Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9835 del 17/11/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 9835 Anno 2016
Presidente: GRILLO RENATO
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
– MONTELEONE KEVIN, n. 2/03/1991 a Roma

avverso la sentenza della Corte d’appello di ROMA in data 18/03/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott.ssa F. Marinelli, che ha chiesto annullarsi con rinvio la sentenza,
limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio alla Corte d’appello di
Roma;
udite, per il ricorrente, le conclusioni dell’Avv. L. Pagliaro, che ha chiesto
accogliersi il ricorso;

Data Udienza: 17/11/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa in data 18/03/2013, depositata in data 29/08/2013, la
Corte di appello di ROMA confermava la sentenza del medesimo tribunale del
4/11/2011, che aveva condannato MONTELEONE KEVIN, in esito al giudizio
abbreviato richiesto, alla pena di 3 anni di reclusione ed € 20.000,00 di multa

25/02/2011).

2. Ha proposto ricorso MONTELEONE KEVIN avverso la predetta sentenza a
mezzo del difensore fiduciario cassazionista, deducendo due motivi, di seguito
illustrati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att.
cod. proc. pen.

2.1. Deduce, con il primo motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. e), c.p.p., in
relazione alla mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della
motivazione.
In sintesi, la censura investe l’impugnata sentenza in quanto,. sostiene il
ricorrentem da un lato, la Corte territoriale si sarebbe limitata a richiamare in
termini succinti e stereotipati la sentenza di primo grado, senza entrare nel
merito delle doglianze mosse con l’atto di appello; dall’altro, la stessa
apparirebbe illogica e contraddittoria quanto alla motivazione in ordine alla
congruità della pena inflitta, come dimostrato dal passaggio della motivazione in
cui il giudice di appello, richiamando il comma quinto dell’art. 73, T.U. Stup., ha
determinato la pena finale, laddove – si evidenzia – proprio il mancato
riconoscimento della c.d. ipotesi lieve aveva costituito oggetto di censura
difensiva; dal tenore del predetto passaggio motivazionale, quindi, sembrerebbe
evidente che il giudice di appello abbia ritenuto sussistenti i presupposti per la
qualificazione del fatto nell’ipotesi lieve, senza tuttavia riformare la sentenza di
primo grado.

2.2. Deduce, con il secondo motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. b), c.p.p., in
relazione all’art. 11, comma sesto e settimo, Cost.
In sintesi, la censura investe l’impugnata sentenza in quanto,c.sostiene il
ricorrente ‘, la motivazione offerta dalla Corte d’appello violerebbe il precetto
costituzionale che impone l’obbligo della motivazione per tutti i provvedimenti
giurisdizionali; in ogni caso, si sottolinea, a seguito delle modifiche apportate
all’art. 73, comma quinto, la pena andrebbe rideterminata
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in melius, tenuto

per il delitto di cui all’art. 73, T.U. Stup. (fatto contestato come commesso il

conto del fatto contestato per il quale, si aggiunge, l’evidente unicità del disegno
criminoso, dovrebbe condurre all’applicazione della continuazione nella
detenzione delle diverse sostanze stupefacenti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Ed invero, l’impugnata sentenza, nella essenzialità della motivazione, spiega
le ragioni della conferma della sentenza di prime cure, evidenziando, nel merito,
come l’ipotesi accusatoria che si trattasse di detenzione illecita a fini di spaccio
dello stupefacente rinvenuto nella disponibilità dell’imputato, era dimostratcv
dalla presenza contemporanea dello stupefacente, del bilancino e dei fogli di
plastica utilizzati per il confezionamento delle dosi al minuto, cosa che non si
attagliava all’ipotesi della semplice detenzione per conto terzi.
A fronte di tale, pur sintetico, apparato argomentativo, il ricorrente, con il primo
motivo, svolge censure di lampante genericità, in quanto si limita con doglianza
/
puramente contestativa ad affermare che la sentenza sarebbe affetta da vizio
i
motivazionale per non aver risposto a non meglio evidenziate censure mosse con
i motivi di appello. E’ pacifico, infatti, nella giurisprudenza di questa Corte che in
tema di inammissibilità del ricorso per cassazione, i motivi devono ritenersi
generici non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresì
quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento
del provvedimento impugnato (v., tra le tante: Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013
– dep. 26/06/2013, Sammarco, Rv. 255568). E, nel caso di specie, il ricorrente
non indica nemmeno a quali doglianze dell’atto di appello la Corte territoriale non
avrebbe risposto, donde la genericità del motivo.

5.

Quanto alla congruità della pena ed al correlato vizio motivazionale,

diversamente, la censura si appalesa parzialmente fondata.
Mentre, infatti, si appalesa priva di pregio la censura relativa al mancato
riconoscimento del vincolo della continuazione (posto che non c’è interesse,
attesa la modifica peggiorativa che ne conseguirebbe, in assenza di
impugnazione da parte del P.M.), palese è invece l’omesso esame sullo specifico
motivo di appello con cui si censura la mancata valutazione dell’ipotesi lieve.
Erra la Corte territoriale nel ritenere che il primo giudice abbia qualificato il fatto
ai sensi dell’art. 73, comma quinto, T.U. Stup., atteso che, come risulta

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3. Il ricorso è parzialmente fondato nei limiti di cui si dirà oltre.

agevolmente dalla piana lettura della sentenza di primo grado, il giudice aveva
escluso l’ipotesi lieve.
La sentenza dev’essere, sul punto, annullata perché il giudice di rinvio esamini la
censura rimasta senza risposta, afferente alla mancata qualificazione come
ipotesi lieve dovendosi, del resto, rilevare che la pena inflitta sarebbe comunque
illegale ove si ritenesse corretta la qualificazione giuridica ai sensi del comma

giudice della pena base in anni 7 e mesi 6 di reclusione, a fronte della pena
edittale prevista all’epoca del fatto, stabilita in anni 6 di reclusione.

P.Q.M.

La Corte annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento
sanzionatorio, con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Roma.
Rigetta, nel resto, il ricorso.
Così deciso in Roma, nella sede della S.C. di Cassazione, il 17 novembre 2015

primo dell’art. 73 T.U. Stup., alla luce della individuazione da parte del primo

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