Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9821 del 14/02/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 9821 Anno 2014
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: CAPRIOGLIO PIERA MARIA SEVERINA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BUCCARELLA GIOVANNI N. IL 27/09/1927
BUCCARELLA MARIA ROSARIA N. IL 21/06/1955
NIGRO LEONARDO N. IL 22/05/1951
BUCCARELLA ANNA N. IL 09/12/1979
BUCCARELLA ANGELO N. IL 13/10/1978
avverso il decreto n. 27/2004 CORTE APPELLO di LECCE, del
26/02/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERA MARIA
SEVERINA CAPRIOGLIO;
lette/site le conclusioni del PG Dott. 9k:

Uditi difensor

Data Udienza: 14/02/2014

Ritenuto in fatto

1.

Con decreto del 26.2.2013 la Corte d’appello di Lecce confermava il

decreto del Tribunale di Brindisi in data 21.4.2004, applicativo nei confronti
di BUCCARELLA Giovanni e BUCCARELLA Maria Rosaria della misura della
sorveglianza speciale di PS, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza
per la durata di anni quattro, disponendo altresì la confisca dei beni loro

della Buccarella per partecipazione alla Sacra Corona Unita fino al novembre
1996, nonché alle propalazione dei collaboratori che l’avevano descritta come
depositaria delle somme derivante dalle attività delittuose (fino a cento milioni
di lire al mese) di cui gestiva la ripartizione, anello di congiunzione con il
fratello detenuto fino al 1998, e di pessima condotta perchè frequentante
pregiudicati. Si aggiungeva che non risultava che la stessa avesse tagliato i
legami con l’associazione, così come non li aveva recisi il fratello, condannato
per delitti consumati fino al 1998, ancorchè in avanzata età. Quanto alla
misura patrimoniale che è quella che interessa, la Corte ha ritenuto che
entrambi i proposti non siano stati in grado di opporre alla ritenuta
sproporzione dei redditi rispetto alle spese sostenute, nel periodo 1999/1995,
argomenti fondati e convincenti. In particolare la Corte rilevava, quanto al
Buccarella : a) che aveva provato di aver ricevuto 20.000.000 di lire a titolo di
transazione relativamente a rapporto di mezzadria e a saldo di ogni pretesa,
di talchè non si poteva ritenere che egli avesse ottenuto un mensile aggiuntivo
di L. 1.500.000; b) che non risultava provata dal prevenuto la percezione di
retribuzione mensile o versamento di contribuzioni, c) che risultavano spesi
nel periodo in considerazione L. 1.016.500.000 a fronte di entrate per lire
393.284.345; d) che le spese sostenute per l’ampliamento della masseria non
potevano essere considerate in soli 180 milioni di lire, laddove andavano
quantificate in 425 milioni di lire, considerato l’ampliamento apportato
all’abitazione da 180 a 340 mq., di cui 44 mq. adibiti a porticato.
Per quanto riguarda Buccarella Maria Rosaria, la Corte riteneva che gli
asseriti guadagni conseguiti in Germania nel periodo 1970/1983 non erano
stati provati, che tali somme in ogni caso non potevano essere considerate
nella loro interezza, poiché erano servite alle necessità quotidiane di vita del
nucleo familiare che, nel periodo compreso dal 1990 al 1994 in cui erano stati
acquistati i beni immobili sequestrati- aveva un’entrata mensile media
(considerando l’intero nucleo familiare,con tre figli a carico) pari a L.
1.274.000.

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intestati. Veniva evidenziato che la misura personale era seguita alla condanna

2.

Avverso tale decisione interponevano ricorso per cassazione i due

prevenuti, pel tramite del difensore, unitamente a

NIGRO Leonardo,

BUCCARELLA Anna e BUCCARELLA Angelo, terzi interessati, per dedurre:
2.1 violazione dell’art. 24 d.lgs. 159/2011 e difetto di motivazione in
punto giudizio di sproporzione tra valore del patrimonio in sequestro e redditi
di natura lecita. Lamenta la difesa che i rilievi difensivi siano stati valutati con
riferimento alla dimostrazione della legittima provenienza e non già -come

operando la Corte avrebbe arbitrariamente ed illegittimamente alterato il
sistema di ripartizione dell’onere probatorio in questa materia che già di per
sé è gravoso per la difesa. Del resto l’onere probatorio sulla dimostrazione
della legittima provenienza dei beni sorgerebbe solo nel momento in cui sia
stata accertata alternativamente la sproporzione tra beni e reddito, o la
provenienza diretta dalle attività illecite dei beni medesimi. Sarebbe quindi
stato illegittimo il criterio seguito dalla Corte leccese nell’operare la
denunciata traslazione, imponendo alla difesa un eccessivo onere probatorio,
con evidente caduta in una violazione di legge ; la Corte poi sarebbe incorsa
in un vizio di motivazione, considerato che le obiezioni difensive sarebbero
state ignorate. In particolare, per quanto riguarda la posizione del
BUCCARELLA, viene contestato a) che non sia stato considerato il rapporto
economico sottostante al rapporto di lavoro sfociato nel prodotto verbale di
conciliazione sindacale con Zaccaria Giuseppe, ritenuto inadeguato a provare
la proporzione, b) che siano state ipervalutate le attività di ristrutturazione
della masseria, quantificate in oltre un miliardo di lire, laddove la valutazione
andava rapportata -al momento in cui avvenne l’acquisizione del bene- con la
comparazione del reddito ufficialmente disponibile con l’incremento
patrimoniale determinato dall’acquisto del bene.
Quanto alle posizioni di Buccarella M. Rosaria, Nigro Leonardo e
Buccarella Anna, si lamenta che non siano stati valutati gli scritti difensivi ed
in particolare i documenti prodotti, dai quali risultava che Buccarella M.
Rosaria ed il Nigro ebbero a lavorare in Germania per ben tredici anni e che
quindi ebbero a conseguire un capitale che nel 1988 si aggirava su 500 milioni
di lire e nel 1995 si aggirava attorno a 730 milioni di lire, capitale che
consentì all’epoca gli acquisti immobiliari in discussione. Quanto prodotto
dalla difesa sarebbe stato disatteso a) per l’assenza di prova rigorosa in
ordine all’an ed al quantum delle somme percepite nei tredici anni di lavoro
all’estero, b)per l’asserita impossibilità di attribuire all’intero reddito prodotto
all’estero il significato di risparmio capitalizzato, poi impiegato per l’acquisto
dei beni in sequestro. La consulenza che era stata depositata a supporto della
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sarebbe stato doveroso- in relazione alla valutazione della sproporzione; così

difese non sarebbe stata adeguatamente valutata, così incorrendo la Corte nel
vizio di motivazione per mancanza assoluta.
Infine sulla posizione di Buccarella Angelo, veniva fatto rilevare la sua
assoluta estraneità a contesti illeciti e quindi la infondatezza di qualsivoglia
discorso giustificativo della misura di prevenzione.

3. Il Procuratore Generale, con parere motivato, ha chiesto di

Considerato in diritto.

Il ricorso interposto, vertente sulla misura di prevenzione patrimoniale e
più precisamente sui presupposti della confisca non è ammissibile, in quanto i
motivi sviluppati esorbitano dal perimetro che delimita il giudizio in sede di
legittimità, che è riservato alle sole violazioni di legge, così da rendere
immediatamente non scrutinabili le censure che lamentano il vizio di
motivazione. Al riguardo deve ricordarsi che con la sentenza n. 321 del 2004
della Corte Costituzionale è stata dichiarata non fondata la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 4, undicesimo comma, della legge 27
dicembre 1956, n. 1423, ( riprodotto dall’art. 10 c. 3 d.lgs 159/2011), proprio
nella parte in cui è stato limitato alla sola violazione di legge l’impugnazione
avverso il decreto della corte di appello, con esclusione della ricorribilità in
cassazione per vizio motivazionale. La giurisprudenza di questa Corte si è poi
orientata nel senso di comprendere nello scrutinio i casi di motivazione del
tutto carente o con difetti tali da renderla meramente apparente, laddove
priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità, o assolutamente
inidonea a rendere comprensibile la ratio decidendi.
Nel caso di specie, il provvedimento impugnato non presenta affatto vizi di
motivazione così radicali, posto che il decreto censurato è dotato dei necessari
passaggi motivazionali che rendono possibile la verifica e i giudici di merito
hanno dato conto di avere esaminato tutti gli elementi a disposizione, di
avere interpretato correttamente le emergenze disponibili secondo le regole
della logica, argomentando le ragioni per cui le alternative interpretazioni
suggerite dalla difesa non potevano essere condivise. Meno che meno
ricorrono forzature del disposto normativo, atteso che i giudici a quibus sono
partiti dal dato di appartenenza di Buccarella Giovanni e Buccarella Maria
Rosaria al sodalizio della Sacra Corona Unita, affermato con sentenze
definitive, per passare al dato della sproporzione manifesta tra le disponibilità
accertate ed i redditi dichiarati dai prevenuti. E’ stata data ragione della non
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dichiarare inammissibili tutti i ricorsi.

adeguatezza delle evidenze fornite dalla difesa a dimostrazione del contrario
in punto sproporzione, vuoi per la ritenuta inconsistenza degli assunti, vuoi
per la non correttezza del calcolo opposto dalla difesa sulla capacità
reddituale dei proposti e sugli accumuli asseritamente effettuati. Nel ricorso,
relativamente a Buccarella Giovanni, non sono stati focalizzati specifici punti
della motivazione oggetto di censura sotto il profilo della motivazione
apparente, ma è stato contestato il metodo con cui si è giunti a ritenere la

della mezzadria), il che fa emergere l’estrinseca inammissibilità del motivo.
Quanto poi a Buccarella Maria Rosaria, Nigro Leonardo e Buccarella Anna, è
stata contestata la valutazione dei redditi prodotti all’estero, laddove i giudici
del merito hanno adeguatamente argomentato sulla non coincidenza tra
produzione del reddito ed acquisti, sulla mancanza di documentazione del
reddito asserito percepito all’estero e soprattutto sul mancato calcolo delle
spese di mantenimento nel periodo vissuto all’estero, che comportavano un
notevole ridimensionamento dell’asserito accumulo di risorse. Dunque i dati
offerti dalla difesa non sono “caduti nell’oblio”, come sostenuto, ma sono stati
diversamente valutati rispetto alla prospettazione difensiva, il che vale anche
per Buccarella Angelo.
A fronte dell’articolato complesso motivazionale del decreto censurato, i
ricorrenti si sono sostanzialmente limitati a criticare la complessiva
argomentazione del provvedimento impugnato, enunciando le circostanze già
prospettate in sede di appello ed a contrapporre tesi di segno contrario. Così
operando i ricorrenti han finito per proporre una ricostruzione dei fatti
alternativa, invitando questa Corte a una rilettura degli elementi posti a
fondamento della decisione del tutto esorbitante dai suoi poteri.
Alla dichiarazione di inammissibilità segue di diritto la condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti

sproporzione patrimoniale (laddove non si sarebbero considerati gli introiti

ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte
Cost., sent. n. 186 del 2000), ciascuno al versamento a favore della cassa delle
ammende di sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro mille, ai
sensi dell’ art. 616 cod.proc.pen.
itv—

I

p.q.m.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno al versamento della somma di euro mille a
favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, addì 14 febbraio 2014.

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