Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 976 del 11/06/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 976 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: CIAMPI FRANCESCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da :
SARAVINI GINO N. IL 18.02.1973
Avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO DI GENOVA del 15 maggio 2012
dott. Carmine Stabile che ha chiesto dichiararsi sentita la relazione fatta dal Consigliere
dott. FRANCESCO MARIA CIAMPI, udite le conclusioni del PG in persona del dott. Carmine
Stabile che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso, nonché per il ricorrente
l’avvocato Paolo Bertoncini che ha insistito per l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 15 maggio 2012 la Corte d’appello di Genova confermava la
sentenza del Tribunale di Massa in data 2 dicembre 2010, appellata da Saravini Gino.
Questi era stato tratto a giudizio e condannato alla pena di giustizia per rispondere
del reato di cui all’art. 589 1 e 2 comma c.p. perché, con violazione delle norme sulla
circolazione stradale, cagionava per colpa la morte di Benedetti Guido; in particolare
quale conducente dell’autolettiga FIAT DUCATO tg BN 766 FP della Misericordia San
Francesco di Massa, immettendosi in viale Roma, in prossimità del civico 35 con
svolta a sinistra in direzione mare ed impegnando così la carreggiata (precisamente
la corsia in direzione monti), entrava in collisione con l’autocarro CITROEN BERLINGO
tg CN 192 FT condotto da Benedetti Guido che stava percorrendo il predetto viale
Roma con direzione di marcia mare-monti, così agendo per colpa generica, dovuta a
negligenza, imprudenza ed imperizia (l’autocarro che stava sopraggiungendo era
chiaramente visibile in ragione della strada rettilinea) e colpa specifica consistita
nella violazione di norme sulla disciplina della circolazione stradale e precisamente
degli artt. 145 comma 6 e 154 del C.d.S. in quanto :
– provenendo da luogo privato (area di parcheggio della Misericordia San Francesco)
aveva l’obbligo di arrestarsi e dare la precedenza all’autocarro che circolava sulla
strada;

Data Udienza: 11/06/2013

(

..

3. Il ricorso è infondato e non merita accoglimento.
Con il primo motivo di gravame il ricorrente sostiene che l’art. 177 comma 2 del
Codice della Strada esonererebbe il conducente dei mezzi di soccorso dall’osservanza
delle norme sulla circolazione stradale e che di contro la sentenza impugnata non
avrebbe tenuto conto del comportamento di guida del Benedetti. Sul punto la Corte
territoriale ha richiamato la costante giurisprudenza di questa Corte (cfr. Sez. 4, 3
febbraio 2005, n. 19797, Rv.231543), secondo cui anche nei casi di veicoli impegnati
in servizi urgenti di istituto, l’art. 177, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile
1992 n. 285 (codice della strada), pur autorizzando il conducente di detto mezzo qualora usi congiuntamente il dispositivo acustico supplementare di allarme e quello
di segnalazione visiva a luce lampeggiante blu, a violare le regole sulla circolazione
stradale – non lo esonera dall’osservanza delle regole di comune prudenza e
diligenza. In altri termini, tale conducente non è tenuto ad osservare gli obblighi, i
divieti e le limitazioni relativi alla circolazione stradale, di guisa che non potrà essere
sanzionato per le relative violazioni; ma da questa disciplina derogativa non può
trarsi la conseguenza che egli sia anche autorizzato a creare ingiustificate situazioni
di rischio per altre persone o che non debba tener conto di particolari situazioni della
strada o del traffico o di altre particolari circostanze adeguando ad esse la sua
condotta di guida (esemplificando e con riferimento al caso di specie: il conducente in
servizio urgente di istituto ben può tenere una velocità superiore al consentito, ma,
allorché giunga in prossimità di un incrocio percorso da altri veicoli con diritto di
precedenza, deve verificare, prima di immettersi nell’incrocio medesimo, che i
conducenti abbiano avvertito la situazione di pericolo e abbiano posto in essere le
opportune manovre per concedere la precedenza al veicolo favorito, v. in tal senso
anche Sezione 4, 19 settembre 2002, ric. parte civile Stea in proc. Cassano).
Tali principi applicabili nella fattispecie in esame, comportano l’infondatezza della
avanzata doglianza.
Quanto al comportamento di guida del Benedetti ed in particolare alla circostanza che
questi non aveva decelerato nonostante la presenza dell’autoambulanza la Corte
territoriale ha posto in rilievo con motivazione che appare logica e congruamente
articolata come il Saravini non impegnava un incrocio nel quale la presenza di un
mezzo favorito è di norma avvertibile dagli altri utenti con poco sforzo, ma proveniva
da uno sbocco privato e come detto sbocco non era comunque facilmente visibile in
quanto il punto di provenienza non era sede viaria, ma un luogo chiuso con accesso
su un marciapiede alberato in cui, sebbene la distanza fra gli alberi non fosse tale da
ostruire la visuale, si schiudeva comunque per il veicolo in transito sulla pubblica via
una profondità di sguardo ben più limitata.
Va in proposito ricordato che, per assunto pacifico, la ricostruzione di un incidente
stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia – valutazione delle condotte dei
singoli utenti della strada coinvolti, accertamento delle relative responsabilità,
determinazione dell’efficienza causale di ciascuna colpa concorrente – è rimessa al
giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al
sindacato di legittimità se sorretti da adeguata motivazione.
La lettura della motivazione della sentenza impugnata sfugge alle censure di illogicità
articolate dal ricorrente, giacché ricostruisce con motivazione corretta le modalità
dell’incidente stradale in termini coerenti con l’addebito di colpa generica e specifica
formulato nei confronti del Saravini. E ciò fa attraverso la dettagliata descrizione
della dinamica del sinistro come ricavata dalle deposizioni testimoniali e dalle

– dovendosi immettere nel flusso della circolazione non si assicurava di poter
effettuare la manovra senza creare pericolo per gli altri utenti della strada.
Benedetti Guido decedeva durante il tragitto verso l’Ospedale di Massa ove giungeva
cadavere a seguito delle conseguenze lesive del grave politrauma patito in occasione
del menzionato sinistro stradale
2. Avverso tale decisione ricorre il Saravini deducendo la violazione dell’art. 606
c.p.p. lett. b) in relazione all’art. 177 comma 2 C.d.S.; la violazione dell’art. 606
c.p.p. lett e) per carenza di motivazione in ordine alla prova
CONSIDERATO IN DIRITTO

Così deciso nella camera di consiglio dell’Il giugno 2013
IL CONSIGLIERE ESTENSORE

IL PRESID N

conclusioni della perizia d’ufficio.
Con riferimento alle ulteriori doglianze è sufficiente in proposito ricordare che non è
fondata la denuncia di carenza della motivazione della sentenza argomentata sulla
mancanza di un’esplicita pronuncia su una qualsiasi deduzione difensiva, giacché la
regola della “concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la decisione è
fondata”, enunciata dall’art. 546, comma 1, lettera e), del C.p.p., rende non
configurabile il vizio allorquando nella motivazione il giudice abbia dato conto
soltanto delle ragioni in fatto e in diritto che sorreggono il suo convincimento, in
quanto quelle contrarie devono considerarsi implicitamente disattese perché del tutto
incompatibili con la ricostruzione del fatto recepita e con le valutazioni giuridiche
sviluppate. In altri termini, nella motivazione della sentenza il giudice di merito non è
tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a
prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece
sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e
risultanze, spieghi, in modo logico ed adeguato, le ragioni che hanno determinato il
suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo; nel qual
caso devono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche
se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione
adottata. In particolare, il giudice d’appello non ha l’obbligo di procedere ad un
riesame degli argomenti del primo giudice che ritenga convincenti ed esatti, purché
dimostri, anche succintamente, di avere tenuto presenti le doglianze dell’appellante e
di averle ritenute prive di fondamento. In tal caso, le motivazioni della sentenza di
primo grado e di quella d’ appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in
un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per
giudicare della congruità della motivazione (v. Sezione 6″, 24 ottobre 2003, Gervasi
ed altro). Esula, infatti, dai poteri della Corte di Cassazione quello di una diversa
lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è
riservata in via esclusiva al giudice di merito, senza che possa integrare vizio di
legittimità la mera prospettazione da parte del ricorrente di una diversa valutazione
delle risultanze processuali ritenuta più adeguata (Cass., Sez. un., 2 luglio 1997,
Dessimone) (da ultimo, Cass., Sez. 17 febbraio 2003, parte civile Spinelli in proc.
Vilella ed altro); questo valendo, in particolare, relativamente alla valutazione
sull’attendibilità e valenza dei mezzi di prova posti a fondamento della decisione.
4. Il ricorso va pertanto rigettato. Ne consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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