Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9817 del 14/02/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 9817 Anno 2014
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: ROCCHI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da: PG C/
CUTURELLO DOMENICA N. IL 01/02/1969
CAMPISI ANTONIO N. IL 09/08/1991
avverso l’ordinanza n. 306/2012 CORTE APPELLO di CATANZARO,
del 26/03/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dot
lette/se ite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difen

Avv.;

I

O RICI’ll

Data Udienza: 14/02/2014

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Catanzaro, in funzione di giudice dell’esecuzione,
provvedendo sulle opposizioni proposte da Cuturello Domenica e dagli eredi del
defunto Campisi Domenico avverso il provvedimento di confisca adottato ex art.
12 sexies legge 356 del 1992, in parziale accoglimento dell’opposizione revocava
la confisca con riferimento a specifici terreni, fabbricati ed autoveicoli e
confermava nel resto il provvedimento impugnato.

309 del 1990 commesso tra l’Italia e la Colombia fino al gennaio 2002.
Con l’ordinanza emessa inaudita altera parte, ai sensi dell’art. 667, comma
4, cod. proc. pen., la Corte aveva evidenziato la insufficienza dei redditi
dichiarati dal nucleo familiare dal 1993 al 2010 non solo per l’acquisto dei vari
beni, ma anche per garantire il soddisfacimento del fabbisogno quotidiano; ne
aveva dedotto la illecita provenienza del denaro.
A seguito dell’opposizione la Corte riteneva giustificati gli acquisti effettuati
dal 1994 al 2001 sulla base delle produzioni delle parti, che avevano dimostrato
alcune entrate finanziarie straordinarie di rilevante entità; non riteneva, invece,
giustificati da tali entrate straordinarie, il cui effetto era ormai esaurito, gli
acquisti di due beni mobili e di un terreno da parte di Cuturello Domenica e dal
figlio Campisi Antonio nel 2011, del valore di euro 37.600,00, confermando per
essi il giudizio di sproporzione tra il reddito familiare – da considerarsi negativo e il valore dei beni acquistati; riteneva che l’interposizione fittizia tra il
condannato da una parte, la moglie e il figlio dall’altra fosse dimostrata, attesa la
mancanza di redditi di entrambi.

2. Ricorre per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte d’appello di
Catanzaro, deducendo violazione dell’art. 12 sexies legge 356 del 1992 e
mancanza e manifesta illogicità della motivazione.
La confisca può essere disposta in base alla norma applicata, prescindendo
sia dalla data di acquisto (rispetto alla commissione del reato), sia dal valore,
che può anche superare il provento del delitto. Il coinvolgimento di Campisi
Domenico nell’associazione per delinquere diretta al traffico di sostanze
stupefacenti risaliva a molti anni prima il 2002.
Il ricorrente contesta che sia stata fornita prova dell’acquisto di un
fabbricato di Nicotera da parte della Cuturello con provviste paterne e di regali
nuziali: la difesa si era limitata a documentare un versamento di lire 50.000.000
sul conto corrente della Cuturello il 2/10/1990 e a produrre una matrice di
assegno con annotazione della somma di lire 30.000.000 e l’indicazione di un

2

Campisi Domenico era stato condannato per il delitto di cui all’art. 74 d.P.R.

nome.
Tenuto conto che i coniugi non avevano denunciato redditi fino al 1994, la
somma di lire 50 milioni non era nemmeno sufficiente al loro mantenimento.
Quanto alla matrice dell’assegno – che sarebbe stato emesso dal padre della
Cuturello per acquistare un fabbricato a favore della figlia – la prova era
decisamente insufficiente, mancando una dichiarazione di parte venditrice ed
essendo la somma diversa dal prezzo della vendita.

ottenuto un risarcimento da una compagnia di assicurazioni di lire 105 milioni e
che Campisi Domenico, alla fine del dicembre del 2000, aveva ricevuto un
indennizzo per ingiusta detenzione di euro 35.000: aveva ritenuto, quindi,
giustificato l’acquisto di un terreno intervenuto subito dopo il primo risarcimento
e “riequilibrato” lo squilibrio familiare fino a tutto il 2001.
Secondo il ricorrente, il risarcimento del danno non può essere sommato al
reddito familiare, atteso che il risarcimento è l’equivalente monetario della
perdita subita dal patrimonio del danneggiato e serve semplicemente a ristabilire
la situazione patrimoniale nei termini antecedenti al sinistro.
La somma percepita a titolo di riparazione per ingiusta detenzione
consentiva esclusivamente a coprire il fabbisogno annuo per la sopravvivenza del
nucleo familiare.
In definitiva, esisteva una sproporzione tra il valore economico dei beni di
cui il condannato aveva la disponibilità e il reddito da lui dichiarato.
Il ricorrente conclude per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

3. Ricorre per cassazione il difensore di Cuturello Domenica e degli eredi di
Campisi Domenico.
La difesa aveva contestato l’interposizione fittizia della Cuturello rispetto a
Campisi e la compatibilità degli acquisti compiuti nel 2011 con la situazione
reddituale della ricorrente, sottolineando che gli inquirenti avevano accertato i
redditi dichiarati dalla famiglia solo fino al 2010.
La Corte aveva, invece, disposto, la confisca delle autovetture e del terreno
– di modestissimo valore – sulla base di una presunzione di sproporzione tra
redditi e valore dei beni che non era affatto provata, atteso che i redditi di
quell’anno non erano stati accertati; né era ammissibile la sostanziale inversione
dell’onere della prova cui aveva fatto riferimento la Corte.
La ricorrente conclude per l’annullamento del provvedimento impugnato.

4. Il Procuratore Generale, nella requisitoria scritta, conclude per la

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La Corte aveva, poi, evidenziato che nel dicembre 1997 la Cuturello aveva

declaratoria di inammissibilità di entrambi i ricorsi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Entrambi i ricorsi sono inammissibili.

1. La Corte ha applicato nella sua decisione i criteri indicati dalla legge ed
elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte in punto di adozione della confisca
ai sensi dell’art. 12 sexies legge 356 del 1992, sia quanto all’individuazione dei
beni da confiscare, sia in punto di interposizione fittizia tra soggetto condannato
e familiari conviventi.

In particolare, è stata data puntuale attuazione al principio stabilito dalle
S.U. di questa Corte, secondo cui, allorché sia provata l’esistenza di una
sproporzione tra il reddito dichiarato dal condannato o i proventi della sua
attività economica e il valore economico dei beni da confiscare e non risulti una
giustificazione credibile circa la provenienza di essi, è necessario, da un lato,
che, ai fini della “sproporzione”, i termini di raffronto dello squilibrio, oggetto di
rigoroso accertamento nella stima dei valori economici in gioco, siano fissati nel
reddito dichiarato o nelle attività economiche non al momento della misura
rispetto a tutti i beni presenti, ma nel momento dei singoli acquisti rispetto al
valore dei beni di volta in volta acquisiti, e, dall’altro, che la “giustificazione”
credibile consista nella prova della positiva liceità della loro provenienza e non in
quella negativa della loro non provenienza dal reato per cui è stata inflitta
condanna (Sez. U, n. 920 del 17/12/2003 – dep. 19/01/2004, Montella, Rv.
226491).

2. Il ricorso del Procuratore Generale contiene, in verità, solo considerazioni
in punto di fatto; per di più, è Privo di autosufficienza.

In particolare, nel non ritenere provato che i primi acquisti fossero stati
pagati dal padre della Cuturello, il ricorrente sostiene che la difesa si è limitata a
documentare un versamento dell’importo di lire 50.000.000 sul conto della
ricorrente e una matrice di assegno con indicazione della somma di lire
30.000.000 e l’annotazione del nome “D’Agostino Eleonora”; sembra di
comprendere, quindi, che, quanto alla prima somma, il ricorrente ammetta che
la Cuturello ebbe donazioni per quella cifra in occasione del matrimonio; quanto
alla seconda, la Corte afferma che è stato prodotto l’assegno firmato dal padre
della ricorrente a favore della D’Agostino (venditrice dell’immobile): il ricorrente

.

sostiene il contrario, senza documentarlo; non tiene presente, tuttavia, che quel
pagamento – secondo l’ordinanza impugnata – era già stato provato davanti al
Tribunale di Vibo Valentia nel parallelo procedimento di confisca a titolo di misura
di prevenzione.

Il P.G. ricorrente contesta, poi, che il risarcimento del danno per la somma
di lire 105 milioni ottenuto dalla Cuturello possa essere sommato al reddito
familiare per giustificare il successivo acquisto: ma la censura si basa su una

recepita ai fini della confisca.
Il P.G. sostiene, infatti, che “l’importo ottenuto quale ristoro per danni subiti
serve semplicemente a ristabilire la situazione patrimoniale nei termini
antecedenti al sinistro il quale ha, evidentemente, determinato una perdita negli
elementi attivi del patrimonio del Campisi”.
La Corte, invece, correttamente evidenzia la vicinanza cronologica tra
l’incasso dell’ingente somma e l’acquisto del terreno in località Tondo; sottolinea,
ancora, che il risarcimento del danno – così come la titolarità del terreno – fanno
entrambi capo alla Cuturello, cosicché viene “ribaltata, in relazione al singolo
investimento, la presunzione di interposizione fittizia”: in sostanza, la Cuturello
acquistò il terreno a suo nome con denaro di sua proprietà.
La “giustificazione” è, quindi, valutata in concreto: e ciò è esatto, anche
perché l’analisi dei redditi familiari complessivi percepiti dal 1993 al 2010 è
correlata ad un indice astratto (“invero, calcolato su base ISTAT il fabbisogno
annuo di una famiglia residente nel territorio calabrese della composizione
corrispondente a quella del Campisi negli anni, si registra in tutte le annualità un
saldo negativo, significativo della circostanza che i redditi dichiarati non fossero
idonei nemmeno a garantire il soddisfacimento del fabbisogno quotidiano”) che
non è sufficiente per dimostrare che, in concreto, ogni anno la famiglia Campisi
assumesse debiti via via crescenti tali da imporre che la somma di lire 105
milioni prima, e quella di euro 35.000 percepita da Campisi nel 2000 fossero
destinati al loro rimborso.

In definitiva, la valutazione della Corte secondo cui l’incasso delle due
somme giustifica l’acquisto prima del terreno e poi della Fiat Punto è logicamente
motivata ed agganciata al criterio dettato dal legislatore.

2. Anche il ricorso di Cuturello Domenica e Campisi Antonio è inammissibile.
I ricorrenti sostengono che, poiché i beni di cui è stata confermata la
confisca sono stati acquistati nel 2011, per essi non può operarsi alcuna

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considerazione astratta, valida sotto il profilo civilistico ma che non può essere

valutazione di sproporzione tra i redditi dichiarati e il valore dei beni acquistati in
quanto l’analisi dei redditi della famiglia Campisi operata dagli inquirenti si ferma
al 2010.
La Corte motiva adeguatamente su tale prospettazione: osserva che gli
effetti delle entrate straordinarie sopra ricordate erano sicuramente venuti meno
dopo il 2001 e che i redditi familiari nel decennio successivo (2001 – 2010),
ancora una volta erano negativi: giunge, così, a valutare come ingiustificato un
esborso di euro 37.600 (quindi non modesto) operato per l’acquisto dei beni nel

necessaria a farvi fronte.
Non si tratta, quindi, di una indebita presunzione in ordine ai redditi del
2011 e ad una conseguente indebita inversione dell’onere della prova ai danni
dei ricorrenti: il giudizio circa l’assenza di giustificazione della provenienza lecita
del denaro speso nel 2011 consegue alla valutazione concernente gli anni
precedenti, nei quali i redditi dichiarati non permettevano alla famiglia di
risparmiare alcunché; ragionevole è, quindi, ritenere che quell’esborso era stato
compiuto con denaro di provenienza illecita.

3. Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue ex lege, in
forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti privati
al pagamento delle spese del procedimento ed al versamento della somma, tale
ritenuta congrua, di euro 1.000 (mille) ciascuna in favore delle Cassa delle
Ammende, non esulando profili di colpa nel ricorso (v. sentenza Corte Cost. n.
186 del 2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna Cuturello Domenica e Campisi
Antonio al pagamento delle spese processuali e ciascuno al pagamento della
somma di euro 1.000 alla Cassa delle Ammende.

Così deciso il 14 febbraio 2014

Il Consigliere estensore

Il Presidente

2011, atteso che la situazione pregressa impediva la formazione della provvista

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