Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9807 del 12/02/2014
Penale Sent. Sez. 1 Num. 9807 Anno 2014
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PINTO FRANCESCO N. IL 12/07/1981
avverso l’ordinanza n. 604/2013 TRIB. SORVEGLIANZA di BARI, del
16/04/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA
SILVIO BONITO;
lette/sexitite le conclusioni del PG Dott. q – c)___<.-12..D C--u-L cfj2--e-9 -3 -- ts2_e_c s Uditi difensor Avv.; Data Udienza: 12/02/2014 La Corte, ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Il Tribunale di sorveglianza di Bari, con ordinanza del 16 aprile
2013, dichiarava inammissibili le istanze di detenzione domiciliare
e semilibertà e rigettava, nel contempo, quelle di affidamento al
servizio sociale ovvero terapeutico proposte da Pinto Francesco in
relazione alla pena di anni quattro e mesi quattro di reclusione
inflittagli dalla Corte di appello di Bari con sentenza del giorno 8
giugno 2011.
A sostegno della decisione il giudice territoriale evidenziava la
ostatività della recidiva applicata all'istante ai sensi dell'art. 99 co.
4 c.p. in riferimento alle domande relative alla detenzione
domiciliare ed alla semilibertà ed in generale, in relazione pertanto
anche agli invocati affidamenti, la sua persistente pericolosità
sociale, desunta valorizzando: i precedenti penali per condotte
delittuose consumate dal detenuto tra il 1998 ed il 2002; la revoca a
suo danno della misura dell'affidamento in prova s.s. disposta il
18.4.2005 per fatto colpevole; la nota dei CC. di Altamura dalla
quale si apprende che il Punto, nel 2008, è stato arrestato e
condannato per traffico internazionale di stupefacenti; la mancanza
di attività lavorativa; la relazione in atti del SERT di Altamura
descrittiva di una particolare difficoltà per il condannato ad avviare
un lavoro introspettivo profondo; la subvalenza dei profili positivi
rintracciabili in detta relazione con la attualità della pericolosità
sociale del soggetto; la difficoltà, in base alle esposte premesse, di
esprimere un giudizio prognostico positivo sulla idoneità della
misura richiesta al raggiungimento degli obbiettivi di legge; la
relazione dell'UEPE del 9.4.2013 assertiva, in favore del detenuto,
della idoneità della misura della detenzione domiciliare,
inammissibile nel caso in esame per la ostatività già innanzi
richiamata della contestata e ritenuta recidiva.
2. Avverso detta ordinanza ricorre il Pinto, personalmente,
denunciando violazione dell'art. 94 dpr 309/1990, in particolare
lamentando: i precedenti penali tanto enfatizzati dal tribunale sono
tutti risalenti nel tempo, tutti collegati allo stato di
tossicodipendenza eppertanto estranei,tutti, all'attuale stato
dell'istante, in cura da due anni ed inserito nel suo nucleo familiare;
la revoca della misura alternativa, anch'essa tanto enfatizzata dal
tribunale, risale ad otto anni or sono; su queste basi ha il tribunale
fondato la sua prognosi sul futuro comportamento dell'istante e la
severa valutazione circa una attuale sua pericolosità sociale; per Ìl i converso ha il Tribunale ignorato: gli arresti domiciliari protrattisi
per due anni con la positiva frequentazione del programma
terapeutico riabilitativo, l'informativa, positiva per l'istante, dei CC
di Altamura, la relazione ampiamente positiva del SERT in data
26.3.2013, la relazione, anch'essa ampiamente positiva dell'UEPE
del 9.4.2013. 3. Con ampia, diffusa ed argomentata requisitoria scritta ha il P.G.
in sede concluso per l'annullamento con rinvio dell'ordinanza
impugnata, dappoichè condivise le censure difensive, soprattutto in
riferimento
alla omessa valutazione
delle
acquisizioni
procedimentali, tutte di segno significativamente positivo per il
detenuto.
4. Il ricorso è fondato.
Va preliminarmente evidenziato che l'impugnazione fa riferimento
al solo rigetto deciso dal tribunale in relazione alla istanza del
ricorrente relativa all'affidamento in prova per casi particolari,
mentre nulla si opina, difensivamente, quanto alle inammissibilità
ed al rigetto della altre istanze proposte in prime cure.
Venendo pertanto a quanto devoluto, non può non convenirsi con le
conclusioni e con le argomentazioni ampiamente sviluppate dal
P.G. in sede e rimarcare la particolare severità, peraltro del tutto
immotivata e comunque apparentemente motivata, della decisione
in scrutinio.
Ed invero, il fondamento del rigetto impugnato risulta individuato
dal giudice territoriale dalla condanna inflitta e da eseguire, dalla
particolare e grave recidiva contestata e ritenuta con essa, dai
precedenti penali, dalla revoca di precedente misura.
Sul piano della tenuta logica colpiscono due circostanze: per un
verso, la risalenza nel tempo dei precedenti (i più recenti risalgono
al 2002) al pari della revoca (che si colloca nel 2005) e, dall'altra, la
totale pretermissione del robustissimo quadro di circostanze e
risultanze ampiamente positive per l'istante, circostanze e risultanze
poi di particolare importanza penitenziaria, giacchè dimostrative di
una certissima fase di recupero che l'arcigno rigetto impugnato,
venendo meno alla funzione stessa della giurisdizione di
sorveglianza, vanto dell'ordinamento nazionale, rischia di porre nel
nulla.
Orbene, il Tribunale ha del tutto ignorato la circostanza, di palese,
evidente ed ineludibile significatività, che il Punto è agli arresti
domiciliari per i fatti di cui alla condanna da espiare e che in questo
tempo è stato autorizzato a frequentare un programma terapeutico
riabilitativo di tipo ambulatoriale il quale sta dando frutti
2 ampiamente positivi. Siffatta concreta ed oggettiva realtà non può
essere ignorata dal giudice della sorveglianza se non
contraddicendo e violando i compiti di istituto.
I CC. hanno informato che il Punto non appartiene alla criminalità
organizzata e che in questo periodo non ha "mai dato adito a
rimarchi di sorta"; l'UEPE, in data 9.4.2013, poco più di un mese
prima della decisione impugnata, dava atto del comportamento
corretto serbato dal Pinto e del percorso critico positivamente
intrapreso circa le sue precedenti esperienze in piena collaborazione
con il servizio. Di più, il SERT di Altamura, nella relazione del 26
marzo 2013 (l'ordinanza di rigetto è del 23 maggio successivo)
annota l' "evidente .... motivazione .... nel soggetto al
proseguimento del lavoro terapeutico che ha come obiettivo un
profondo cambiamento della condizione esistenziale personale e
familiare .... pertanto si ritiene che l'interruzione di tale processo
potrebbe compromettere la buona riuscita del processo riabilitativo
... alla luce di quanto sopra il servizio scrivente ritiene opportuno e
necessario che il paziente in oggetto prosegua il percorso
riabilitativo intrapreso ....".
Per il SERT pertanto, l'interruzione del percorso terapeutico
"potrebbe compromettere la buona riuscita del processo
riabilitativo", circostanza questa ignorata dal tribunale sull'altare di
una enfatizzata pericolosità sociale, di per sé negata ed in
contraddizione logica palese con gli esiti del SERT, dell'UEPE e
con le informazioni di polizia innanzi sintetizzate.
Ma la diagnosi del SERT induce a rammentare la funzione
dell'istituto invocato dal Pinto e negato dal Tribunale.
L'affidamento in prova in casi particolari è misura alternativa al
carcere introdotta nell'ordinamento penitenziario in sede di
conversione del d.l. 22.4.1985, n. 144, dalla 1. 21.6.1985, n. 297,
che introdusse nel sistema l'art. 47-bis, il legislatore, con tale
intervento, perseguiva due precise esigenze con nettezza indicate
nei lavori preparatori: da una parte, fronteggiare il fenomeno del
progressivo aumento, nella popolazione carceraria, di soggetti
tossicodipendenti con conseguenti problemi di governabilità degli
istituti penitenziari (attualmente i tossicodipendenti detenuti, come
certamente a conoscenza dei giudici a quibus, superano le 15.000
unità), dall'altra, dare una risposta positiva al sempre più frequente
fenomeno della interruzione, nella prassi applicativa, dei trattamenti
terapeutici in corso a favore di tossicodipendenti raggiunti da
sentenza di condanna al fine di dare esecuzione alle pene; di qui
anche la scelta di configurare il nuovo istituto sullo schema
dell'affidamento in prova al servizio sociale eppertanto dell'art. 47
0.P., dappoichè essa sola permetteva l'esecuzione della pena fuori
3 P. T. M.
La Corte, annulla l'ordinanza impugnata limitatamente
all'affidamento in prova di cui all'art. 94, dpr 309/1990 e rinvia per
nuovo esame al riguardo al Tribunale di sorveglianza di Bari.
Roma, addì 12 febbraio 2014 dal carcere. L'istituto conobbe poi l'attuale collocazione normativa
in adempimento della delega al governo disposta con l'art. 37 1.
26/90 per la formulazione del T.U. 309/1990 in materia di
stupefacenti.
In siffatto razionale contesto deve altresì inserirsi l'insegnamento
della C. Cost.; ha infatti rimarcato il giudice delle leggi che, nel
caso dell'affidamento "terapeutico" di persona tossicodipendente o
alcooldipendente, la "ratio" legislativa è nel senso di una
preminenza data dalla norma all'intento di cura dello stato di
dipendenza (C. Cost. 5.12.1997 n. 377).
Di qui la decisività delle conclusioni relazionate dal SERT ai fini
della decisione impugnata e del vizio difensivamente denunciato.
Ciò posto, rileva ulteriormente il Collegio che si appalesa una
evidente contraddizione logica tra gli elementi e le circostanze, tutte
caratterizzate dalla inattualità, evocate dal tribunale, il quale ha
fatto di essi una considerazione assoluta oltre che del tutto
irragionevole, ponendoli, di per sé soli, a sostegno della
motivazione impugnata, con le evidenze positive più volte innanzi
richiamate e la comprovata, positiva evoluzione della personalità
del ricorrente e del suo stato di salute, successiva alla consumazione
della condotta sanzionata.
Delle une e delle altre manca comunque nella motivazione
impugnata, che si appalesa per questo illogica e contraddittoria, un
sia pur minimo accenno di necessario bilanciamento, al fine di
valutare compiutamente a quale dare motivata prevalenza, per
consentire la conclusiva indicazione di una delle due opzioni poste
dalla domanda esaminata e decidere in tal guisa quale sia quella di
giustizia perché conforme alle norme di riferimento ed alle loro
finalità.
L'ordinanza va pertanto cassata con rinvio al Tribunale di
Sorveglianza di Bari per nuovo esame che dia opportuna rilevanza
alla ratio della norma di riferimento, alla positiva evoluzione della
personalità del ricorrente e del trattamento terapeutico in atto.