannoia, Rv.

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