Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9765 del 20/02/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 9765 Anno 2014
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: ROTUNDO VINCENZO

Data Udienza: 20/02/2014

SENTENZA
sui ricorsi proposti dal Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di
Appello di Trieste avverso le sentenze rese in data 15-1-14 dalla Corte di Appello
di Trieste, sezione I penale, nei confronti di Makar Denis, nato a Cahol (Moldavia)
il 2-12-87, e di Bitu Vasile, nato a Piatra Neamt (Romania) 1’1-4-95.
Visti gli atti, le sentenze impugnate ed i ricorsi.
Udita la relazione fatta dal Consigliere, dott. Vincenzo Rotundo.
Udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sost. Proc. Gen., dott.
Angelo Di Popolo, che ha concluso per l’annullamento con rinvio conformemente
alle richieste del ricorrente.
Udito l’avv. Asta, che ha chiesto il rigetto dei ricorsi.
FATTO E DIRITTO
1
Makar Denis e Bitu Vasile, arrestati dalla Polizia Stradale di Udine il 13-1 113, sono stati attinti dalla misura cautelare della custodia in carcere, loro applicata
dal GIP di Udine in data 15-11-13 per i reati di contrabbando doganale di T.L.E.,
ricettazione e false dichiarazioni sull’identità personale.
Successivamente (in data 21-11-13) al Makar ed al Bitu, detenuti presso la Casa
Circondariale di Tolmezzo, è stato notificato il mandato di arresto europeo n.
ATPFI2001109205000001 emesso nei loro confronti in data 14-11-13 dal Pubblico
Ministero presso la Procura della Repubblica di Wels (Austria), in quanto indagati
per sei furti con scasso, consumati o tentati, commessi in concorso con altri in varie
località austriache dal 29-9 al 13-11-13.
Con le sentenze indicate in epigrafe, in data 15-1-14 la Corte di Appello di Trieste,
sezione I penale, ha disposto la consegna di Makar Denis e di Bitu Vasile alla
Autorità Giudiziaria di Wels (Austria) in relazione al suindicato mandato di arresto
limitatamente ai furti commessi il 29-9-13, rifiutando la consegna dei predetti per i
residui reati.
In particolare, la Corte di Appello ha ritenuto meritevoli di accoglimento le
richieste di consegna del Makar e del Bitu alla Autorità Giudiziaria Austriaca
limitatamente ai furti commessi in data 29-9-13, in quanto riguardanti beni non
ricompresi -alla luce della documentazione in atti- tra quelli sequestrati ai
medesimi in Italia e ritenuti oggetto del delitto di ricettazione, contestato
dall’Autorità Giudiziaria Italiana. La Corte Distrettuale ha, invece, rifiutato la
consegna del Makar e del Bitu in relazione alle residue imputazioni oggetto del
mandato di arresto europeo e delle successive comunicazioni integrative (furti del
12 e 13-11-13), ritenendo ostativa alla consegna la previsione di cui all’art. 18, lett.
o), della Legge n. 69 del 2005, che impedisce di procedervi se “per lo stesso fatto
che è alla base del mandato di arresto europeo nei confronti della persona ricercata
è in corso un procedimento penale in Italia”.
1

2 .-. Avverso le predette sentenze del 15-1-14 ha proposto due distinti ricorsi per
cassazione il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di
Trieste, chiedendone l’annullamento limitatamente alla parte in cui non hanno
accolto le richieste di consegna alla Autorità Giudiziaria Austriaca del Makar e del
Bitu per i furti commessi in data 12 e 13-11-13.
Il ricorrente deduce la violazione dell’art. 18, lettera o), della legge n. 69 del 2005,
sostenendo che, in base alla giurisprudenza della Corte di Giustizia CE e della
Corte di Cassazione, nel caso in esame -per quanto riguarda beni rubati in Austria e
ricompresi tra quelli sequestrati al Makar ed al Bitu in Italia e ritenuti oggetto del
delitto di ricettazione, contestato dall’Autorità Giudiziaria Italiana- non ci si
troverebbe in presenza di un medesimo fatto se pure diversamente qualificato in
Austria come furto e in Italia come ricettazione. Infatti nella fattispecie in esame,
ad avviso del ricorrente, non coinciderebbero condotta, evento e nesso di causalità
né le condizioni di tempo e di luogo (“altro è il ricevere merce provento di furto;
altro è essere gli autori del furto stesso”).
3 .-. Il ricorso è infondato.
La Legge n. 69 del 2005, art. 18, comma 1, lett. o), stabilisce che la Corte di
appello debba rifiutare la consegna del destinatario del mandato di arresto europeo,
laddove “per lo stesso fatto che è alla base del mandato d’arresto europeo, nei
confronti della persona ricercata, è in corso un procedimento penale in Italia,
esclusa l’ipotesi in cui il mandato d’arresto europeo concerne l’esecuzione di una
sentenza definitiva di condanna emessa in uno Stato membro dell’Unione europea”.
Come questa Corte ha già chiarito (Sez. 6, Sentenza n. 18084 del 10/05/2012, Rv.
252510, Rocchi), é di tutta evidenza come tale norma, configurando una ipotesi di
“litispendenza internazionale”, debba essere letta in stretta connessione con l’art. 54
della Convenzione di applicazione degli Accordi di Schengen del 1990, ratificata in
Italia con la Legge n. 388 del 1993, secondo cui “una persona che sia stata
giudicata con sentenza definitiva in una Parte contraente non può essere sottoposta
a procedimento penale per i medesimi fatti in un’altra Parte contraente, a
condizione che, in caso di condanna, la pena sia stata eseguita o sia effettivamente
in corso di esecuzione o non possa più essere eseguita per le leggi dello Stato di
condanna”. La litispendenza è, dunque, causa ostativa alla consegna in quanto si è
inteso evitare che si formi all’estero, in altro Stato membro dell’Unione Europeo, un
giudicato che impedisca all’autorità giudiziaria italiana di procedere per lo stesso
fatto in Italia; funzione preventiva che è confermata dal fatto che tale motivo di
ostacolo alla consegna non è operante in ipotesi di mandato di arresto europeo
esecutivo, poiché, in tale situazione, il giudicato nel paese estero si è già formato e
non vi è ragione per impedire la consegna della persona richiesta (in questo senso,
anche Sez. F, n. 35285 del 2/9/2008, Ghinea, Rv. 240982).
Perché possa essere applicabile la norma in esame è, perciò, necessario che il fatto
di reato oggetto del mandato di arresto europeo sia “lo stesso” di quello per il quale
si procede in Italia, tale dovendosi considerare -in ragione dell’inevitabile richiamo
all’art. 649 c.p.p.- la medesima vicenda storica, intesa in relazione ai profili
temporali, spaziali e modali, indipendentemente dalla qualificazione giuridica che
ai fatti sia stata data dalle diverse autorità.
Alla luce di tali considerazioni, deve considerarsi corretta, nonché congruamente e
logicamente motivata, la decisione della Corte di Appello di Trieste, la quale ha
applicato al caso de quo la causa di rifiuto della consegna, posto che, come è stato
analiticamente spiegato, il fatto di reato per il quale si procede in Italia nei
confronti del Makar e del Bitu riguarda beni rubati in Austria ma sequestrati al
Makar ed al Bitu in Italia e ritenuti dal Giudice Italiano oggetto del delitto di
ricettazione. Vi è evidentemente una corrispondenza storico-naturalistica nella
configurazione del reato, posto che la Corte di Appello ha rilevato che si trattava di
condotte realizzate sugli stessi beni, anche se diversamente qualificate, come,
2

d’altra parte dimostrato dal fatto che l’autore di un furto di un determinato bene
non potrà mai essere chiamato a rispondere di ricettazione in riferimento a quello
stesso bene e dalla possibilità che in sede di giudizio in Italia l’originaria
contestazione di ricettazione sia derubricata in quella di furto.
Si impone, pertanto il rigetto dei ricorsi.
La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, Legge n.
69 del 2005.

P.Q.M.
Rigetta i ricorsi. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22,
comma 5. Legge n. 69 del 2005.
Così deciso in data 20-2-2014.

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