Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9767 del 26/02/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 9767 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: LEO GUGLIELMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Echim Ionel, nato a Constanta (Romania) il 04/11/1978

avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli del 30/01/2014

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Guglielmo Leo;
udito il Procuratore generale, in persona del sostituto dott. Gabriele Mazzotta,
che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. È impugnata la sentenza del 30/01/2014 con la quale la Corte d’appello di
Napoli ha disposto, a seguito dell’esecuzione di mandato di arresto europeo, la
consegna alla Romania del cittadino romeno Ione! Echim, a fini di esecuzione
della sentenza del Tribunale di Tulcea, n. 575 dell’11/05/2012, con la quale lo
stesso Echim è stato condannato alla pena di cinque anni di reclusione per i
delitti di furto e danneggiamento, commessi tra l’aprile ed il maggio del 2010.
La Corte territoriale, verificati gli ulteriori presupposti per l’accoglimento della
richiesta di consegna, ha disatteso la tesi difensiva secondo cui detta richiesta

Data Udienza: 26/02/2014

avrebbe dovuto essere respinta in applicazione dell’art. 18, comma 1, lettera r) ,
della legge 22 aprile 2005, n. 69, nella portata assunta per effetto della
sentenza della Corte costituzionale 24 giugno 2010, n. 227, e dunque nella parte
in cui prevede il rifiuto di consegna anche quanto al cittadino di un Paese
membro dell’Unione europea, che legittimamente ed effettivamente abbia
residenza o dimora nel territorio italiano, ai fini dell’esecuzione della pena
detentiva in Italia conformemente al diritto interno.
Si legge nel provvedimento che l’odierno ricorrente ha dichiarato ma non

avrebbe ad oggetto l’iscrizione presso un istituto scolastico di due minori con lo
stesso cognome dello Echim: certificazione inutile, secondo la Corte, perché
inidonea a documentare che si tratti di figli dell’interessato, dato il carattere
comune del suo cognome tra le persone di nazionalità romena.
In sostanza, non sarebbe possibile affermare la «sussistenza di rapporti
lavorativi, affettivi, familiari o d’altro genere che consentano di ritenere
l’estradando stabilmente inserito nel territorio italiano», con la conseguenza che
non potrebbe essere opposto allo Stato richiedente un rifiuto a norma dell’art.
18, comma 1, lettera r) della legge n. 69/2005.
È poi citata di seguito, nel provvedimento impugnato, la massima estratta da
un provvedimento di questa Corte, ove si delinea la nozione di “residenza” che
viene in considerazione per l’applicazione dei diversi regimi di consegna previsti
dalla legge n 69/2005: nozione cui non corrisponde, secondo la Corte territoriale,
la situazione sottoposta al suo giudizio.

2. Con ricorso proposto personalmente, Ionel Echim deduce in primo luogo
violazione di legge a norma dell’art. 606, comma 1, lettera c) cod. proc. pen.
Il ricorrente ribadisce di vivere a Poggiomarino e di avere tre figli minori,
iscritti alle scuole locali, di disporre di una abitazione regolarmente affittata e di
un posto di lavoro, presso una azienda nominativamente indicata. Produce copia
di un contratto di locazione (successivo per altro alla esecuzione del mae) e
copia di certificati e documenti relativi all’identità della moglie e dei figli).
Si osserva nel ricorso che la Corte territoriale, a fronte della ritenuta
insufficienza della documentazione relativa al radicamento in Italia dell’Echim,
avrebbe dovuto anche d’ufficio procedere ai relativi accertamenti.
Si lamenta, inoltre, che nessun provvedimento risulterebbe assunto circa la
tempestiva sua domanda di ammissione al patrocinio a spese dell’Erario, dal che
dovrebbe desumersi la nullità dell’impugnata sentenza.
Con un motivo di ricorso formalmente distinto, poi, si deduce vizio di
motivazione a norma dell’art. 606, comma 1, lettera e) del codice di rito. La

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documentato di avere moglie e figli in Italia, e che l’unica certificazione fornita

Corte territoriale non avrebbe spiegato perché, a fronte di un principio di
documentazione delle condizioni per il rifiuto della consegna, non sono state
disposte indagini integrative. In particolare, l’allusione ad una eventuale
omonimia tra il ricorrente ed i minori in relazione ai quali è stata prodotta
documentazione scolastica, ingiustificata da un punto di vista logico, avrebbe
dovuto almeno condurre ad un approfondimento sul punto.
Si assume anche, ed infine, che il periodo di permanenza sul territorio italiano

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

2. In via preliminare va escluso che la sentenza impugnata sia “evidentemente
nulla” in forza dell’asserita omissione di un provvedimento circa l’istanza di
ammissione al patrocinio a spese dell’Erario che, in effetti, l’odierno ricorrente
aveva proposto nel corso dell’audizione cui era stato sottoposto, in data
12/12/2013, dopo l’esecuzione del mandato di arresto europeo.
Il riferimento al presunto vizio della sentenza è del tutto generico, visto che
non sono indicati neppure i parametri normativi che dovrebbero prevedere la
sanzione processuale invocata. In ogni caso deve notarsi che Echim si era
limitato a formulare una generica domanda, riservandosi di presentare la
prescritta documentazione di corredo “entro il termine di legge”. Non risulta in
alcun modo, anche per effetto dell’indicata connotazione di genericità del ricorso,
che la documentazione in discorso sia stata successivamente presentata. D’altra
parte, dando per ammessa l’impossibilità a presentare immediatamente la
documentazione necessaria a norma dell’art. 79 del d.P.R. 30/05/2002, n. 115,
l’odierno ricorrente (cittadino di Stato dell’Unione) avrebbe dovuto rendere, a
pena di inammissibilità, una dichiarazione sostitutiva delle richieste certificazioni,
che certamente non è intervenuta in occasione dell’audizione e della istanza.
Deve quindi ritenersi che tale ultima istanza non si è perfezionata, o
comunque è stata formulata inammissibilmente, il che priverebbe comunque di
rilievo l’ipotizzata omissione di un provvedimento della Corte territoriale.
D’altra parte nessun adempimento intermedio è intervenuto tra la domanda in
questione ed il provvedimento oggetto del presente ricorso, di talché, anche
ammettendo che l’omissione od il ritardo del provvedimento giudiziale possano in
astratto implicare la nullità di atti successivi, quando si determini una concreta e
specifica lesione del diritto alla difesa tecnica, tale nullità non sussisterebbe nella

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sarebbe irrilevante, stante l’assenza di termini minimi fissati dalla legge.

specie, mancando appunto l’indicazione di un qualunque concreto pregiudizio che
il ricorrente potrebbe aver subito.

3. La documentazione offerta alla Corte territoriale a proposito del preteso
“radicamento” dell’Echim sul territorio nazionale, tale da legittimare un rifiuto di
consegna a norma dell’art. 18, comma 1, lettera r) della legge n. 69/2005, era
effettivamente inadeguata allo scopo.
Si trattava in sostanza dei soli certificati di iscrizione scolastica di alcuni dei

dubbio sull’effettivo rapporto di filiazione tra l’interessato ed i giovani cui si
riferiva la certificazione, ragionevole o meno che fosse, avrebbe dovuto essere
superato dalla Corte territoriale con opportuni accertamenti, disposti anche
d’ufficio (Sez. 6, Sentenza n. 41910 del 7/10/2013, Bobiti, rv. 257023).
L’indagine si sarebbe imposta, però, a condizione che la circostanza fosse
rilevante ai fini della decisione, il che, correttamente, è stato escluso in base ai
principi che regolano la materia.
La nozione di residenza presuppone infatti “l’esistenza di un radicamento reale
e non estemporaneo dello straniero nello Stato, tra i cui indici concorrenti vanno
indicati la legalità della sua presenza In Italia, l’apprezzabile continuità
temporale e stabilità della stessa, la distanza temporale tra quest’ultima e la
commissione del reato e la condanna conseguita all’estero, la fissazione in Italia
della sede principale, anche se non esclusiva, e consolidata degli interessi
lavorativi, familiari ed affettivi, il pagamento eventuale di oneri contributivi e
fiscali. Da tali indici è possibile prescindere solo per il cittadino comunitario che
abbia acquisito il diritto di soggiorno permanente in conseguenza di un soggiorno
in Italia per un periodo ininterrotto di cinque anni (fattispecie in cui la Corte ha
escluso la ricorrenza della suddetta condizione nei confronti di un cittadino
rumeno, privo di attività lavorativa e presente in Italia da un anno)” (Sez. 6,
Sentenza n. 14710 del 09/04/2010, rv. 246747). L’affermazione è stata reiterata
anche dopo l’obiettiva espansione della fattispecie di rifiuto che si è determinata
in forza della sentenza additiva pronunciata dalla Corte costituzionale nel 2010
(Sez. 6, Sentenza n. 43011 del 6/11/2012, Vaduva, rv. 253794).
D’altra parte, anche avendo specifico riguardo alla nozione di “dimora”, come
in sostanza si richiede nell’odierna impugnazione, non muterebbero
sostanzialmente (o almeno non muterebbero in misura rilevante per il caso di
specie) gli elementi minimi di stabile relazione tra il cittadino non italiano ed il
territorio nazionale. Elementi che certo non possono risolversi nell’attuale
frequenza di un corso di studi o nella mera disponibilità di una abitazione (infra).

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figli dell’odierno ricorrente. Può concordarsi con quest’ultimo, quando rileva che il

È utile, anche a fini di sintesi, la citazione dei rilievi in proposito svolti dalla
Corte costituzionale con la citata sentenza n. 227/2010: “le nozioni di residenza
e di dimora utilizzate dalla decisione quadro [2002/584/GAI], nonché per altra
ipotesi dalla legge italiana di recepimento, sono nozioni comunitarie, che
richiedono una interpretazione autonoma ed uniforme, a ragione della esigenza e
della finalità di applicazione uniforme che è alla base della decisione quadro.
Ebbene, la Corte di giustizia non ha mancato, nella ricordata sentenza Kozlowski
[17/07/2008, n. 66/08], di fornire la sua interpretazione al giudice nazionale; e

identificato la nozione di “residenza” con una residenza effettiva nello Stato
dell’esecuzione; e la nozione di “dimora” con un soggiorno stabile di una certa
durata in quello Stato, che consenta di acquisire con tale Stato legami d’intensità
pari «a quelli che si instaurano in caso di residenza» (punto 46). Ad esempio, e
per quanto qui rileva, il giudice comunitario ha sottolineato l’esigenza che il
giudice nazionale proceda ad una valutazione complessiva degli elementi
oggettivi che caratterizzano la situazione del ricercato, come la durata, la natura
e le modalità del suo soggiorno, nonché i legami familiari ed economici che ha
stabilito nello Stato dell’esecuzione (punti 48 e 54). Ed ha sottolineato,
nell’ipotesi che lo straniero risieda o abbia dimora nello Stato dell’esecuzione,
l’esigenza che il giudice valuti anche l’esistenza di un interesse legittimo del
condannato a che la pena sia scontata in quello Stato (punto 44). La Corte di
giustizia ha, infine, precisato quali circostanze, pur non essendo di per sé
decisive, possono essere valutate al giusto ai fini della decisione sulla consegna,
ad esempio una dimora non ininterrotta ovvero il mancato rispetto delle norme
in materia di ingresso e soggiorno nello Stato dell’esecuzione (punto 50)”.
4. Ora, l’odierno ricorrente ha sostenuto e sostiene di essere regolarmente
occupato, ma non ha fornito la minima dimostrazione al proposito, non solo
innanzi alla Corte territoriale, ma anche quando, ad una congrua distanza di
tempo dalla sua scarcerazione, ha proposto l’odierna impugnazione, ove pure si
è prodotto in un certo sforzo di documentazione. Non è dunque possibile valutare
in suo favore l’eventuale stabilità, e la risalente durata, di una lecita occupazione
sul territorio nazionale.
A proposito del luogo dell’abitazione familiare, Echim ha prodotto copia di un
contratto di locazione stipulato dopo il suo arresto, e comunque pertinente ad
una abitazione diversa da quella ove risultava dimorare in precedenza, ed ove è
stato reperito dalla polizia giudiziaria incaricata dell’arresto. Perfino dal punto di
vista della disponibilità di una sede “radicata” per la vita familiare e sociale
dell’interessato, di conseguenza, la valutazione non può che essere negativa.

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gli ha fornito indicazioni utili anche su un piano più generale. In particolare, ha

Per il resto, può considerarsi solo dimostrato che Echim è coniugato e che
alcuni dei suoi figli sono iscritti ad un istituto scolastico di Poggiomarino.
In ogni caso – e si tratta di rilievo decisivo – lo stesso ricorrente non
prospetta in fatto, per lui stesso e per la sua famiglia, una stabile permanenza,
da tempo apprezzabile, sul territorio nazionale. Tanto che, nel ricorso, si sostiene
la tesi, come si è visto giuridicamente errata, che la durata di tale permanenza
sarebbe irrilevante, non essendo previsto dalla legge “un termine minimo”. Il
carattere recente e non stabilizzato della presenza in Italia del ricorrente è del

chiamato a scontare una pena (commessi meno di quattro anni fa, ad una certa
distanza di tempo l’uno dall’altro), in forza di una sentenza resa nei suoi
confronti da meno di due anni.

5. Alla luce delle circostanze indicate, è corretta la decisione della Corte
territoriale circa l’insussistenza dei presupposti per un rifiuto di consegna
dell’Echim a norma dell’art. 18, comma 1, lettera r) della legge n. 69/2005.
Il ricorso, conseguentemente, deve essere rigettato. E da tale decisione
consegue ulteriormente la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, della
citata legge n. 69/20005.

P.Q.M.

Rigetta

il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese

processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, della
legge n. 69/2005
Così deciso il 26/02/2014.

resto in qualche misura suggerito dalla stessa datazione dei fatti per i quali è

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