Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9810 del 12/02/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 9810 Anno 2014
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: CASA FILIPPO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LAMPADA GIULIO GIUSEPPE N. IL 16/10/1971
avverso l’ordinanza n. 7/2013 CORTE APPELLO di MILANO, del
17/05/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FILIPPO CASA;
PrtEt
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. Aitruis in-P,A.A.LA,
0.

Uditi difensor Avv.;

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el-tk, 62-92 Clii-‘3 2v2

Data Udienza: 12/02/2014

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza del 17-20.5.2013, la Corte di Appello di Milano, visto il parere del
Procuratore Generale in sede e in sintonia con lo stesso, dichiarava inammissibile la
dichiarazione di ricusazione presentata in data 8.5.2013 da Lampada Giulio Giuseppe nei
confronti dei giudici Giuliana Merola, Guido Zucchetti e Alberto Nosenzo, in servizio presso il
locale Tribunale, Sezione autonoma Misure di Prevenzione.

del procedimento di prevenzione patrimoniale a carico del ricusante dopo aver già deciso, nella
stessa formazione, analoga procedura celebratasi a carico del fratello Lampada Francesco,
condannato, come Giulio, in sede di cognizione, per il reato di cui all’art. 416 bis c.p. con
sentenza emessa dal Tribunale di Milano in data 6.2.2013.
Alla declaratoria d’inammissibilità la Corte milanese perveniva considerando, alla luce
della costante giurisprudenza di legittimità, tassative ed eccezionali le norme sulla ricusazione,
perciò stesso inestensibili al procedimento di prevenzione.
2. Ha proposto ricorso per cassazione avverso la citata ordinanza d’inammissibilità il
difensore di LAMPADA Giulio Giuseppe.
2.1. Con il primo motivo, denuncia violazione di legge in relazione agli artt. 41, 127
c.p.p. e 24 Cost., avendo la Corte adottato la procedura “de plano”, pur essendo intervenuta al
di fuori di una vera e propria ipotesi di manifesta infondatezza della dichiarazione ricusatoria.
Ed invero, nel proprio argomentare, il Collegio aveva intrecciato argomenti solo
apparentemente e più direttamente riferibili alla manifesta infondatezza delle ragioni fondanti
la dichiarazione di ricusazione ad altri, al contrario, concernenti l’interpretazione in termini
tassativi o meno delle norme sull’istituto e, dunque, l’individuazione dei relativi spazi
applicativi; argomenti, questi ultimi, che avevano suscitato l’insorgenza di questioni di non
poco momento nella stessa giurisprudenza di legittimità.
La preliminare decisione di inammissibilità della Corte territoriale, per essere stata
adottata “de plano” al di fuori di una effettiva ipotesi di manifesta infondatezza, aveva, in
sostanza, determinato un ingiustificato sacrificio del diritto al contraddittorio.
2.2. Con il secondo motivo, deduce violazione di legge e vizio di motivazione in
relazione agli artt. 34, 37, 41, co. 1, c.p.p., 111 co. 2 e 24 Cost.
La Corte era caduta in contraddizione perché, in una prima parte dell’ordinanza, aveva
ritenuto inammissibile l’applicazione delle norme sulla ricusazione in quanto l’attività
pregiudicata doveva attenere alla responsabilità dell’imputato, e, in una parte successiva,
aveva ammesso la possibilità di insorgenza di una causa di ricusazione anche rispetto a giudici
che avessero valutato i medesimi fatti in relazione allo stesso soggetto in sede di applicazione
della misura di prevenzione della sorveglianza speciale, se ed in quanto in detto ultimo

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La dichiarazione di ricusazione era motivata dall’essere stati investiti i predetti giudici

procedimento avessero già espresso valutazioni in ordine all’esistenza del reato per cui è
processo.
Doveva, poi, considerarsi illegittima la distinzione operata dai Giudici di merito tra
l’ipotesi di un collegio in sede penale già pregiudicato da una decisione adottata nei confronti
dello stesso soggetto in sede di prevenzione e l’ipotesi inversa.
Citava un arresto della Sezione V di questa Corte sull’ammissibilità della ricusazione del
giudice anche nel procedimento di prevenzione, ormai “giurisdizionalizzato”, e censurava, alla
luce del principio ivi affermato, l’erroneo riferimento ai parametri di eccezionalità e tassatività

Richiamava, infine, l’intervento in materia della Corte Costituzionale (tra le altre,
sentenza n. 113/2000) che aveva chiarito come la disciplina in materia di ricusazione debba
essere vista come “un sistema che si propone di apprestare la necessaria tutela del principio
del giusto processo in tutti i casi in cui possa risultare compromessa l’imparzialità del giudice”.
3. Il Procuratore Generale presso questa Corte, ha concluso per l’annullamento senza
rinvio (le ragioni che imponevano, nel caso in esame, il contraddittorio derivavano in primis e
in modo assorbente dal fatto che risultava acquisito e fatto proprio dalla Corte il parere del
P.G., non comunicato alla difesa).

Considerato in diritto

Il ricorso è fondato.
La Corte di Appello di Milano, nel pervenire a declaratoria di inammissibilità de plano
della dichiarazione di ricusazione in esame, ha diffusamente argomentato in tre pagine di
motivazione, con plurimi richiami alla giurisprudenza costituzionale e di legittimità, così
dimostrando che il tema della insuscettibilità di estensione analogica delle norme sulla
ricusazione al procedimento di prevenzione non è, attualmente, così pacifico (per esempio, in
senso favorevole all’estensione si è pronunciata Sez. 5, sent. n. 3278 del 16/10/2008,
dep. 23/1/2009, Nicitra Rv. 242942 a motivo del fatto che al procedimento di prevenzione
sono applicabili, in quanto compatibili, le norme del processo penale – art. 4, ult. comma, L. n.
1423 del 1956 – e, quindi, anche quelle preordinate a garantire la terzietà e l’imparzialità del
giudice, avuto riguardo alla natura giurisdizionale del procedimento “de quo”).
Attesa la natura della questione, sarebbe stato, perciò, necessario procedere nel
contraddittorio camerale, ai sensi dell’art. 127 c.p.p.
A tale conclusione si perviene anche per la ragione evidenziata dal Procuratore Generale
presso questa Corte nella sua requisitoria scritta, in cui si è denunciato il provvedimento
impugnato perché, in violazione del contraddittorio, non era stato portato a conoscenza della
difesa il parere espresso dal Procuratore Generale presso la Corte di Appello milanese.
Sul punto, il Collegio richiama la costante giurisprudenza della Corte EDU, che ha
ravvisato essere in contrasto con l’art. 6.1 della Convenzione la presentazione da parte del PM
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che informerebbero l’istituto in questione.

di memorie al giudice di appello senza che sia stata data comunicazione di esse all’imputato
(Corte EDU 28.8.1991, Brandstetter c. Austria; 27.3.1998, K.D.B. c. Paesi Bassi).
Ancora di recente le SS. UU. di questa Corte hanno affermato il principio di diritto
secondo cui, nel giudizio di revisione, qualora la Corte di appello proceda, seppur irritualmente,
all’acquisizione del parere del Procuratore Generale, di detto parere deve essere data,
comunque, comunicazione alla parte richiedente in modo da consentirle di contraddire sul
punto (Sez. U, Sentenza n. 15189 del 19/1/2012, Dander, Rv. 252020).
Palese l’identità di fattispecie processuale tra quella a margine della quale si sono
ratio decidendi,

sostanziantesi nella considerazione che il principio del contraddittorio, fondante nel processo
penale in coerenza con l’art. 111 Cost., non meno che con i principi della CEDU, art. 6.1

in

primis, impone la conoscenza reciproca tra le parti processuali degli argomenti, delle tesi, delle
osservazioni e delle conclusioni da ognuna rappresentati.
Di qui la conclusione – affermata anche in un recente arresto di questa Sezione (Sez. 1,
sent. n. 18435 del 5/4/2013, Tinelli, Rv. 255849) – che anche nel contesto processuale nel
quale l’intervento del P.G. non sia contemplato, qualora per iniziativa del giudicante ad esso si
faccia ricorso, la regola del contraddittorio impone che di esso e dei suoi esiti si dia compiuta
informazione alla parte privata.
L’ordinanza impugnata va, pertanto, annullata senza rinvio con trasmissione degli atti
alla Corte di Appello di Milano per l’ulteriore corso.

P.Q.M.

annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone trasmettersi gli atti alla Corte di
Appello di Milano per l’ulteriore corso.
Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2014

Il Presidente

pronunciate le Sezioni Unite e quella in esame e conclamata l’identità della

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