Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9806 del 12/02/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 9806 Anno 2014
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ADA DORIS ESONARA N. IL 27/05/1973
avverso il decreto n. 21/2013 CORTE APPELLO di PALERMO, del
12/04/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA
SILVIO BONITO;
Az
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

J2-

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 12/02/2014

1. La Corte di appello di Palermo, con decreto del 12 aprile 2013,
rigettava il gravame proposto da Ada Doris Esonara avverso il
provvedimento con il quale il tribunale palermitano, in data 12
dicembre 2012, aveva applicato a suo carico la misura di
prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per
anni due e mesi sei, con obbligo di soggiorno e versamento
cauzionale.
A sostegno della decisione la Corte di merito ribadiva il giudizio
espresso dal giudice di prime cure in ordine alla pericolosità sociale
della Esonara, dedotta dalla condanna alla stessa inflitta per i reati
di associazione per delinquere dedita al traffico di eroina e cocaina
e per episodi di spaccio (artt. 74 e 73 dpr 309/1990), dalla
articolazione diffusa dell’associazione, strutturata con ramificazioni
estere, dagli stabili rapporti della proposta con soggetti dediti alla
medesima attività criminale, dal suo radicamento col traffico
illecito per cui è intervenuta condanna, dalla mancata dimostrazione
di una attività lecita.
2. Si duole di tale pronuncia la proposta, con l’assistenza del
difensore di fiducia, che ricorre per cassazione chiedendone
l’annullamento sul rilievo che la stessa sarebbe viziata da
violazione della L. 1423/1956 e 575/65 e success. modif., nonché
dell’at. 24 Cost. ed illogicità della motivazione giacchè: la
motivazione della corte di merito si appalesa all’evidenza come
apparente; i fatti per cui è intervenuta sentenza di condanna
risalgono al 2006 e da allora a carico della ricorrente non risulta
registrato alcunchè; l’accusa associativa è stata derubricata nella
fattispecie di cui al comma VI dell’art. 74 dpr 309/1990 e lo spaccio
si riduce a due soli episodi; in seguito la Esonara ha cambiato vita,
dedicandosi alla cura dei quattro figli e lavorando onestamente;
difettano nella fattispecie in esame i requisiti della effettività e
dell’attualità; l’attualità della pericolosità sociale non può essere
desunta da pregresse condanne, come da insegnamento di
legittimità e della stessa C. Cost.; la Esonara, per i fatti dai quali è
scaturita la condanna, è stata a suo tempo sottoposta agli arresti
domiciliari,
ed
autorizzata
al
lavoro
esterno
ed
all’accompagnamento dei figli a scuola; dopo la condanna non sono
affatto provati contatti con ambienti malavitosi; anzi, il distacco dal
compagno di vita coimputato ha determinato il venir meno di ogni
occasione in tal senso.

La Corte osserva in fatto ed in diritto:

3. Il P.G. in sede, con motivata requisitoria scritta, concludeva per
la inammissibilità del ricorso.

4. La doglianza si appalesa fondata.
L’ipotesi ritenuta dai giudici territoriali è quella di cui alla lett. c)
dell’art. 4 d. lgs. 159/11, che richiama i soggetti di cui all’art. 1
della stessa legge, in particolare quelli di cui alla lett. c) di tale
primo articolo e cioè i soggetti socialmente pericolosi.
Tanto premesso, giova rammentare che, a mente della disciplina
portata dall’art. 4, co. 11, L. 27 dicembre 1956 n. 1423, oggi artt. 1
e 4 d. lgs. 159/11, il decreto con il quale la Corte di appello decide
in ordine al gravame proposto dalle parti avverso il provvedimento
del Tribunale in materia di misura di prevenzione della sorveglianza
speciale di pubblica sicurezza (art. 3 della legge citata, oggi art. 10
co. 3 d. lgs. citato) è ricorribile per cassazione esclusivamente per
violazione di legge, vizio, quest’ultimo, nel quale è compreso, per
consolidata lezione interpretativa di questa Corte, quello della
motivazione nella ipotesi in cui essa sia del tutto omessa ovvero
apparente (Cass., Sez. I, 17/01/2011, n. 5838).
Nel caso di specie, ritiene il Collegio, ricorre tale ultima ipotesi.
Sono note le condizioni che consentono di ritenere ricorrente nello
specifico la pericolosità sociale del proposto, presupposto in fatto
indefettibile del provvedimento di prevenzione, in termini di
attualità ed apprezzabilità, e cioè i precedenti penali, le denunce per
gravi reati, il tenore di vita del proposto, la frequentazione con
pregiudicati; la valutazione della pericolosità sociale ha inoltre
carattere eminentemente sintomatico e può pertanto essere
sostenuta su mera base indiziaria.
Nella concreta fattispecie all’esame della Corte, il giudice
territoriale ha però limitato l’applicazione dei criteri appena evocati
alla sola condanna penale per fatti risalenti al 2006, senza peraltro
tener conto dell’applicazione in favore dell’imputata della ipotesi di
cui al VI comma dell’art. 74 dpr 309/1990 ed anzi fondando la
motivazione dell’attualità della sua pericolosità sociale sulla gravità
delle condotte giudicate, viceversa molto ridimensionate, e sulla
stabilità di rapporti con esponenti di spicco dell’associazione, dal
2006 per nulla provati e, soprattutto, molto ridimensionati dalle
vicende familiari e dal distacco dal compagno, vero ispiratore della
passate vicende delittuose.

2

5. Il decreto impugnato va, in conclusione, cassato con rinvio al
giudice territoriale affinché provveda ad un più esaustivo e puntuale
esame delle risultanze istruttorie e su di esso logicamente argomenti
le conclusioni che, in piena libertà di giudizio, riterrà di assumere.
P. T. M.
la Corte, annulla il decreto impugnato e rinvia per nuovo esame alla
Corte di appello di Palermo.
Così deciso in Roma addì 12 febbraio 2014
Il cons. est.

Residua la negazione, da parte del giudice della prevenzione, di
ogni attività lavorativa da parte della proposta, attività viceversa
rivendicata dall’interessata ed autorizzata dallo stesso magistrato
già nel corso della misura cautelare disposta a suo tempo per i fatti
di cui alla condanna.
Di qui la palese apparenza del compendio motivazionale, che si
affida ad affermazioni in parte apodittiche, in parte collegate a
vicende risalenti nel tempo ed in parte in contrasto con circostanze
di fatto pacificamente acquisite al procedimento: la riqualificazione
in termini di minore gravità delle condotte giudicate con
l’applicazione di pena concordata l’attività lavorativa svolta.
Anche la particolare severità temporale della misura appare fondata
su un protrarsi delle condotte illecite apoditticamente affermata e
viceversa esclusa dalle acquisizioni procedimentali.

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