Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9795 del 06/12/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 9795 Anno 2014
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: LA POSTA LUCIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI REGGIO CALABRIA
nei confronti di:
CROCE’ GIUSEPPE N. IL 09/11/1946
avverso l’ordinanza n. 404/2013 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO
CALABRIA, del 13/07/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCIA LA POSTA;
1 /sentite le conclusioni del PG Dott. n. 5 – A-z4.4 c L G-Q__
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Data Udienza: 06/12/2013

RITENUTO IN FATTO

1. In data 13.7.2013, il Tribunale di Reggio Calabria, costituito ai sensi
dell’art. 310 cod. proc. pen., in accoglimento dell’appello proposto da Giuseppe
Crocè, annullava l’ordinanza con la quale il Gip della stessa sede, il 12.4.2013,
aveva rigettato l’istanza di revoca della misura della custodia cautelare della
custodia in carcere allo stesso applicata con per il delitto di concorso esterno
‘ndrangheta, in particolare della

cosca De Stefano-Tegano, perché, unitamente alla figlia Fortunata Barbara
amministratore della SGS s.r.l. esercente attività di vendita e distribuzione di
prodotti alimentari, quale effettivo gestore della società, favoriva gli interessi
economici del sodalizi9 sia garantendo i patti già assunti dal precedente
dominus,

Suraci Domenico Giovanni, sia stipulando nuovi accordi che

consentivano alla cosca di ottenere vantaggi economici attraverso contratti di
fornitura con imprese riconducibili al sodalizio.

2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il
Procuratore della repubblica di Reggio Calabria deducendo la violazione di legge
che il vizio della motivazione.
Premesso che a seguito della rinuncia al riesame, il provvedimento cautelare
revocato in accoglimento dell’appello era divenuto definitivo, il pubblico ministero
lamenta che il tribunale ha omesso di apprezzare efficacemente gli univoci
elementi contenuti nell’ordinanza annullata dimostrativi del contestato concorso
esterno nel sodalizio mafioso ed, in particolare, il pregresso equilibrio pattizio, le
qualità personali e gli interessi economici di cui erano portatori i protagonisti
delle conversazioni intercettate. Infatti, il Crocè, dominus della società SGS, si
presenta come garante e prosecutore dei patti già stipulati dal suo predecessore,
e precedente socio Suraci.
Il ricorrente contesta, altresì, la valutazione delle frasi estrapolate dalle
conversazioni intercettate senza tenere conto del complessivo significato dei
dialoghi dal 3 al 14 luglio 2008 ed afferma che, contrariamente a quanto
sostenuto del tribunale, il Crocè persuadeva l’Utano della opportunità di
modificare le modalità degli accordi precedenti; né dai dialoghi, né da altri
elementi è possibile individuare alcuna forma anche velata di intimidazione
e
/
subita dall’indagato. I rapporti tra la società gestita di fatto dall’indagato e la
cosca De Stefano-Tegano, invece, si sono sviluppati su un piano paritario, sì da
non potersi individuare una parte debole che subiva le iniziative dell’altra, tanto
che il risalente accordo criminale era stato modificato all’esito dell’incontro

2

nell’associazione di tipo mafioso denominata

dell’indagato con i vertici della cosca, ancorché non siano emersi i termini
specifici della modifica.
Ad avviso del pubblico ministero, la fattispecie contestata è configurabile
tenuto conto che l’indagato, strumentalizzando la società SGS per gli scopi
lucrativi, di sviluppo delle imprese controllate e di interferenza nel mercato della
grande distribuzione alimentare da parte della cosca, ha fornito un contributo
concreto e specifico al rafforzamento degli affari illeciti del sodalizio mafioso,
consentendo allo stesso di migliorare le proprie capacità operative. Nel

l’aggregazione mafiosa, volti a favorire i fornitori del cartello De Stefano-Tegano,
l’indagato ha volontariamente e consapevolmente agevolato il sodalizio mafioso,
traendo indubbio vantaggio personale nella possibilità di estendere il numero dei
punti vendita e di accrescere i ricavi senza subire alcun intimidazione o
estorsione.

3. Con memoria depositata il 13.11.2013 l’indagato, a mezzo del difensore
di fiducia, ha chiesto il rigetto del ricorso del pubblico ministero richiamando la
decine di questa Corte con la quale è stato rigettato il ricorso avverso la
revoca della misura cautelare applicata alla figlia, Fortunata Barbara Crocè,
formale titolare della società, per i medesimi fatti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso, ad avviso del Collegio, deve essere dichiarato inammissibile.
Le censure del pubblico ministero devono essere esaminate entro lo
specifico perimetro segnato dal sindacato di legittimità che non può non
arrestarsi alla verifica del rispetto delle regole della logica e della conformità ai
canoni legali che presiedono all’apprezzamento dei gravi indizi di colpevolezza,
prescritti dall’art. 273 cod. proc. pen. per l’emissione dei provvedimenti restrittivi
della libertà personale, senza poter attingere l’intrinseca consistenza delle
valutazioni riservate al giudice di merito.
Invero, le doglianze del ricorrente sono volte, sostanzialmente, ad una
lettura alternativa delle circostanze di fatto poste a fondamento della ordinanza
impugnata la cui motivazione, compiuta ed articolata, è immune dai vizi
denunciati.
E’ stato evidenziato che il compendio indiziario posto a fondamento del
provvedimento cautelare era tratto dal contenuto delle conversazioni intercettate
negli uffici della società SGS, dal 3.7.2008 al 14.7.2008, tra il Crocè e Utano
Pasquale, referente della cosca De Stefano-Tegano, aventi ad oggetto la richiesta
dell’Utano di rispettare gli accordi per le forniture già presi dal predente
3

mantenimento e nell’evoluzione successiva dei preesistenti patti illeciti con

amministratore della SGS, il Suraci, che il Crocè tentava di rinegoziare. Il
tribunale ha ritenuto la inidoneità degli elementi acquisiti a dimostrare l’esistenza
di un nuovo accordo intervenuto tra il Crocè e la cosca De Stefano-Tegano e,
soprattutto, i termini degli impegni assunti dal Crocè a favore del sodalizio ed i
corrispettivi vantaggi che da tale rapporto avrebbe tratto l’indagato. Ha
evidenziato che la proposta del Crocè di novare i patti intervenuti
precedentemente con il Suraci aveva trovato la ferma resistenza degli
interlocutori e che non risulta verificato che l’impresa del Crocè avesse creato in

forniture, tale da integrare sul piano economico e dell’immagine un reale
rafforzamento del sodalizio, nè che da detti rapporti il Crocè e la sua impresa
avessero tratto un beneficio economico sotto il profilo dell’ampliamento
dell’attività e dei profitti di cui la difesa aveva fornito plausibile spiegazione.
Il contenuto dei dialoghi intercettati, quindi, non è stato ritenuto sufficiente
ad affermare che l’imprenditore si trovasse in posizione paritaria rispetto agli
interlocutori, né che avesse determinato un apprezzabile rafforzamento della
consorteria mafiosa.
Orbene, il pubblico ministero ricorrente prospetta una rilettura delle fonti di
conoscenza indiziaria, in particolare del contenuto delle conversazioni
intercettate, inidonea a disarticolare la valutazione compiuta del compendio
indiziario operata dal tribunale ed il discorso giustificativo che la sorregge.
I ripetuti riferimenti dell’ordinanza impugnata alle frasi con le quali
l’indagato rappresent#all’Utano di trovarsi in una situazione in cui è costretto a
subire i precedenti accordi presi dal suo predecessore r Suraci/ non rappresentano
una erronea interpretazione svincolata dal contesto complessivo delle frasi
pronunciate dall’indagato, bensì, la valutazione della condotta del Crocè
ampiamente argomentata dal tribunale in termini di esclusione della effettiva
posizione paritaria contrattuale con i referenti della cosca come sostenuta
nell’ipotesi accusatoria. Dovendosi ritenere rilevante, altresì, come lo sforzo
dell’indagato di modificare gli accordi non risulta avere alcun esito certo, come,
del resto, finisce col sostenere anche il pubblico ministero ricorrente laddove
riconosce che restano sconosciuti i termini della modifica; così che / resta dubbia
la consapevole agevolazione della cosca che/ secondo la prospettazione
accusatoriat rende il Crocè concorrente esterno in grado di rafforzare il
perseguimento degli obiettivi tipici della consorteria mafiosa.
A fronte di ci 9 non è consentito al giudice di legittimità ritenere prevalente
una diversa interpretazione del significato delle conversazioni intercettate nelle
quali si sostanzia il compendio indiziario posto a fondamento del titolo restrittivo
che l’impugnata ordinanza non ha ritenuto connotato della necessaria gravità,

4

favore delle ditte riconducibili alla cosca una situazione di monopolio nelle

conseguentemente annullando la decisione del primo giudice che aveva rigettato
la richiesta di revoca dell’indagato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso, il 6 dicembre 2013.

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