Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9836 del 17/11/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 9836 Anno 2016
Presidente: GRILLO RENATO
Relatore: DI NICOLA VITO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Piliero Mario, nato a Torre Annunziata il 04-05-1983
avverso la sentenza del 17-07-2013 della Corte di appello di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Felicetta Marinelli che ha
concluso per il rigetto del ricorso;
Udito per il ricorrente

Data Udienza: 17/11/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Mario Paliero ricorre personalmente per cassazione impugnando la
sentenza indicata in epigrafe con la quale la corte di appello di Napoli ha
confermato, per quanto qui interessa, quella emessa dal giudice dell’udienza
preliminare presso il tribunale di Napoli che, a seguito di giudizio abbreviato,
aveva condannato il ricorrente, alla pena di anni quattro e mesi sei di reclusione
ed euro 30.000,00 di multa per il reato previsto dagli articoli 110, 81 codice

medesimo disegno criminoso, illecitamente deteneva al fine di cederla a terzi 40
involucri di sostanza stupefacente del tipo cocaina (di cui 19 per un peso netto di
5,7 g di principio attivo all’83,4%), di 32 involucri di sostanza stupefacente del
tipo cocaina per un peso netto di 6,6 g di principio attivo al 76% nonché di 5
stecchette di sostanza stupefacente del tipo hashish per un peso di 4,25 g e
principio attivo al 3,1%, caduti in sequestro. Commesso in Torre Annunziata il 23
aprile 2008. Con la recidiva infraquinquennale.

2. Per la cassazione dell’impugnata sentenza, il ricorrente solleva i tre
seguenti motivi di gravame.
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione della legge penale e di quella
processuale (articolo 606, comma 1, lettere b) e c), codice di procedura penale),
sul rilievo che il ricorrente aveva nominato, all’esito del giudizio di secondo
grado, quale proprio difensore di fiducia A /avvocato Mauro Porcelli con revoca
del precedente difensore. La suddetta nomina venne depositata in data 20
gennaio 2014 e tuttavia il nuovo difensore non ricevette la notifica dell’avviso di
deposito della sentenza d’appello nonostante che l’avviso stesso recasse quale
data quella del 28 gennaio 2014, successiva alla data di deposito della nomina
del nuovo difensore di fiducia.
2.2. Con il secondo motivo di gravame, Wricorrente lamenta la violazione
della legge penale (articolo 606, comma 1, lettera b), codice di procedura
penale), sul rilievo che, dalle analisi delle risultanze istruttorie, la Corte d’appello
è giunto a conclusioni inaccettabili attesa la totale assenza di elementi idonei a
fondare un giudizio di colpevolezza a carico dell’imputato, ogni oltre ragionevole
dubbio. Ed invero il ricorrente, accusato della presunta detenzione di cocaina e di
hashish, non è stato mai scoperto nell’atto di cedere la sostanza stupefacente,
né sono emersi nel corso del procedimento elementi certi circa la riconducibilità
allo stesso delle sostanze stupefacenti sequestrate e neppure è stato provato con
certezza che sia stato proprio l’imputato a disfarsi della droga, dovendosi a ciò
aggiungere la circostanza che la perquisizione effettuata presso l’abitazione dava
esito negativo e dovendosi perciò escludere qualsiasi responsabilità a suo carico.

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penale, 73 d.p.r. 9 ottobre 1990, n. 309 perché, con più azioni esecutive di un

2.3. Con il terzo motivo, il ricorrente denuncia la violazione della legge
penale per l’erronea applicazione dell’articolo 62 bis codice penale e l’articolo 73,

comma 5, d.p.r. n. 309 del 1990 (articolo 606, comma 1, lettera b), codice di
procedura penale), sul rilievo che le circostanze dell’azione non andavano
inquadrate, al pari di altri ben più rilevanti, nell’ambito del primo comma
dell’articolo 73 d.p.r. n. 309 del 1990, sussistendo invece i presupposti per il
riconoscimento della lieve entità del fatto, con tutte le conseguenze in termini
trattamento sanzionatorio da riservare, non essendo possibile rinvenire nel

ritenere la condotta contestata particolarmente grave o di rilevante entità, se
non per un aspetto quantitativo della sostanza (in ogni caso non particolarmente
rilevante).
Per le stesse ragioni, erroneamente la Corte territoriale avrebbe negato la
concessione delle attenuanti generiche, motivando il diniego sul presupposto
della gravità dei fatti e dei precedenti a carico del ricorrente.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza e perché presentato
nei casi non consentiti.

2. Quanto al primo motivo, va ricordato che l’omissione dell’avviso di
deposito di sentenza (nella specie, di appello) depositata fuori termine è sanata
se l’imputato personalmente o altro suo difensore propongono l’impugnazione, in
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quanto il diritto ad impugnare dell’imputato ha natura unitaria e fa capo
esclusivamente all’interessato anche quando la facoltà del suo esercizio è
attribuita al difensore (Sez. 6, n. 50332 del 12/06/2013, Barba, Rv. 258494).
In siffatto caso l’effetto sanante è espressamente previsto dall’art. 183,
comma 1, lett. b), cod. proc. pen. secondo il quale le nullità sono sanate “se la
parte si è avvalsa della facoltà al cui esercizio l’atto omesso o nullo è
preordinato”.
Va anche chiarito che tale approdo non è contraddetto da quanto affermato
dalla Corte costituzionale, con la sentenza 3 novembre 2009 n. 317, né contrasta
con la normativa CEDU e con la corrispondente giurisprudenza della Corte di
Strasburgo. La Consulta è infatti , intervenuta per assicurare i livelli di garanzia
r
del diritto interno ai parametri del giusto processo proclamati dalla Convenzione
e ribaditi dalle pronunce della Corte Edu con riferimento al diritto alla difesa e al
contraddittorio dell’imputato contumace inconsapevole dell’esistenza di un
provvedimento pregiudizievole, affermando che tali diritti fondamentali non
possono essere privati di effettività in base al principio di consumazione del

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procedimento e quindi nella sentenza impugnata alcun elemento utile al fine di

potere di impugnazione che si risolva in un atto di un soggetto, il difensore
(normalmente nominato d’ufficio, stante l’assenza e l’irreperibilità, in tali casi,
dell’imputato), che non abbia ricevuto un mandato ad hoc e che agisca
esclusivamente di propria iniziativa, sottolineando che l’esercizio di un diritto
fondamentale non può essere sottratto al suo titolare, il quale può essere
sostituito solo nei limiti strettamente necessari a sopperire alla sua impossibilità
di esercitarlo e non deve trovarsi di fronte all’effetto irreparabile di una scelta
altrui, non voluta e non concordata, potenzialmente dannosa per la sua persona.

quanto l’imputato, consapevole dell’esistenza del processo e del procedimento,
ha egli stesso proposto l’impugnazione, nonostante avesse nominato un
difensore di fiducia dopo la deliberazione delle sentenza e prima del suo deposito
in Cancelleria, consumando perciò il corrispondente potere ed avvalendosi della
facoltà di esercitare l’atto.
Nel caso poi di mancata sanatoria o consumazione del potere di
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impugnazione, e fuori dalle ipotesi di inconsapevolezza dell’imputato circa
l’esistenza del processo o di atti impugnabili a lui pregiudizievoli, va ricordato
che la mancata notifica dell’avviso di deposito della sentenza al difensore,
comporta solo la inefficacia per quest’ultimo della decorrenza del termine per
impugnare (Sez. 4, n. 31290 del 16/04/2013, E., in motiv.). Nel caso di specie,
però, neanche tale effetto si è verificato in quanto l’avv. Mauro Porcelli, non
essendo iscritto nell’Albo Speciale della Corte di Cassazione, non era legittimato
a proporre il ricorso (art. 613 cod. proc. pen.).

3.

Quanto al secondo motivo, la Corte d’appello ha osservato che

l’assistente capo Guastafiero, nel corso dell’udienza preliminare, ha precisato di
non aver visto l’imputato cedere sostanza stupefacente al giovane sopravvenuto
a bordo di un ciclomotore, in quanto gli agenti si trovavano alle loro spalle, ma
ha aggiunto di aver notato il ricorrente, che aveva una busta in mano, parlare
con il giovane sul motorino e, dopo il loro intervento, il Paliero kt disfage544, della
busta nella quale venne rinvenuta la sostanza stupefacente: busta era stata
riscontrata dagli agenti lungo il percorso di fuga seguito dal ricorrente stesso,
desumendo da ciò la riferibilità a quest’ultimo della detenzione della droga e
della destinazione di essa a fini spaccio, anche alla luce dell’assenza di una
giustificazione alternativa al possesso della sostanza stupefacente.
Al cospetto di tali emergenze, le doglianze del ricorrente fondano su censure
squisitamente fattuali, il cui ingresso è precluso in sede di giudizio di legittimità.

4. Quanto al terzo motivo, il fatto di lieve entità è stato motivatamente
escluso, avendo la Corte distrettuale osservato che il quantitativo della sostanza
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Nel caso di specie, la situazione processuale risulta del tutto capovolta in

stupefacente era idoneo al confezionamento di un numero rilevante di dosi
singole e, in quanto tale, in grado di soddisfare un numero elevato di
consumatori ed escludendo da ciò che la condotta potesse presentare una lieve
offensività in maniera da rendere configurabile la fattispecie invocata, posto che,
anche la mancanza di uno solo dei parametri previsti dall’articolo 73, comma 5,
d.p.r. n. 309 del 1990 consente di escludere la sussistenza del fatto di lieve
entità, divenendo irrilevante l’eventuale presenza degli altri.
Quanto al diniego delle generiche, è stato affermato che dagli atti non

elementi positivi che giustificassero l’applicazione dell’articolo

62 bis codice

penale in favore dell’imputato, tra l’altro non immune da precedenti penali.
Nel pervenire a tale conclusione, la Corte d’appello si è sostanzialmente
attenuta al principio di diritto secondo il quale la concessione delle attenuanti
generiche deve essere fondata sull’accertamento di situazioni idonee a
giustificare un trattamento di speciale benevolenza in favore dell’imputato. Ne
consegue che, quando la relativa richiesta non specifica gli elementi e le
circostanze che, sottoposti alla valutazione del giudice, possano convincerlo della
fondatezza e legittimità dell’istanza – l’onere di motivazione per il diniego
dell’attenuante è soddisfatto con il richiamo alla ritenuta assenza dagli atti di
elementi positivi su cui fondare il riconoscimento del beneficio.
Peraltro, nel caso di specie, la Corte territoriale ha anche operato il
riferimento all’esistenza di precedenti penali dell’imputato e ciò costituisce
ragione sufficiente a giustificare, di per sé solo, il diniego delle circostanze
attenuanti generiche, qualora tali precedenti siano stati considerati, come nella
specie, quali indici della capacità a delinquere e, quindi, della pericolosità sociale
dell’imputato (Sez. 1, n. 12787 del 05/12/1995, Longo, Rv. 203146).

5. Sulla base delle precedenti considerazioni, il ricorso va dichiarato
inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod.
proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13
giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso
sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via
equitativa, di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

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emergevano, e neppure erano stati indicati in concreto con i motivi di appello,

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

Così deciso il 17/11/2015

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