Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9840 del 16/01/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 9840 Anno 2014
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: CAPUTO ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SOTTILE PATRIZIA N. IL 09/03/1981
avverso la sentenza n. 5454/2008 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
27/02/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANGELO CAPUTO

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Data Udienza: 16/01/2014

Udito il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte
di cassazione dott. Oscar Cedrangolo, che ha concluso per l’annullamento senza
rinvio per prescrizione.

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza deliberata il 27/02/2012, la Corte di appello di Napoli ha
confermato la sentenza in data 04/12/2007 con la quale il Tribunale di Napoli
aveva condannato Patrizia Sottile per il reato previsto dagli artt. 110, 477 e 482

riconoscimento della qualifica professionale di parrucchiera apparentemente
rilasciato dall’Ente di formazione professionale Assofram e convalidato da
funzionario della Regione Campania (settore formazione professionale) il giorno
11/07/2002 ed utilizzava detto attestato producendolo alla Camera di
Commercio di Napoli per ottenere il riconoscimento della relativa qualifica
professionale (fatto commesso il 15/04/2004). In ordine alla responsabilità
dell’imputata, la Corte di merito osserva che il giudice di primo grado ha dato
atto che l’imputata aveva prodotto una falsa attestazione sul possesso dei
requisiti per lo svolgimento dell’attività di parrucchiera e ha ritenuto provato
anche l’elemento soggettivo del reato essendo l’imputata stessa ben consapevole
di essere sfornita di tali requisiti.
Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Napoli ha proposto
ricorso per cassazione, nell’interesse di Patrizia Sottile, l’avv. Alessandro
Barbieri, articolando due motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173,
comma 1, disp. att. cod. proc. pen. Il primo motivo deduce violazione di legge e
difetto di motivazione in relazione agli artt. 157 ss. cod. pen.: sulla base della
normativa anteriore alle modifiche di cui alla legge n. 251 del 2005, la
prescrizione per il reato oggetto dell’imputazione è maturata il 15/10/2011 e,
dunque, prima, della sentenza di appello. Con il secondo motivo, il ricorso
deduce inosservanza o erronea applicazione della legge processuale penale e
vizio di motivazione in relazione agli artt. 477 e 482 cod. pen.: la sentenza
impugnata ha omesso qualsiasi motivazione sulla qualificazione giuridica del
fatto e sulla probatio diabolica di cui alla sentenza di primo grado; inoltre, non è
stata fatta alcuna verifica sulla possibilità che l’Assofram abbia potuto rilasciare
all’imputata una certificazione priva di valore pubblicistico e sulla titolarità, in
capo all’ente, di una regolare autorizzazione regionale per il corso frequentato
dall’imputata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2

cod. pen., perché, in concorso con ignoti, formava un falso attestato di

Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo è manifestamente infondato. La tesi difensiva non tiene
conto dei periodi di sospensione della prescrizione connessi a rinvii del
dibattimento disposti (in primo grado dal 04/07/2006 al 06/03/2007 e dal
06/03/2007 al 04/12/2007; in secondo grado dal 04/07/2006 al 06/03/2007 e
dal 06/03/2007 al 04/12/2007) su richiesta del difensore o per l’astensione dei
difensori dalle udienze, periodi che conducono a collocare ben oltre la data della
deliberazione della sentenza di appello il termine ex art. 157 cod. pen. da

Anche il secondo motivo è inammissibile. Manifestamente infondate sono le
censure relative alla qualificazione giuridica del fatto e alla natura del
documento: la prima emerge univocamente dallo stesso capo di imputazione,
che rende altresì ragione della natura pubblicistica del documento, avendo il
riconoscimento della qualifica professionale formato oggetto della convalida del
funzionario regionale, il che priva di rilievo le censure del ricorrente in ordine alla
Assofram (censure peraltro non dedotte nei motivi di appello). Quanto alla
censura relativa alla probatio diabolica circa la consapevolezza della falsità del
documento, la Corte di merito ha ritenuto provato l’elemento soggettivo del
reato di falso in considerazione della conoscenza, da parte dell’imputata, di non
essere in possesso dei requisiti documentati, argomento, questo, rispetto al
quale il ricorso omette di confrontarsi, sicché, da questo punto di vista, esso è
privo di correlazione tra le ragioni argomentative della decisione impugnata e
quelle poste a fondamento dell’impugnazione (Sez. 1, n. 4521 del 20/01/2005 dep. 08/02/2005, Orru’, Rv. 230751).
L’inammissibilità del ricorso preclude la rilevabilità della prescrizione del
reato maturatasi, come si è visto, successivamente alla sentenza impugnata
(Sez. U., n. 32 del 22/11/2000, dep. 21/12/2000, De Luca, Rv. 217266). Alla
declaratoria d’inammissibilità del ricorso, consegue la condanna al pagamento
delle spese processuali della ricorrente, che deve essere altresì condannata al
versamento alla Cassa delle ammende della somma come indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 16/01/2014
I Consigliere estensore

,

individuarsi nel 19/11/2013.

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