Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9798 del 30/01/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 9798 Anno 2014
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: LA POSTA LUCIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MARINACCI DARIO N. IL 29/06/1976
avverso l’ordinanza n. 6030/2013 GIUD. SORVEGLIANZA di ROMA,
del 27/05/2013
sentita la r1azione fatta dal Consigliere Dott. LUCIA LA POSTA;
lette/se e le conclusioni del PG Dott.
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Data Udienza: 30/01/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 27.5.2013 il Magistrato di sorveglianza di Roma
respingeva la richiesta di conversione in libertà controllata della pena pecuniaria
inflitta a Dario Marinacci di residui euro 18.667, trasmessa dal Procuratore
generale presso la Corte di appello di Roma ai sensi dell’art. 660 cod. proc. pen..
Esclusa, all’esito degli accertamenti, la effettiva ed assoluta insolvibilità del

2. Con il ricorso per cassazione il Marinacci, a mezzo del difensore di fiducia,
deduce il vizio di motivazione per palese contraddizione in ordine alla affermata
solvibilità del condannato. Lamenta che il giudice si è limitato a rilevare che il
condannato è titolare di reddito da lavoro subordinato e risiede con i genitori
senza considerare che tale reddito non ha carattere di stabilità e continuità.
Contesta che la valutazione del requisito della solvibilità possa riferirsi alla
condizione economica del nucleo familiare del condannato senza neppure
accertare l’effettiva incidenza delle risorse familiari sulle condizioni
dell’interessato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è manifestamente infondato.
La condanna ad una pena pecuniaria determina in capo al condannato una
obbligazione di carattere patrimoniale. Se a seguito dell’esecuzione finalizzata
all’adempimento di detta pena – attraverso il procedimento di natura
amministrativa disciplinato dagli art. 212 e 213 d.P.R. n. 115 del 2002 – non si
perviene alla riscossione della somma, il pubblico ministero procede a norma
dell’art. 660 cod. proc. pen. per la conversione o la rateizzazione della pena
pecuniaria trasmettendo gli atti al magistrato di sorveglianza al quale compete la
verifica dell’esistenza della condizione di insolvibilità del condannato ed in caso
contrario restituisce gli atti alla cancelleria del giudice per la rinnovazione degli
atti esecutivi.
Pertanto, non è prevista nel procedimento in esame la possibilità che il
condannato, gravato dell’obbligazione, possa avanzare richiesta di conversione
della pena pecuniaria con la sanzione, peraltro maggiormente afflittiva, della
libertà controllata. Né può farsi riferimento – come indica il ricorrente – alla
disciplina dell’istituto della remissione del debito che ha natura e finalità diverse.
E’ previsto, invece, ai sensi del comma 3 dell’art. 660 cod. proc. pen., che il
magistrato di sorveglianza, investito dal pubblico ministero per la conversione
della pena pecuniaria, ove risulti uno stato di insolvenza del debit re, prima di
2

condannato, disponeva la rateizzazione della somma da pagare.

disporre la conversione della pena che presuppone la insolvibilità permanente del
condannato, possa disporre la rateizzazione ex art. 133

ter cod.pen. o possa

differire la conversione per un periodo non superiore a sei mesi. (Sez. 1, n.
26358 del 09/06/2005 – dep. 15/07/2005, Petrillo, rv. 232056).
Il magistrato di sorveglianza, nella specie, non ha disposto la conversione,
ritenendo, con compiuta motivazione ancorata alle circostanze acquisite, non
accertato lo stato di assoluta insolvibilità del condannato, tenuto conto che lo
stesso risulta percettore di reddito da lavoro dipendente. Tuttavia, verificata la

predetto, ha disposto la rateizzazione come previsto dall’art. 660 comma 3 cod.
proc. pen..
Ne consegue, l’assoluta infondatezza dei rilievi mossi con il ricorso che deve
essere, quindi, dichiarato inammissibile.
Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge, ai sensi dell’art. 616
cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali
ed al versamento della somma ritenuta congrua di euro 1000,00 in favore della
cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla cassa delle
ammende.

Così deciso, il 30 gennaio 2014

Il Consigliere estensore

Il Presidente

insolvenza del Marinacci, accoglimento sostanzialmente la richiesta formulata dal

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