Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9815 del 14/02/2014
Penale Sent. Sez. 1 Num. 9815 Anno 2014
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: VECCHIO MASSIMO
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
FARRIS VALTER N. IL 08/10/1966
avverso l’ordinanza n. 138/2013 TRIBUNALE di CAGLIARI, del
16/04/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MASSIMO VECCHIO;
Data Udienza: 14/02/2014
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE
Ricorso n. 27.189/2013 R. G. *
Udienza del 14 febbraio 2014
Rileva
1. — Con ordinanza deliberata il 24 maggio 2013 e depositata in
pari data, il Tribunale ordinario di Cagliari, in composizione
monocratica e in funzione di giudice della esecuzione, all’esito
della udienza camerale del 16 aprile 2013, ha rigettato la richiesta del condannato Valter Farris di scomputo, per fungibilità con pena in precedenza espiata sine titulo, della espianda
reclusione di tre mesi e ventotto giorni, inflittagli per il delitto
di evasione giusta sentenza di quello stesso tribunale n.
253/2009, in esecuzione.
Il giudice della esecuzione ha motivato: il riferimento alla espiazione «in eccesso» della pena della reclusione di dieci mesi e
due giorni, contenuto in provvedimento del Pubblico Ministero, recante la data dell’8 febbraio 2012, addotto dall’instante a
fondamento della richiesta., è frutto di mero errore materiale;
con successivo provvedimento del 9 novembre 2012 il Pubblico
Ministero ha dato atto e chiarito che la suddetta pena di dieci
meri e due giorni di reclusione era stata, in realtà espiata, in relazione ad altre condanne, specificamente indicate.
2.— Il condannato ha proposto ricorso per cassazione, col ministero del difensore di fiducia, avvocato Francesco Mulas, mediante atto recante la data del 28 maggio 2013, col quale denunzia, ai sensi dell’articolo 606, comma 1, lettera e), cod.
proc. pen. mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità
della motivazione, opponendo: il riferimento air «errore» per
risolvere la «questione spinosa» non è sufficiente; il giudice della
esecuzione doveva «soddisfare le esigenze di giustizia» e non «difendere la causa persa dei colleghi della Procura».
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Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del
dott. Carmine Stabile, sostituto procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, il quale ha concluso per la inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della cassa per le ammende.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE — SEZIONE PRIMA PENALE
Ricorso n. 27.189/201 3 R.G.
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Udienza del 14 febbraio 2014
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3. — La impugnazione è inammissibile.
Per vero il ricorrente infatti non ha confutato il rilievo del giudice a quo circa l’errore materiale occorso, né ha d:imostrato
l’assunto circa la pregressa espiazione di pena sine titulo.
3.2 — Conseguono la declaratoria della inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché — valutato il contenuto dei motivi e in difetto della ipotesi di esclusione di colpa nella proposizione della
impugnazione — al versamento a favore della cassa delle ammende della somma, che la Corte determina, nella misura congrua ed equa, infra indicata in dispositivo.
P. Q.
M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000
(mille) alla Cassa delle ammende.
Così deciso, il 14 febbraio 2014.
3.1 — Il ricorso, per il generico tenore delle censura, difetta — alla evidenza — del requisito formale della specifica indicazione
delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono
l’impugnazione, prescritto dall’articolo 581, comma 1, lettera
c), cod. proc. pen. e sanzionato, a pena di inammissibilità,
dall’articolo 591, comma 1, lettera c), cod. proc. pen.