Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9812 del 14/02/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 9812 Anno 2014
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: VECCHIO MASSIMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LALARIO GIOVANNI N. IL 20/09/1970
avverso l’ordinanza n. 138/2012 TRIBUNALE di BARI, del
04/10/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MASSIMO VECCHIO;

Data Udienza: 14/02/2014

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 47.836/2012 R.G.

* Udienza del 14 febbraio 2014

Rileva
1. — Con ordinanza deliberata il 4 ottobre 2012 e depositata in
pari data il Tribunale ordinario di Bari, in composizione collegiale e in funzione di giudice della esecuzione, ha rigettato la
richiesta del condannato Giovanni Lalario di riconoscimento
della continuazione tra i reati giudicati colla sentenza della
Corte di appello di Bari 28 marzo 2002, e i reati, già uniti nel
vincolo della continuazione, giusta ordinanza dello stesso Tribunale del 24 gennaio 2012., giudicati colle sentenze dalla ridetta Corte territoriale del 3 febbraio 2000 e del 28 novembre 2005
e del medesimo Tribunale 7 luglio 2009.
Il giudice della esecuzione ha motivato: «il nuovo titolo di cui si
chiede la unificazione» non è sopravvenuto rispetto alla predente ordinanza; era già compreso nel provvedimento di cumulo
recante le condanne per i reati in relazione ai quali la continuazione è già stata riconosciuta; il principio della «immodificabilità delle ordinanze definitive rebus sic stantibus», adottate in executivis osta al riconoscimento della ulteriore continuazione.
Il condannato ha proposto ricorso per cassazione, personalmente, mediante atto recante la data del 6 novembre 2012,
dichiarando promiscuamente di denunziare, ai sensi
dell’articolo 606, comma 1, lettere b) ed e), cod. proc. pen., inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre
norme giuridiche di cui si deve tenere conto nella applicazione
della legge penale, in relazione all’articolo 81 cod. pen., nonché
mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione anche sotto il profilo della formale violazione
dell’articolo 125, comma 3, cod. proc. pen.
2.

2

Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del
dott. Oscar Cedrangolo, sostituto procuratore generale della
Repubblica presso questa Corte, il quale ha concluso per la inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della cassa per le ammende.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 47.836/2012 R.G. *

Udienza del 14 febbraio 2014

3. — Il procuratore generale della Repubblica presso questa
Corte, mediante atto del 17 settembre 2013, oppone: i motivi a
sostegno del ricorso costutiscono censura in punto di fatto della
decisione impugnata, «in ordine alla ritenuta insussistenza della
unicità del disegno criminoso».
Il ricorso è, nei termini che seguono, meritevole di accoglimento.

4.

L’ordinanza impugnata è inficiata dal vizio della mancanza di
motivazione.
Il giudice a quo, infatti, non ha dato conto della ritenuta preclusione.
Per vero dal tenore del provvedimento non risulta se la ulteriore continuazione postulata dal ricorrente (con riferimento ai
reati giudicati colla sentenza del 28 marzo 2002) sia stata negativamente scrutinata dal giudice della esecuzione con conseguente esclusione della continuazione stessa in parte de qua.
Giova ricordare che la preclusione debole (a differenza di quella
forte della res iudicata) e correlata al divieto del ne bis in idem
copre elusivamente «il dedotto» e non anche «il deducibile» (v.
da ultimo Sez. 1, n. 30496 del 03/06/2010 – dep. 30/07/2010, Nicolini, Rv. 248319: «la preclusione del cosiddetto giudicato esecutivo non si estende a tutte le questioni deducibili ma esclusivamente a quelle che sono state dedotte ed effettivamente decise»).
Sicché è irrilevante che la postulata ulteriore continuazione potesse già essere riconosciuta in sede di deliberazione della precedente ordinanza, se in concreto il giudice della esecuzione
non la ha esclusa.

3

Il ricorrente postula, variamente argomentando la ricorrenza
del medesimo disegno criminoso tra tutti i reati giudicati colle
sentenze anzidette, e deduce che il riconoscimento della ulteriore continuazione — restando inalterata la pena base — non
avrebbe comportato alcuna «modificazione» della precedente
ordinanza.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE — SEZIONE PRIMA PENALE

Udienza del 14 febbraio 2014

Conseguono l’annullamento della ordinanza impugnata e il
rinvio per nuovo esame al giudice della esecuzione il quale, uniformandosi al principio di diritto surrichiamato che questa
Corte suprema di cassazione ribadisce ai sensi dell’articolo 173,
comma 2, disp. att. cod. proc. pen., verificherà se la continuazione invocata sia stata positivamente esclusa dalla precedente
ordinanza del 24 gennaio 2012; in caso affermativo, se con riferimento alle ragioni indicate dal ricorrente nel libello introduttivo del presente procedimento, opera alcuna preclusione; e, in
caso negativo, provvederà allo scrutinio della istanza del condannato nel merito.

P. Q.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia, per nuovo esame, al
Tribunale di Bari.
Così deciso, il 14 febbraio 2014.

Ricorso n. 4 7 . 8 3 6 / 2 0 1 2 R.G. *

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