Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9851 del 26/11/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 9851 Anno 2016
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: MANZON ENRICO

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Biondi Giovanni nato a Mosciano Sant’Angelo il 16/06/1968
avverso la sentenza del 26/02/2013 della Corte d’appello di Perugia
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Enrico Manzon;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Ciro
Angelillis, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Giuseppe Cincioni, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza in data 26/02/2013 la Corte d’appello di Perugia, in sede di
rinvio successivo all’annullamento da parte delle SU di questa Corte della
sentenza della Corte d’appello di L’Aquila in data 03/11/2010, confermava la
sentenza del Tribunale di Teramo in data 25/03/2010 che aveva condannato
Biondi Giovanni alla pena di anni 9 di reclusione ed euro 55.000,00 di multa per
il delitto di cui agli artt. 110, Cod. pen., 73, comma 1 bis, 80, comma 2, dpr
309/1990.
Osservava la Corte territoriale che unico punto devolutole dopo detto
annullamento era quello di stabilire in concreto la sussistenza della contestata
aggravante ex art. 80, comma 2, TU stup. In via preliminare affermava la
manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale proposta dalla
difesa dell’ imputato, sotto i profili della violazione dei principi di legalità e di

Data Udienza: 26/11/2015

riserva di legge in materia penale nonché di uguaglianza, come del resto già
statuito dalle SU della Cassazione in questo stesso giudizio. Quanto al merito
dell’appello, sviluppate specifiche considerazioni circa l’esatta quantificazione del
principio attivo presente nello stupefacente in sequestro, adottati i parametri di
riferimento rivenienti dalla giurisprudenza di legittimità, ribadiva la natura
“ingente” dello quantità di stupefacente in esame. Conseguentemente riteneva
congruo il trattamento sanzionatorio a suo tempo determinato dal primo giudice.
2. Avverso tale decisione, tramite il difensore fiduciario, ha proposto ricorso per

2.1 Con un primo motivo nuovamente insiste sulla incostituzionalità dell’art. 80,
comma 2, dPR 309/1990 per violazione dell’art. 25, secondo comma, Cost., sotto
il particolare profilo della indeterminatezza della previsione normativa, anche alla
luce della pronuncia a SU della Cassazione, avendo la stessa fissato un limite
sotto il quale non può ritenersi applicabile la previsione stessa (2.000 volte la
dose indicata per il consumo individuale dal correlativo DM), non potendosi
ritenere perciò che il termine “ingente” di per sé vincoli adeguatamente, come
appunto impone il principio costituzionale de quo, l’applicazione della norma
medesima.
2.2 Con un secondo motivo deduce la mancanza assoluta della motivazione e la
violazione di legge in relazione agli artt. 59, secondo comma, cod. pen., 73, 80,
comma 2, dPR 309/1990, lamentando che la Corte territoriale nulla abbia detto
in ordine alla sua consapevolezza in concreto dell’ “ingenza” del quantitativo di
droga de quo.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato.
1.2 Quale primo motivo il ricorrente, in via pregiudiziale, ripropone la questione
di legittimità costituzionale dell’art. 80, comma 2, dPR 309/90, per
“indeterminatezza”, indicando essenzialmente quale parametro di costituzionalità
violato l’art. 25, secondo comma, Cost.
La questione è manifestamente infondata.
E’ sufficiente riaffermare, condividendole, le argomentazioni addotte sulla stessa
dalle SU nella pronuncia rescindente di annullamento della prima sentenza di
appello emessa in questo stesso processo.
In tale decisione, si è fatta ampia illustrazione dei precedenti giurisprudenziali di
legittimità e costituzionali su analoghe previsioni normative, pure “accusate” di
indeterminatezza, nonché si sono sintetizzate le principali opinioni dottrinali
espresse sulla questione medesima. Si è quindi giunti al condivisibile arresto che
è nella sede processuale dell’applicazione delle norme, anche penali, che le
stesse trovano concretizzazione, anche con il ricorso al «criterio del riferimento

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cassazione l’imputato deducendo due motivi di impugnazione.

alle conoscenze condivise e alle (comuni) massime di esperienza»,
eventualmente con il ricorso a criteri numerici.
Sulla base di queste premesse nella detta sentenza le SU hanno appunto
enucleato il principio di diritto che «L’aggravante della ingente quantità, di cui al
comma 2 dell’art. 80, dPR 9 ottobre 1990, n. 309, non è di norma ravvisabile
quando la quantità sia inferiore a 2.000 volte il valore massimo in milligrammi
(valore-soglia), determinato per ogni sostanza nella tabella allegata al dm 11
aprile 2006, ferma restando la discrezionale valutazione del giudice di merito,

Si è così ritrovato, all’interno della disciplina di settore, un criterio
predeterminato che consente di attuare la norma de qua nel pieno rispetto del
principio costituzionale fissato dall’art. 25, secondo comma, Cost.
1.3 D secondo motivo è inammissibile.
Viene dedotto come primo profilo di illegittimità della sentenza impugnata la
mancanza assoluta di motivazione in relazione alla consapevolezza da parte del
Biondi che lo stupefacente detenuto fosse di quantità “ingente”, anche nella
misura ritenuta quale limite minimo da detta pronuncia delle SU.
Fattualmente ciò è vero, dato che nella sentenza della Corte territoriale non vi è
alcun cenno alla questione. Tuttavia, trattandosi di un thema decidendum
certamente non rilevabile ex officio e peraltro essendo stata tale sentenza
emessa nel giudizio di rinvio a seguito dell’annullamento della prima sentenza di
appello pronunciata in questo processo, bisogna rilevare che la questione stessa
non era stata proposta quale motivo dell’appello, sicchè non può ora essere fatta
oggetto di motivo di ricorso per cassazione, stante l’espressa preclusione e la
correlativa previsione di inammissibilità di cui all’art. 606, comma 3, cod. proc.
pen. (in senso conforme, ex pluribus, Cass., Sez. 2, n. 22362 del 19/04/2013, Di
Domenica, Rv. 255940).
Quale secondo profilo del motivo in esame, si censura la sentenza della Corte
d’appello di Perugia per violazione degli artt. 59, secondo comma, cod. pen., 73,
80, comma 2, TU stup., nel senso che si contesta la sussistenza dell’elemento
psicologico richiesto dalla evocata disposizione generale del codice penale
sostanziale ai fini dell’applicazione della circostanza aggravante speciale
contestata al ricorrente.
Orbene, risulta che nel caso di specie il peso lordo dello stupefacente fosse di kg.
14,165 pari, secondo il calcolo di gran lunga più favorevole all’imputato, ad
almeno 3.830 “valori-soglia”. Entrambi questi dati inducono ad escludere -come
quantomeno per implicito la Corte d’appello di Perugia ha ritenuto- che il Biondi
non fosse consapevole che lo stupefacente sequestratogli corrispondesse ad una
quantità oggettivamente molto elevata di principio attivo, e che potesse dunque
ritenersi “ingente” ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 80, comma 2, TU stup.,

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quando tale quantità sia superata».

ovvero che comunque ignorasse incolpevolmente la circostanza medesima (cfr.
in questo senso Cass., Sez. 6, n. 13087 del 05/03/2014, Mara, Rv. 258643).
Questo secondo profilo della censura risulta perciò manifestamente infondato.
3. Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della
sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella
fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a

quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende,
equitativamente fissata in C 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 26/11/2015

norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché

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