Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9835 del 08/01/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 9835 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Varricchio Massimo, nato a Benevento il 02/02/1962
avverso la sentenza del 01/03/2013 della Corte d’appello di L’Aquila R.G. n. 2070/2010
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione svolta dal Consigliere Dott. Giuseppe De Marzo;
udito il Procuratore Generale, in persona del Dott. Mario Fraticelli, che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 01/03/2013 la Corte d’appello di L’Aquila ha confermato l’affermazione
di responsabilità di Massimo Varricchio, in ordine al delitto di tentate lesioni in danno di
Antonio Meloni, procedendo alla rideterminazione della pena, in ragione dell’intervenuta
estinzione per prescrizione del reato di cui all’art. 659 cod. pen.
Al Varricchio, in particolare, era contestato di avere lanciato due bottiglie di vetro contro il
balcone nel quale si trovava altra persona.
2. Nell’interesse del Varricchio è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai seguenti
motivi.
2.1. Con il primo motivo, si lamentano vizi motivazionali, con riferimento alla richiesta di
assoluzione dell’imputato per difetto dell’elemento soggettivo. Al riguardo, il ricorrente: a)
per un verso, rileva la contraddittorietà della sentenza impugnata, la quale, dopo avere dato
atto che l’atto di impugnazione conteneva l’istanza di assoluzione per carenza del requisito
psicologico, aveva ritenuto inammissibile la richiesta formulata in relazione alla patologia
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Data Udienza: 08/01/2014

psichica lamentata dal Varricchio, in quanto articolata per la prima volta nel corso
dell’udienza d’appello; b) per altro verso, sottolinea che l’affermazione della Corte
territoriale, secondo la quale non erano state allegate prove di siffatta patologia, era
smentita dal deposito, all’udienza del 01/03/2013 di una perizia psichiatrica sull’imputato
effettuata in sede di incidente probatorio in altro procedimento e di una sentenza della
medesima Corte d’appello che aveva assolto il Varricchio per mancanza dell’elemento
soggettivo.
Il ricorrente lamenta, altresì, l’inidoneità del percorso argomentativo in relazione: a)

contestato in danneggiamento; c) alla mancata concessione delle circostanze attenuanti
generiche.
2.2. Con il secondo motivo, si lamenta erronea applicazione della legge penale, sia con
riferimento alla qualificazione del fatto — da ricondursi alla fattispecie del danneggiamento —
sia con riguardo alla determinazione della pena e alla mancata concessione delle circostanze
attenuanti generiche.
Considerato in diritto
1. I motivi di ricorso, esaminabili congiuntamente per la loro stretta connessione logica, sono
infondati.
Al riguardo va, in primo luogo, osservato che in sede di appello, come del resto nel ricorso
per cassazione, non è stata messa in discussione la capacità di intendere e di volere
dell’imputato, ma si è dedotta la carenza dell’elemento soggettivo, ossia la consapevolezza e
volontà del soggetto agente di realizzare l’evento di lesioni.
Ciò posto, le due sentenze prodotte all’udienza del 01/03/2013 valorizzano l’assenza del
profilo psicologico in relazione agli episodi contestati all’imputato, con affermazioni che sono
strettamente correlate ai fatti a lui imputati. Nella sentenza impugnata, al contrario, si dà
conto, con motivazione congrua, del fatto che il Varricchio scagliò le bottiglie contro il
Meloni, mentre quest’ultimo si trovava sul proprio balcone a fumare una sigaretta e da ciò si
trae la logica conclusione sia dell’idoneità del mezzo usato a cagionare lesioni, sia della
direzione soggettiva della volontà dell’agente di colpire la persona che poco prima l’aveva
rimproverato per i rumori provocati.
Ne discende che, al di là dell’ultronea affermazione contenuta in sentenza relativa alla novità
del motivo, la Corte territoriale ha adeguatamente argomentato in ordine alla specifica
censura articolata.
Proprio le superiori considerazioni spiegano, altresì, la conclusione raggiunta dalla sentenza
impugnata in ordine alla non riconducibilità del fatto contestato al delitto di
danneggiamento.
Le critiche che, infine, investono la determinazione della pena e la mancata concessione
delle attenuanti generiche sono assolutamente prive di specificità.

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all’univocità degli atti posti in essere dall’imputato; b) alla mancata derubricazione del reato

La Corte d’appello ha rilevato che la condotta dell’imputato non è affatto di scarso disvalore
sociale, in quanto si inserisce in un quadro di assoluta riottosità al rispetto delle regole del
vivere civile, che rappresenta il contesto in cui l’azione violenta è maturata.
Rispetto a tale percorso argomentativo, le censure espresse in ricorso si limitano a
richiamare genericamente una pluralità di parametri, senza però correlarli al caso concreto e
in modo idoneo a dimostrare la manifesta illogicità del percorso giustificativo dell’esercizio
del potere discrezionale riconosciuto al giudice di merito.
2. Alla pronuncia di rigetto consegue, ex art. 616 cod. proc. pen, la condanna del ricorrente

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 08/01/2014

Il Componente estensore

al pagamento delle spese processuali.

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