Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9828 del 08/01/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 9828 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Turrin Valdi, nato a Aviano il 31/08/1964
avverso la sentenza del 11/10/2011 della Corte d’appello di Trieste R.G. n. 1089/2009
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione svolta dal Consigliere Dott. Giuseppe De Marzo;
udito il Procuratore Generale, in persona del Dott. Mario Fraticelli, che ha concluso per il
rigetto del ricorso;
udito, per l’imputato, l’Avv. Enrico Bracco, il quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto
1. Per quanto ancora rileva, con sentenza del 11/10/2011 la Corte d’appello di Trieste ha
condannato alla pena ritenuta di giustizia Valdi Turrin, sino al 28/06/2011 presidente del
consiglio di amministrazione della C.T.S. s.r.I., dichiarata fallita il 22/05/2004, avendolo
ritenuto responsabile del reato di bancarotta impropria per avere cagionato o concorso a
cagionare il fallimento della società, avendo indicato nelle attività dello stato patrimoniale e
nel conto economico, tra le immobilizzazioni materiali, una capitalizzazione di costi
incrementativi del valore dei cespiti ammortizzabili effettuata per importi incongrui e
comunque privi di giustificazione contabile.
La Corte territoriale ha sottolineato: a) che il valore assegnato a tali cespiti nel bilancio 1999
era stato di poco superiore al passivo esposto per tale esercizio (euro 66.000,00 circa), ben
superiore al capitale sociale di euro 10.400,00; b) che, pertanto, sin da quella data, se non vi
fosse stata tale illecita appostazione, la società avrebbe dovuto essere posta in liquidazione o
1

Data Udienza: 08/01/2014

ricapitalizzata; c) che, al contrario, il comportamento contestato aveva consentito una
prosecuzione dell’attività, che aveva condotto a perdite via via crescenti e, in definitiva, ad
aggravare il dissesto.
2. Nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai seguenti
motivi.
2.1. Con il primo motivo, si lamentano vizi motivazionali, nonché inosservanza ed erronea
applicazione dell’art. 223 I. fall. e degli artt. 40 e 41 cod. pen., criticando l’affermazione della
Corte territoriale, secondo la quale la falsa appostazione in bilancio rileva penalmente anche

In particolare, si rileva, per un verso, che il nuovo testo dell’art. 223 I. fall. non consente di
ritenere più sufficiente la mera relazione cronologica tra l’illecito societario e la dichiarazione
di fallimento e, per altro verso, che il collegamento eziologico prefigurato dalla norma deve
investire la causazione del dissesto e non l’aggravamento di un dissesto che, come nella
specie, era già in atto in un momento anteriore all’illecito societario.
2.2. Con il secondo motivo, si lamenta violazione dell’art. 521 cod. pen., sottolineando che,
mentre, con il capo di imputazione, si contestava al Turrin di avere cagionato o concorso a
cagionare il dissesto della società, esponendo fatti materiali non rispondenti al vero nello
stato patrimoniale e nel conto economico, la sentenza di condanna pone a fondamento
dell’affermazione di responsabilità l’omessa ricapitalizzazione o l’omessa liquidazione della
società, quale atto dovuto in conseguenza delle perdite subite e mascherate del bilancio
asseritamente falsificato, ossia, in altre parole, la prosecuzione dell’attività, con
aggravamento del dissesto. Si aggiunge, al riguardo, che se, in ipotesi, il dissesto non fosse
stato presente al momento dell’approvazione del bilancio, esso sarebbe stato provocato non
dalla falsificazione del bilancio, ma dalla mera prosecuzione dell’attività.
2.3. Con il terzo motivo, si lamentano vizi motivazionali in ordine alla sussistenza
dell’elemento soggettivo, destinato ad investire non solo la condotta di falso societario, ma
anche l’evento ad esso correlato, ossia il dissesto.
Considerato in diritto
1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
Al riguardo, va ribadito che integra il reato di bancarotta impropria da reato societario la
condotta dell’amministratore che, attraverso mendaci appostazioni nei bilanci, simuli un
inesistente stato di solidità della società, consentendo la prosecuzione dell’attività, giacché,
agevolando in tal modo l’aumento dell’esposizione debitoria della fallita, determina
l’aggravamento del suo dissesto (Sez. 5, n. 17021 del 11/01/2013, Garuti, Rv. 255089, in
una vicenda nella quale la condotta contestata aveva consentito di conseguire nuovi
finanziamenti bancari ed ulteriori forniture). In effetti, rilevano ai fini della responsabilità
penale anche le condotte successive alla irreversibilità del dissesto, in quanto sia il richiamo
alla rilevanza delle cause successive, espressamente dispiegata dall’art. 41 cod. pen. che
disciplina il legame eziologico tra il comportamento illecito e l’evento, sia la circostanza per

2

se semplicemente causativa dell’aggravamento del dissesto in atto.

cui il fenomeno del dissesto non si esprime istantaneamente, ma con progressione e durata
nel tempo (tanto da essere suscettibile di misurazione) assegnano influenza ad ogni
condotta che incida, aggravandolo, sullo stato di dissesto già maturato (Sez. 5, n. 16259 del
04/03/2010, Chini, Rv. 247254).
Ora, come emerge dalla motivazione sopra riassunta, la Corte territoriale, da un lato, non ha
affatto fondato l’affermazione della responsabilità dell’imputato sulla mera condotta di false
comunicazioni sociali e, dall’altro, non si è limitata a constatare una connessione cronologica
fra tale comportamento e il successivo fallimento, sottolineando piuttosto che le false

di perdite che superavano di gran lunga il capitale sociale.
In definitiva, l’aver mascherato il dissesto in atto con mere manovre documentali era
funzionale ad evitare le iniezioni di liquidità indispensabili a dotare la società dei mezzi
occorrenti a sostenere scelte imprenditoriali effettivamente idonee a consentire una sana
gestione dell’attività economica e ha, secondo il ragionevole apprezzamento della Corte
territoriale — non scalfito nella sua logicità dalle considerazioni esposte in ricorso -, aggravato
il passivo esistente.
2. Alla luce delle superiori considerazioni, anche il secondo motivo è infondato, giacché la
sentenza impugnata ha valorizzato la necessità di ricapitalizzazione della società o della sua
liquidazione — a fronte dell’ingente passivo maturato nel 1999 – non per fondare su di esse il
perfezionamento dell’illecito penale, ma per sottolineare, sul piano oggettivo, l’idoneità
causale della condotta contestata ad aggravare il dissesto in atto (ciò che esclude qualunque
violazione dell’art. 521 cod. proc. pen.).
3. Infondato è del pari il terzo motivo, in quanto, in tema di bancarotta impropria da reato
societario, il dolo presuppone una volontà protesa al dissesto, da intendersi non già quale
intenzionalità di insolvenza, bensì quale consapevole rappresentazione della probabile
diminuzione della garanzia dei creditori e del connesso squilibrio economico (Sez. 5, n.
23091 del 29/03/2012, Baraldi, Rv. 252804).
Siffatta connotazione psicologica è stata puntualmente evidenziata dalla Corte territoriale,
nel momento in cui ha sottolineato che la capitalizzazione dei costi è avvenuta in termini
abnormi, in violazione delle regole poste dai principi contabili e per importo di poco superiore
al passivo maturato nell’esercizio 1999.
4. Alla pronuncia di rigetto consegue, ex art. 616 cod. proc. pen, la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 08/01/2014

Il Componente estensore

appostazioni erano preordinate ad evitare di assumere le iniziative rese necessarie a fronte

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA